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(FOTO) Primavera nel cuore della Sardegna a Gairo: dopo decenni sfilano le maschere de “Is Maimulus e S’urtzu Ballabeni

Weekend all’insegna delle tradizioni, del divertimento e del folklore quello appena trascorso a Gairo, tappa il 9 e 10 giugno della manifestazione Primavera nel cuore della Sardegna.

Una novità importante quest’anno, dopo decenni Is Maimulus e S’urtzu Ballabeni, figure tipiche del Carnevale gairese, sono tornati ad invadere le vie del paese.

L’ultima edizione completa del carnevale tipico del centro ogliastrino risale al ’38-’39, mentre nel dopoguerra erano state organizzate altre edizioni, fino al ’61, ma nelle stesse Su Maimulu non era mai stato riproposto nella sua versione integrale.

La “ricostruzione” della maschera de “Su Maimulu” è il frutto di un lungo lavoro di ricerca e di creazione dei costumi, una ricerca che è partita dagli scritti di Pietrina Moretti, nota antropologa, che utilizza il Carnevale gairese come termine di paragone per gli altri Carnevali barbaricino-ogliastrini.

Sono stati utilizzati poi tutti i vecchi studi sul Carnevale gairese (P. Boi e V. Ladu), ma soprattutto le testimonianze degli anziani del paese, in un lungo lavoro di intervista e stesura. L’esito di questa ricerca è raccolto nel libro “Su Maimulu – Il carnevale antico gairese”, con illustrazioni dell’artista Anna Ascedu e glossario a cura del dottor Salvatore Dedola.

Il lavoro manuale è invece durato mesi ed è partito dalla conciatura delle pelli per arrivare alla cucitura degli abiti ed alla cura dei dettagli. Tutto fatto manualmente, come usavano fare gli anziani.

L’evento di ieri ha portato nel paese centinaia di persone, gairesi e non. I primi, soprattutto i più anziani, hanno assistito con emozione al ritorno de Su Maimulu. I non gairesi, invece, sono stati affascinati dalla rappresentazione de S’urtzu (simbolo dell’inverno, della natura selvaggia) che aggredisce chiunque gli si pari davanti.

Nel suo tragitto, S’Urtzu viene tenuto in catene da is maimulus (figure benigne) che lo costringono prima a danzare al loro ritmo (simbolo dell’auspicio della comunità che la natura danzi al ritmo voluto dall’uomo, con piogge regolari ecc) e poi, con le percosse, lo uccidono. La sua morte è il simbolo della fine dell’inverno, che viene festeggiata dalla comunità.

La rappresentazione, ripetuta più volte, si conclude con S’urtzu (chiamato “urtzu ballabeni” per il ritmo a lui imposto da is maimulus) che, mentre si festeggia la sua morte, improvvisamente si rialza e torna ad aggredire chiunque, come a ricordare alla comunità che la sua sconfitta è solo temporanea perché lui, l’anno prossimo, tornerà.

Durante il loro tragitto poi, is maimulus (pronuncia gairese “ir maimulusu”) sono entrati nei cortili e nelle abitazioni, con la popolazione festosa che ha fatto loro dono di salumi, formaggi e vino, come si usava fare in passato. Questi doni venivano raccolti in un carretto, che infatti seguiva il corteo.

La serata si è conclusa, dopo l’uscita de Su Maimulu, con i tradizionali balli di piazza. Durante la due-giorni, l’artista Anna Ascedu e l’artigiano Antonello Diana hanno riprodotto la loro visione de Su Maimulu rispettivamente in un murales e in una scultura di legno.

Il tutto nella speranza della comunità di non dover aspettare di nuovo anni per rivedere Su Maimulu per le vie del paese.

Le foto sono di Valeria Moi e Valentina Deiana

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