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Mary Emme, punto e a capo. Dal coma alla rinascita

Mary Emme oggi

Articolo di Laila Di Naro.

Da sempre il suo sogno è stato quello di fare la stilista e per realizzarlo vendette i suoi negozi di abbigliamento e di ceramiche. Maria Antonietta Murgia, nome d’arte Mary Emme, classe ’63, da Tortolì si trasferisce a Cagliari e si mette a studiare nel campo della moda. In poco tempo conquista un posto nelle passerelle regionali. Era felice, aveva realizzato i suoi obiettivi. Ma all’improvviso il buio. Quel maledetto 28 novembre 2015, alle ore 19.33, ha cambiato la sua vita. Mary viene coinvolta in un incidente stradale nel Sarrabus, un frontale, ed entra in coma, nel coma più profondo e più grave. Clinicamente morta per arresto cardiaco. Dodici giorni di agonia tra la vita e la morte. Poi il risveglio e tanto recupero: «Nelle corsie mi chiamavano la MIRACOLATA. E’ dura, è un percorso lungo e difficile, ma sono viva e la mia famiglia mi dà la carica». Oggi, la bella ed elegante stilista, grazie alla sua forza e alla sua tenacia, sta meglio e continua a lavorare. E per sdrammatizzare ricorda un detto ogliastrino: “Genti mala non di moriri”. E noi di Vistanet le auguriamo il meglio e una ripresa rapida.

In coma vedevi e sentivi?

Assolutamente . Ricordo le persone che piangevano ma vedevo i morti, tra cui mio padre, morto 8 mesi prima, con la testa china e mi diceva che io non potevo stare assieme a lui; al mio fianco c’era il mio ex marito, con il quale ho avuto l’incidente e purtroppo non ce l’ha fatta nonostante io fossi più grave di lui che mi ha predetto il futuro urlandomi “tu ti salverai”. Ma la cosa più drammatica è stata una luce accecante e abbagliante che mi infastidiva e io gridavo a tutti di spegnerla. Nessuno mi dava retta.

Hai avuto coscienza del periodo che hai passato in coma?

Ho le idee confuse. Ricordo di essere stata a Cagliari in rianimazione per tre mesi e poi a Roma per altri tre. Un vuoto di 12 giorni, quelli del coma, solo immagini di luce e volti di anime volate in cielo.

La luce era Dio secondo te? Descrivici come hai visto l’Aldilà

Non lo so. Vedevo una persona che assomigliava a Gesù, bianco di carnagione, biondo con la barba. Credo fosse però mio marito che in vita lo ricordava. Sono stata folgorata da questa luce, mi infastidiva assai anche se chi ha provato il mio stato la considerano invece un piacere immenso.

Mary Emme con la parrucca per coprire le cicatrici sulla testa

Sei mai stata consapevole di essere a un passo dalla morte? 

Sì come no. Quando io ho visto la morte ho invece incontrato Satana: mi sorrideva con aria cattiva, mi circondava nel letto, mi toccava e mi voleva pungere con un’asta appuntita per portarmi via con se. Mi terrorizzava. Era vestito di giallo e viola, la bocca era rossa per il sangue che colava. Lui approfitta di questi momenti, quando una persona è in fin di vita. Ho vinto io. Come una favola dal lieto fine dove il bene vince il male.

Com’è stato quando ti sei svegliata?

Al mio fianco c’era mia figlia, non l’ho riconosciuta subito. E’ passato qualche mese per ricordarmi tutto. Erano presenti anche lo staff medico, la mia psichiatra. Io chiesi come mai ero lì e dove fossero l’uomo e la donna che erano con me in macchina. Dovete saper che il mio incidente è andato così: ero in macchina nella strada del Sarrabus con una mia amica e avevamo avuto un guasto alla macchina. Chiamai il mio ex marito che venne a soccorrerci. Il destino ha voluto il peggio però. La mia amica è per fortuna rimasta illesa, il mio ex è deceduto e io sono una sopravvissuta. Al mio risveglio, a parte la confusione mentale, l’unica cosa che sentii era l’amore che mi trasmettevano mia figlia, le mie sorelle, mio genero e il compagno attuale.

Come hai fatto a rimetterti in pari con tutto quello che era successo nel mentre?

È stato difficile, la mia vita è cambiata, il coma cambia la vita. Quando rimani  clinicamente morta per giorni e poi ti risvegli non sei più la stessa, è una rincorsa al tempo perduto, una reintegrazione sociale dove devi riprenderti in mano le cose che stavi costruendo con il sudore, gli amici spariscono e oggi non vali più quanto ieri.

Mary Emme prima del coma

Però sei stimata professionalmente e hai tante persone che ti vogliono bene, fregatene…

Lo so, la mia voglia di fare e di rimettermi in gioco è tanta. Ho nuove amicizie e un compagno che mi sostiene in tutto e per tutto. Il lavoro va bene, sto più dietro le quinte ma non posso lamentarmi. Certo sono più insicura e non nego di avere ancora, dopo 2 anni e 5 mesi, un sostegno psicologico che mi dà la forza di camminare a testa alta. Sempre.

Come è cambiata la tua visione della vita e della morte? 

La vita è solo di passaggio, quindi non rompiamo le scatole per cose futili e viviamocela nei migliori dei modi. La morte non mi spaventa, se io ho combattuto lotterò per migliorarmi fino a cent’anni.

Oggi di cosa hai paura?

Mi spaventa la solitudine, non avere pace, voglio l’armonia della mia famiglia, condividere ogni gioia e bene con loro. Loro che sono stati la mia rinascita.

Dopo la morte pensi che ci sia una vita?

No. E’ vero che ho visto i morti ma pensare che ci sia una seconda vita è una cosa troppo grande.

Mary Emme prima del coma

Ti sei mai chiesta qual è lo scopo della vita quando poi si può volare in cielo da un momento all’altro?

Forse sarò ripetitiva ma quello che posso consigliare è di star bene in mezzo alla gente, trasmettere pace e amore. Basta essere gelosi, invidiosi, nervosi, litigiosi, pettegoli, nuoce gravemente alla salute.

Cosa è l’anima? E’ qualcosa che si trova dentro di noi da vivi o continua a vivere dopo la morte?

In questo caso penso che l’anima continui a vivere.

Credi alle persone che comunicano con i morti?

Mi spaventano. Credo ci sia lo zampino di Satana.

Ti aspetti davvero che la gente ti creda?

No. Non mi aspetto assolutamente di essere creduta. Non sono una pazza ma quello che racconto è il mio vissuto, pura realtà.

Sei una stilista. Il tuo sogno?

Già. La moda è sempre stato il mio sogno. Da bambina sfilavo per qualche negozio. La vanità mi ha sempre accompagnato nel mio percorso. Prima del coma stavo emergendo con tanta fatica e passione. Sono stata premiata anche come stilista sarda più elegante. Oggi continuo a lavorare e sto producendo una linea nuova estiva, non più fashion ma pratica e vorrei chiudere con questo messaggio: non vorrei prestare a nessuno le mie scarpe. La mia è una storia molto triste. Ma cammino, seppur ancora zoppicando, a testa alta.

 

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