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Sei amici e una grande passione, l’arrampicata sportiva: il Nannai Climbing Home a Ulassai

“Nannai Climbing Home”, a Ulassai, è il punto di ritrovo e di partenza per gli arrampicatori di zona e non solo. Si può sia soggiornare in un posto quasi magico, circondato dalle falesie con vista sul mare, che immergersi nel selvaggio mondo delle arrampicate.

Ma chi gestisce questa attività?

Sei amici, un solo obiettivo. L’arrampicata sportiva è il loro punto in comune, una passione che unisce l’amore per il territorio e le emozioni che possono scaturire dalla comunione con esso. Su questo sport si basa quello che è il loro sogno, un sogno diventato realtà e cresciuto nel tempo. Un progetto che comunque è diventato un pilastro della zona intera.

Nel loro nome, molteplici significati. “Nannai” come casa, come ospitalità. “Nannai” come tributo alle donne ogliastrine, forti e indomite. “Nannai” come quotidianità – una quotidianità che odora di antico, di tradizione –. “Nannai” come “nonna”, appunto, la figura che ingloba tutti questi concetti nell’immaginario sardo.

Ma come nasce questa idea?

«Volevamo dar vita a una base, a una climbing home tutta nostra, un posto per gli arrampicatori dove poter essere circondati da paesaggi e roccia mozzafiato» si legge nel sito internet «E se possibile trovare un posto ancora poco sviluppato, agli albori del suo potenziale, per dare con il nostro lavoro un contributo significativo all’economia locale».

E, puff!, ecco Ulassai. Presto i sei giovani si rendono conto della bellezza del posto poco – ahimè – valorizzata. Allora, una mano sul cuore e una sul portafoglio, si buttano in questa nuova avventura.

Nel sito, tante informazioni. Con taglio simpatico, si conoscono tutti i membri del team. C’è Matteo – istinto guerriero ma spirito bonaccione –, Frankie – inglese energica, insegnante, modella e avvocatessa della natura –, Ruben – il climber più forte, dotato da un’innata calma – Liz – ex ingegnera canadese, coraggiosa e forte – Sophie – la parte sociale del team, saggia – e Paolo – amico storico di Matteo e guerriero scalatore –. Il team è composto anche da Matteo, pargolo del gruppo, e da Bandit e Sbam, i cuccioli pelosi.

«Qua ormai la cosa è diventata bella grande. Siamo partiti dal nulla, dall’innamorarci di questo posto e dal desiderio di farlo crescere a livello sportivo. Era un posto con una grande potenzialità, l’abbiamo capito e ci siamo messi in moto per permettere la nascita di tutto, per far crescere il progetto fino ad arrivare a ciò che c’è ora» racconta Matteo.

Negli ultimi giorni, sono impegnatissimi nell’organizzazione della seconda edizione dell’Ulassai Festival (climbing – biking – mountain running – highlining – yoga) che si terrà l’1, il 2 e il 3 giugno. La prima, l’anno scorso, ha riscosso un discreto successo.

«Questo ci permette di collaborare con la Pro loco e con l’associazione di Bikers “Fura Crabasa” attiva in zona per il turismo legato alla bici. Lavorando con loro, ci mettiamo sempre in discussione, reinventiamo il nostro modo di rapportarci con altri sport, con altre realtà e con il paese intero. C’è da dire che Ulassai reagisce benissimo alle iniziative proposte. Tutti capiscono l’importanza e la bellezza del turismo legato alla natura e allo sport, in questo posto bellissimo. Ulassai per noi è il cuore pulsante dell’Ogliastra».

È stato difficile inizialmente convincere le istituzioni di questo nuovo mondo, racconta Matteo, tuttavia ora il Comune li segue costantemente, li autorizza e sta imparando a conoscere l’arrampicata e gli altri sport outdoor.

«Abbiamo anche la fortuna di avere l’appoggio di una giovanissima Pro Loco, costituita nuova quest’anno, che ci aiuta e che media tra il Comune e le aspettative della popolazione. Il paese, poi, sta cooperando in quella che è un’unica direzione: far diventare Ulassai una meta quanto più gradita possibile a tutti i turisti che si dirigono qui per l’arrampicata. Negli ultimi cinque anni ci siamo dedicati, con grande sforzo, a questo obiettivo. Ci viene tutto ripagato dagli sguardi stupefatti delle persone che ci dicono che il cambiamento si vede e ci ringraziano».

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