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Donna Lucia Delitala, storia di una spietata e temuta banditessa sarda

Visse nella prima metà del ‘700, Donna Lucia Delitala Tiddia, la banditessa nulviese che, per circa quarant’anni, seminò il panico fra il Gallurese e il Sassarese. Una donna che, secondo alcune delle infinite leggende che ruotano attorno al suo nome, fin da bambina si dedicò a scherzi crudeli, e che da sempre rivelò un forte astio nei confronti delle frivolezze femminili. Descritta in più di un’occasione come poco attraente, filo conduttore di tanti dei suoi ritratti, e addirittura “priva delle tipiche morbidezze femminili”, dimostrò sempre grande coraggio, soprattutto in battaglia, tanto da divenire capo di un vero e proprio esercito.

«C’è in questo regno di Sardegna una famiglia divisa, chiamata Delitala, paragonabile agli antichi Guelfi e Ghibellini. E anche le donne e le ragazze di questa casata fanno la guerra». Così il viceré di Rivarolo, in una lettera al re Carlo Emanuele III, esordiva raccontando la famiglia Delitala, potente casato da cui discendeva per l’appunto Donna Lucia. Descrivendola in toni ben poco galanti, che lasciano comunque indovinare una donna forte ed emanciapata. «Non si è voluta sposare per non dipendere da un marito, secondo quanto lei stessa afferma. Ha due mustacchi da granatiere e usa le armi e il cavallo come un gendarme». Questo infatti fu il quadro che ne offrì il vicerè, sottolineandone la scarsa avvenenza fisica quasi si trattasse di un’aggravante.

Per quel governo sabaudo che combatté strenuamente Donna Lucia fu senz’altro una delle piaghe più temibili, soprattutto dal momento in cui tale lotta fu condotta con il supporto del bandito Giovanni Fais. Ma quella stessa opposizione indomita a un governo così poco amato la rese al contempo vera e propria eroina del popolo, da cui attingeva per il proprio esercito, e che sempre ne cantò le gesta e infine ne pianse la morte. Non esistono, in realtà, dati certi in merito alla fine di Donna Lucia, e né a Nulvi né in altro luogo è stata mai rinvenuta una lapide. Diverse comunque sono le congetture che la vedrebbero cadere vittima di un tradimento. Secondo alcuni morì infatti arsa viva nel suo letto, in compagnia di un amante; secondo altri morì per strangolamento. Tutto il suo patrimonio, a ogni modo, fu lasciato per suo volere alle chiese di Chiaramonti.

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