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Processo veleni di Quirra: giornata tesa per il controesame della Dottoressa Gatti. Agguerrita la difesa, che ha cercato di dimostrare l’inattendibilità del lavoro della scienziata

È raro vedere l’aula tre del Tribunale di Lanusei così piena di gente. Il controesame della dottoressa Gatti, consulente del Procuratore in qualità di fisica ed esperta di nanoparticelle, ha attirato una moltitudine di persone giunte da mezza Sardegna. Le dieci ore di domande hanno da subito messo alla prova un clima teso in partenza, col precedete dello scorso mese in cui, il giorno successivo alla deposizione della Gatti, venne sequestrato il computer in cui la scienziata teneva tutti i dati.

Dal team di legali della difesa si è levata per prima la voce dell’avvocato Filippi, che ha cercato di mettere in discussione l’attendibilità della dottoressa con una serie di domande respinte dal giudice monocratico Nicole Serra. Più volte Filippi ha infatti incalzato la scienziata cercando di portare il discorso sul tema dei vaccini, rifiutato dal giudice in quanto non attinente all’attività di consulenza svolta. Dopo una lunga sospensione dell’udienza si è ripreso il controesame, durante il quale la Gatti ha confermato quanto già detto la scorsa volta.

Le nanoparticelle rinvenute nei militari, nei pastori o nel bestiame dell’area di Quirra sarebbero, secondo la scienziata, con tutta probabilità imputabili all’attività militare della zona. La creazione di queste particolari aggregazioni di elementi chimici non può avvenire senza il raggiungimento di temperature elevatissime, sopra i 3000 gradi. Tali temperature sono facilmente raggiungibili nelle esplosioni e nei brillamenti, durante i quali «tutti i materiali presenti si fondono e si ricombinano in maniera casuale» ha spiegato la scienziata.
Ma la difesa ha poi cercato di dimostrare la non pericolosità delle nanoparticelle, riferendosi ad esempio alla presenza di queste in alcuni cibi industriali. «In molti cibi si aggiungono nanoparticelle ingenerizzate, che servono a migliorarne alcune qualità – ha detto la consulente – ma sono diverse dalle nanoparticelle derivanti da contaminazioni non volute».

In realtà, un problema di fondo che sembra emergere sull’argomento, è che ancora non sono state determinate delle soglie di esposizione. Tuttavia, sembra essere un dato certo che le nanoparticelle, una volta che entrano nell’organismo, possono incidere perfino sul DNA. «Col mio team -ha raccontato la Gatti- abbiamo introdotto nanoparticelle di nichel e cobalto in venti ratti e tutti e venti hanno sviluppato il cancro».

In aula erano presenti tanti rappresentanti della società civile, Mariella Cao del comitato Gettiamo le Basi, gli attivisti del gruppo Kumone Otzastra Sarrabus, e Mauro Pili, ex deputato di Unidos che ha in più occasioni sollevato il problema dell’inquinamento militare nell’isola.

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