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Forse un ricatto alla base del suicidio di Michela Deriu, la barista di Porto Torres

Nel registro degli indagati per il suicidio di Michela Deriu, la barista 22enne di Porto Torres, per ora sono in 3, con le ipotesi di reato di istigazione al suicidio, diffamazione ed estorsione.

Al vaglio degli inquirenti ci sono tablet, pc, cellulari e supporti informatici per indagare su cosa veramente abbia portato la ragazza a togliersi la vita, a La Maddalena, a casa di un’amica dalla quale si era rifugiata per cercare un po’ di pace. L’esame dei dispositivi sarà importante per capire se ci siano altri filmati, se siano stati diffusi e condivisi, chi siano i protagonisti di immagini o foto. Se ci siano, insomma, elementi che possano suffragare la pista seguita finora dagli inquirenti o se si debbano imboccare anche altre strade investigative. La Procura cerca le prove dell’istigazione al suicidio e della tentata estorsione, le ipotesi più gravi collegate alla diffusione del video, e per le quali non ci sono certezze.

A una prima ricostruzione pare che Michela Deriu avesse un debito con qualcuno e che il video hard che non voleva venisse diffuso fosse il prezzo di quel ricatto. Coordinati dalla Procura di Tempio, i carabinieri di Olbia e Porto Torres stanno stringendo il cerchio intorno ai colpevoli di quanto accaduto. Le ipotesi di reato sono istigazione al suicidio, diffamazione aggravata e tentata estorsione. Per il momento sono stati iscritti nel registro degli indagati due ragazzi di Porto Torres e una loro coetanea di Ittiri. Erano amici di Michela, o almeno lei li frequentava reputandoli tali.

 

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