Dopo quelle della madre, oggi le parole cariche di dolore e contraddizioni quelle pronunciate da Mario Ragnedda, padre di Emanuele, l’imprenditore del vino reo confesso dell’omicidio di Cinzia Pinna, la giovane donna di Castelsardo uccisa nella notte tra l’11 e il 12 settembre scorso. Intervistato in diretta nella trasmissione Ore 14 su Rai 2, il genitore ha cercato di dare voce alla disperazione di un padre che si trova a vivere una tragedia su due fronti: la morte di una giovane e l’incarcerazione del proprio figlio.
“Il primo pensiero di Emanuele – ha raccontato – va sempre a Cinzia e al dolore della sua famiglia. Me lo ripete di continuo. Per me oggi è come se fosse morta una figlia: io ho una figlia morta e un figlio vivo in carcere. La sofferenza è doppia. Avrei preferito che fosse morto lui, e invece siamo qui a parlare di un’altra storia”.
Parlando della notte del delitto, Mario Ragnedda ha ripercorso la ricostruzione fornita dal figlio: “Evidentemente è successo qualcosa. Forse avevano continuato a bere e usare sostanze. Emanuele mi ha detto di essere stato aggredito e di aver temuto per la propria vita. Si è trovato a decidere se vivere o morire e ha sparato. È stata una notte maledetta in cui è accaduto questo disastro”.
Il padre, pur ribadendo la fiducia negli inquirenti, ha voluto respingere l’immagine negativa che – a suo dire – i media avrebbero costruito intorno al figlio: “In questi giorni si è parlato di lui come di un mostro che spendeva e spandeva. Non è vero. Chi lo conosce sa che non lo merita: è un ragazzo buono. Non voglio togliergli alcuna responsabilità, sarà la giustizia a stabilire la verità, ma Emanuele non è l’uomo che si è raccontato”.
Nonostante la difesa del figlio, Mario Ragnedda ha rivolto parole di cordoglio e rispetto verso la famiglia della vittima: “Siamo vicini alla famiglia di Cinzia. Adesso il dovere di tutti è capire cosa è davvero successo e arrivare alla verità. Mio figlio mi ripete che quella notte ha solo cercato di salvarsi la vita. Ma sarà la magistratura a stabilire le responsabilità. Io non voglio fare il suo difensore: Emanuele è adulto e pagherà quello che deve. Il rispetto per Cinzia e per i suoi cari viene prima di tutto”.