Si è spento oggi all’età di 83 anni Graziano Mesina, noto anche come Gratzianeddu, figura controversa e leggendaria del banditismo sardo del dopoguerra. L’ultimo capitolo della sua esistenza, segnata da una lunga scia di evasioni, condanne e un’indomita ribellione, si è chiuso in silenzio, lontano dalle montagne dell’amata Orgosolo dove tutto era cominciato.
Nato il 4 aprile 1942 in una Sardegna ancora arcaica e ferita dalla guerra, Mesina è stato per decenni un simbolo potente: per alcuni un fuorilegge da temere, per altri un personaggio quasi romantico, al confine tra il bandito e il ribelle. Conosciuto per le sue spettacolari evasioni – ben ventidue, dieci delle quali riuscite – ha rappresentato l’ultimo vero esponente di un fenomeno sociale e criminale che ha segnato l’isola per buona parte del Novecento.
Secondo di undici figli, cresciuto in una famiglia di pastori, Mesina lasciò la scuola già in quarta elementare. Il suo rapporto con la legge inizia presto: a 14 anni il primo arresto per possesso illegale di armi. Da quel momento, la sua vita si dipana in un’ininterrotta alternanza tra latitanze, incarcerazioni ed evasioni. Uno stile da fuorilegge nato più dalla durezza delle condizioni sociali e dalla vendetta personale che da un progetto criminale strutturato.
Un nome che fa paura (e notizia). Negli anni ’60 e ’70, il nome di Graziano Mesina occupava stabilmente le cronache nazionali. Accusato di omicidi, sequestri, rapine, la sua figura si intrecciava con le tensioni profonde di una Sardegna divisa tra modernità e arretratezza. Celebre fu la sua evasione dal carcere di Sassari nel 1966, in compagnia del disertore spagnolo Miguel Atienza: un colpo da film, che fece il giro del Paese e contribuì a trasformarlo in un’icona.
Il sequestro e successiva liberazione del piccolo Farouk Kassam nel 1992, in cui ebbe un ruolo di mediatore, segnò un momento chiave nella sua parabola. La grazia concessa nel 2004 dall’allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi sembrava poter chiudere il capitolo criminale della sua esistenza.
Tornato libero dopo oltre 40 anni di carcere, Mesina tentò una nuova vita, tra turismo e imprenditoria. Ma il passato era destinato a tornare. Nel 2013 fu nuovamente arrestato con l’accusa di traffico di droga e progettazione di un nuovo sequestro. Condannato a 30 anni e privato della grazia, nel 2020 tornò a fuggire. La sua ultima latitanza si concluse nel dicembre 2021, quando fu catturato dai Carabinieri a Desulo.
Nel giugno 2022 venne trasferito nel carcere di Opera, dove ha trascorso gli ultimi anni della sua vita. Proprio ieri, 11 aprile 2025 era stato scarcerato per motivi di salute. È morto oggi, il 12 aprile, quasi come se avesse atteso di rivedere la luce da uomo libero prima di congedarsi.
Graziano Mesina è stato molto più di un semplice criminale. È stato una figura mitica, ambigua, capace di incarnare la rabbia di un popolo e al contempo il lato oscuro della sua storia. Un uomo che non si è mai piegato, che ha attraversato epoche diverse senza mai cambiare realmente pelle. La sua morte segna la fine di un’epoca: quella del banditismo sardo che, con Mesina, perde il suo ultimo e più celebre interprete.