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Lo sapevate? Nel 1892 un uragano distrusse San Sperate: morirono 90 persone

La lapide che ricorda l'evento

La lapide che ricorda l'evento

Lo sapevate? Nel 1892 un uragano distrusse San Sperate: morirono 90 persone.

La notte tra il 21 e il 22 ottobre 1892 rimane impressa come una ferita indelebile nella memoria collettiva della Sardegna, una notte che la storia non potrà mai dimenticare. In quelle ore oscure e cariche di terrore, il Campidano di Cagliari fu travolto da una furia naturale senza precedenti, un’alluvione di proporzioni talmente devastanti da sconvolgere il destino di intere comunità e segnare per sempre il loro cammino. Le acque impetuose, alimentate da un uragano di forza inaudita, si abbatterono con violenza sulle terre sarde, e tra i luoghi più duramente colpiti emerse San Sperate, che fu letteralmente distrutta dalla potenza implacabile della tempesta. In quella tragica circostanza persero la vita ben 90 persone, travolte da un disastro così epocale da riscrivere la storia stessa di quel territorio. La furia degli elementi non lasciò scampo, e quella notte si trasformò in un incubo per chiunque si trovasse lungo il cammino dell’uragano, segnando un prima e un dopo nella vita degli abitanti di San Sperate e dell’intero Campidano di Cagliari.

La perturbazione che si abbatté sulla regione quella notte fu di una ferocia senza precedenti. Piogge torrenziali, accompagnate da venti impetuosi, si riversarono sull’area con una intensità mai vista prima, trasformando in poche ore ruscelli e torrenti in impetuosi fiumi di fango e detriti. L’improvviso innalzamento delle acque colse di sorpresa gli abitanti, molti dei quali furono strappati dal sonno per trovarsi improvvisamente in lotta per la sopravvivenza.

I centri più duramente colpiti furono Assemini, Decimomannu, San Sperate ed Elmas, ma fu San Sperate a pagare il prezzo più alto in termini di vite umane e distruzione. Le case, molte delle quali costruite in ladiri (mattoni di fango e paglia essiccati al sole), non ressero all’impeto delle acque, crollando come castelli di sabbia. Interi quartieri furono spazzati via, lasciando dietro di sé solo macerie e disperazione.

Il bilancio finale fu devastante: 200 vittime in tutto il territorio colpito, un numero che oggi può sembrare relativamente contenuto, ma che all’epoca rappresentava una perdita immane per comunità di poche migliaia di abitanti. Oltre alle vittime, i danni materiali furono incalcolabili. Campi coltivati scomparvero sotto metri di fango, bestiame annegato, infrastrutture distrutte. L’economia locale, basata principalmente sull’agricoltura, subì un colpo da cui ci vollero decenni per riprendersi.

La tragedia colpì profondamente l’opinione pubblica dell’epoca, non solo a livello locale o nazionale, ma anche internazionale. Il New York Times, uno dei giornali più prestigiosi al mondo, dedicò un articolo a questo terribile evento, portando la sofferenza del popolo sardo all’attenzione di un pubblico globale. Questo interesse internazionale non solo testimonia la gravità dell’accaduto, ma mise anche in luce la vulnerabilità di molte comunità rurali di fronte alle calamità naturali.

A San Sperate, epicentro della tragedia, la comunità ha eretto un monumento commemorativo nel centro del paese: una croce solenne che si erge come simbolo di ricordo e monito. Accanto ad essa, una lapide racconta in poche, toccanti parole la storia di quella notte terribile. Questi memoriali non sono solo un tributo alle vittime, ma servono anche come promemoria della forza distruttiva della natura e dell’importanza della prevenzione e della preparazione di fronte a simili eventi.

L’alluvione del 1892 segnò un punto di svolta nella gestione del territorio e nella pianificazione urbana in Sardegna. Negli anni successivi, furono avviate opere di regimentazione delle acque e di rinforzo degli argini dei fiumi. Le tecniche di costruzione evolsero, abbandonando progressivamente i materiali tradizionali più vulnerabili in favore di strutture più resistenti.

La solidarietà che seguì la tragedia fu straordinaria. Da tutta l’Italia e anche dall’estero giunsero aiuti e sostegno per le popolazioni colpite. Questa ondata di generosità non solo aiutò materialmente la ricostruzione, ma diede anche forza morale alle comunità devastate, mostrando loro che non erano sole nella loro sofferenza.

L’evento rimane ancora oggi oggetto di studi da parte di storici, geologi e meteorologi. Le analisi moderne dei dati disponibili hanno permesso di comprendere meglio le dinamiche che portarono a una precipitazione così eccezionale, fornendo preziose informazioni per migliorare i sistemi di previsione e prevenzione delle alluvioni.

La commemorazione annuale di questa tragedia non è solo un atto di pietà verso le vittime, ma anche un momento di riflessione collettiva sull’importanza della tutela del territorio e sulla necessità di vivere in armonia con l’ambiente, rispettandone i delicati equilibri.

A distanza di oltre un secolo, l’alluvione del 1892 continua a vivere nella memoria della Sardegna, non solo come ricordo di una tragedia, ma come lezione sempre attuale sulla fragilità umana di fronte alle forze della natura e sull’importanza della coesione comunitaria nei momenti di crisi. È un monito che risuona ancora oggi, in un’epoca in cui i cambiamenti climatici rendono sempre più frequenti e intensi gli eventi meteorologici estremi.

 

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Il monumento in ricordo dell’evento

Intorno alle 23,30 di notte, il Rio Mannu e il Rio Flumineddu esondarono. Il livello delle acque superò il metro e cinquanta. Nel paese i morti furono 90 e vennero tutti sepolti in una fossa comune nel cimitero di San Giovanni.

San Sperate ha sempre chiamato quella tragedia S’unda manna de Santu Sparau (l’onda grande di San Sperate) e in Piazza Croce Santa, fu eretta una grande croce.

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