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«La mia vita è piena di colori»: intervista al pittore cagliaritano non vedente Andrea Ferrero

«Perdendo la vista, pensavo di perdere anche i colori ma i colori li ho nella mia vita. Non li ho persi, sono sempre più radicati nel mio cuore.”

Il pittore Andrea Ferrero Sette, cagliaritano doc, è oggi – e fino a sabato 13 – in mostra alla MEM di Cagliari: il tema è “Diventare mare. Acqua, suono, vento e luce”. Ah, è anche non vedente, ma questo non lo ferma da quelli che sono i suoi obiettivi. «Certo, come dice mia moglie, un pittore cieco che dipinge fa sempre notizia» spiega «ma io sono felice quando le persone mi dicono che di fronte alle mie opere hanno provato delle emozioni. Preferisco quando le mie doti artistiche emergono indipendentemente dalla mia disabilità.»

Nella mostra, le sue opere legate al mare, quelle a cui è più affezionato: «Sono sardo, orgoglioso di essere cagliaritano. Si andava al Poetto. Tutti noi abbiamo, chi più, chi meno, il mare dentro: alle volte è un mare calmo, altre in burrasca. A me piace raccontarlo.»

“Diventare mare. Acqua, suono, vento e luce” sta andando molto bene: «Ci passo qualche volta» racconta l’artista. «Incredibilmente bello è che le mie opere rimangano un mese in un luogo così frequentato, che le persone possano vederle, emozionarsi.»

Eppure, la pittura arriva per caso. Ferrero è un giovane laureato in Economia, ha 27 anni e lavora in uno studio come commercialista quando, inaspettatamente, arriva una diagnosi infausta: retinite pigmentosa. È il 1998. «Mi dicevano che era degenerativa, progressiva e incurabile. Pensavo che la mia vita fosse già segnata, prima di sapere della malattia, ma la vita ci propone delle cose inaspettate.»

Nel 2010 Ferrero perde completamente la vista e inizia un percorso.

«Un lutto da metabolizzare, ecco cos’è stato. Ero nel mio personalissimo pozzo, al buio e al freddo, e allora ho deciso di rinascere a nuova vita più colorata. Questa mia condizione mi ha permesso di poter scegliere quel che volevo fare e quello che invece non volevo nel mio cammino.»

Non a caso, la sua prima opera è “Emozioni d’estate” che si può interpretare anche come “Emozioni destate”, risvegliate insomma, come se la pittura rappresentasse un modo per rinascere a nuova esistenza, di risorgere dalle ceneri di un lutto affrontato per riempirsi di colore.

«Nel 2017 ho incontrato Annalisa Carta, una pittrice, che mi ha proposto di dipingere. All’inizio, ho detto no, ma poi, anche su consiglio di mia moglie, ho accettato.»

E lì il pittore ha potuto immergersi nell’arte. Da ex vedente, del resto, aveva i colori dentro. Li ha conservati nel suo cuore e nella sua mente.

Il suo stile? Sentire la tela con le mani. «Ho provato con i pennelli, ma qualcosa mi fermava, mi davano una distanza con l’opera che non mi convinceva: istintivamente ho quindi usato le mani. Non c’era più il limite dei pennelli, sentivo la tela, potevo sentirne i contorni, vedere con le mani dove c’era o non c’era colore. E da lì ho proseguito.»

Oggi Ferrero ha una bella vita, riempie le sue giornate di cose che ama fare e il colore gli scorre addosso insieme al sangue nelle vene, ma non è sempre stato facile.

«Grazie al mio carattere, alla fortuna che ho avuto, al lavoro, ai tanti interessi che ho e alla mia meravigliosa famiglia che mi è stata accanto, sono riuscito a risalire. Certo,» spiega «non vedo, questo è un problema, ma sento di aver affrontato la malattia e di avere con essa una pacifica convivenza. Ho scoperto anche tante cose che da vedente non avrei fatto e ho persino fatto in altri modi cose che anche i vedenti fanno. Non vedere mi ha aperto gli occhi su cosa volessi fare per davvero, e su cosa invece non volessi. Le cose che volevo fare le potevo fare in modo alternativo: questo ho capito.»

Ma non dà consigli: «A me li hanno dati, ma per ognuno di noi esiste un percorso individuale. Tutti devono trovare il proprio modo di risalire. Bisogna pensare al fallimento non come una sconfitta ma come un processo di apprendimento. E fare tutto quel che si desidera: se ci si riesce, bene, se no pazienza.»

E chiude con una massima che tutti dovrebbero appuntarsi: «Il buio non è la fine di tutto, ma è possibile reagire e trovare degli spunti: dobbiamo fare in modo che la nostra sia una vita felice.»

La mostra di Ferrero al MEM, come abbiamo detto, si protrarrà fino a sabato 13 aprile.

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