Vessata, umiliata, picchiata, uccisa: la donna deve sempre difendersi. Non sembra una possibilità rieducare l’uomo, no, è la donna che sempre deve trovare il modo di “guardarsi le spalle”.
«Ma come ti sei vestita? Cambiati subito.»
«Passa un sacco di tempo in giro e si trucca troppo, quindi si vede che alla sua famiglia non ci tiene. Chissà il marito che ne pensa.»
«Dammi il telefono, voglio controllarlo.»
«Guarda com’è ubriaca, se adesso la stupro la colpa è sua che è in questo stato.»
«Oggi devi uscire con le tue amiche? E non mi chiedi il permesso? Non puoi. Resti a casa.»
«Ehi tu, che bona che sei!» fischi in sottofondo e una donna che abbassa la testa.
«Non hai nemmeno un soldo, senza me non vai da nessuna parte.»
«L’ha uccisa perché in effetti lei l’aveva lasciata. Quindi lui, amandola troppo, ha deciso che senza lei la vita non aveva un senso. Sì, il troppo amore l’ha uccisa.»
Quante volte abbiamo – ahimè – sentito queste parole? Quante volte ci siamo indignati e indignate per queste assurdità? E quanti, invece, la considerano la normalità?
Ogni 72 ore avviene un femminicidio. In ogni istante c’è qualcuna che subisce uno stupro, che viene riempita di botte a casa da chi pronuncia amore ma dimostra odio. O che viene molestata sul posto di lavoro. O che passa per strada al buio e deve abbassare la testa di fronte a fischi e frasi volgari. O che evita proprio di passarci, in quella strada, proprio perché lo sa – e Dio solo sa quanto è grave tutto questo – che accadrà, che dovrà subire. Ancora una volta.
Vessata, umiliata, picchiata, uccisa: la donna deve sempre difendersi. Mica sembra una possibilità rieducare l’uomo, no, è la donna che sempre deve trovare il modo di “guardarsi le spalle”.
Noi di Vistanet abbiamo condotto un sondaggio su donne sarde di tutta l’età per comprendere – ma l’avevamo intuito – la gravità del fenomeno.
Alla domanda sull’aver mai o meno subito violenza verbale o fisica, solo due persone su alcune decine hanno risposto “no”.
Dalle violenze – tra cui i complimenti – mentre si cammina serenamente per strada alle molestie sul luogo da lavoro, dalle botte e dalle scenate di gelosia da ex partner a manipolazione. “Principalmente” scrive una delle intervistate “solo cat-calling, mi ritengo fortunata per questo e mi fa schifo dovermi sentire appunto fortunata”. Un’altra parla di “palpatine al seno da un prete” e poi da un ragazzo per strada, ma non solo, anche dal datore di lavoro che, dopo un anno a rincorrere uno stipendio, “mi lancia i soldi e mi dice: ora vai a comprare i regalini per il tuo fidanzato”. E ancora… ex fidanzati delusi dal rifiuto che si trasformano in stalker, padri che terrorizzano – a suon di botte – moglie e figli lasciando traumi non indifferenti, ex mariti che lanciano oggetti durante i litigi, tragedie sfiorate in auto con uomini più grandi, suoni di clacson e apprezzamenti viscidi, costrizione a rapporti sessuali non voluti, denigrazione della propria personalità da parte di chi dovrebbe sostenere la propria partner.
Ahimè, c’è anche un episodio di violenza di gruppo.
“Purtroppo ho provato la violenza sia fisica che verbale a casa mia. Ricevevo sempre botte per qualsiasi cosa dicessi o facessi, schiaffi, pugni da chi avrebbe dovuto proteggermi” scrive un’altra, aggiungendo poi: “Ho provato anche violenza da un ragazzo che mi offendeva e umiliava dicendo che non avrei mai trovato nessuno che mi avrebbe voluta se non lui. All’inizio, mi ha riempito di complimenti poi una volta che abbiamo iniziato a conoscerci si è rivelata un’altra persona, molto cattiva. Dopo le continue offese ho deciso di chiudere la conoscenza per i suoi modi e lui mi ha detto che se avessi detto qualcosa avrebbe fatto saltare la macchina di mia madre.”
Un’altra scrive anche “Un ragazzo sulla moto in corsa si è sporto per colpirmi sul sedere. Per giorni ho avuto il segno livido della sua mano addosso.”
Insomma, già dalla prima domanda emerge un quadro preoccupante che mostra a quanta violenza, ogni giorno, siano costrette le donne.
E alla domanda se si fosse denunciato il reato subito, solo il 4% ha risposto “sì”, mentre il 96% ha barrato la casella “no”.
Il 68% delle intervistate ha dichiarato di sentire di non potersi vestire liberamente o di avere “restrizioni comportamentali” per paura di violenza verbale o fisica mentre sul perché ancora nel 2023 non si comprenda che è violenza anche fare complimenti e/o apprezzamenti non richiesti è violenza ha risposto in questo modo: il 4% ha barrato la casella del “perché a noi donne viene da sempre insegnato a essere gentili e comprensive”, il 20% “perché tutti pensano che i complimenti vadano sempre accettati perché ‘sono belli” e il 75% “perché c’è poca informazione su cosa sia o meno la violenza.
“Chissà che ti farei”, “Sei carina, non fare la difficile”, “Non è cosa da donna, non sai gestirlo, ti serve il mio aiuto”, “Ah, quindi vengo visitato da una donna?”, “Dai lo so che ti è mancato il mio c…o, stai piangendo per quello, lo so”: queste sono solo alcune delle frasi rivolte dagli uomini alle donne intervistate.
C’è anche un caso di subdola manipolazione: “Al mio ex piaceva vietarmi le cose indirettamente: ‘Le gonne si usano per far vedere le gambe e farsi guardare, ma se ti piacciono usale’ o ‘Il rossetto rosso se lo mettono le t…e, ma se ti piace mettilo’”.
Il 73% delle donne intervistate ha approvato la tesi per cui pene più severe per questi crimini potrebbero far diminuire le vittime, mentre il 26% non è d’accordo.
Più o meno una linea simile per tutte è venuta fuori dalla domanda aperta su cosa fosse una relazione tossica: è tossica, per le intervistate, una relazione dove si prevarica l’altro, dove lo si schiaccia e lo si rende fragile, dove una parte subisce le angherie dell’altra, dove c’è il controllo dell’uomo che vede la donna come una “cosa sua” e quindi impone regole di comportamento, vestiario e limitazioni anche alla personalità e alla parola, dove non ci si sente libere, dove la possessione la fa da padrona, dove si vieta addirittura di lavorare, dove la gelosia è estrema e morbosa e opprimente.
“Una relazione” scrive una donna, riassumendo tutto in un concetto semplice “dove non si possono fare le cose normali”.
Si specifica, in molte risposte, la poca via d’uscita della donna, spesso non cosciente delle violenze che subisce, spesso scambiate per amore, o cosciente ma senza soldi o risorse per allontanarsi dal calvario.
Da cosa derivano violenza e femminicidi? Altra domanda posta alle intervistate.
A parità, con la percentuale del 21.74%, ci sono “Patriarcato” e “Educazione generale carente”, 4.35 indica come causa “L’indole degli uomini” e bel 52.17% barra invece la casella di “Poca educazione all’affettività e all’empatia”.
E per quanto riguarda “la giusta pena per atti di violenza e per femminicidio” ci sono: pene esemplari, carcere a vita, ergastolo senza attenuanti e senza sconti di pena, detenzione con misure di sicurezza “vista la pericolosità sociale”, il massimo della pena.
Qualcuna indica anche la pena di morte nel caso dei femminicidi, altri una rieducazione profonda tra le mura del carcere che miri a far prendere coscienza, seppur tardiva, dell’atto criminoso.
Una ragazza suggerisce un’educazione che parta dalla scuola dell’infanzia: “Solo tramite una ristrutturazione culturale il fenomeno può essere arginato”.
Un’altra scrive: “Non esisterà mai una giusta pena, alla morte non vi è rimedio. Nessuno potrà mai restituire quella vita violentata, certo che non sapere l’aggressore libero sarebbe una ‘magra’ consolazione specie per i familiari e amici delle vittime”.
Al “Cosa diresti a chi dà la colpa degli stupri all’abbigliamento della donna, al fatto che possa o meno aver bevuto, al fatto che sia in giro tardi?” le risposte sono varie ma molto simili. Meglio tacere, tuona qualcuna. Altre propongono di fare degli esempi al maschile, per far comprendere che l’uomo alticcio non rischia nulla, altre ancora ovviamente ribadiscono l’uguaglianza tra uomo e donna e quindi perché non avere le stesse libertà? In alcuni casi, viene chiamata in causa l’ignoranza – affettiva o di informazione: e allora perché non creare delle situazioni, dei veri e propri corsi di rieducazione emotiva?
Il succo del discorso è questo: tutti abbiamo gli stessi diritti e le donne devono – devono! – poterli esercitare senza la paura di venire stuprate, molestate, uccise. Che sia dentro le mura di casa o fuori, che sia in presenza di partner/conoscenti/parenti o completi sconosciuti.
E per il femminicidio che qualcuno giustifica come “atto d’amore” o come “raptus” o ancora come “senza di lei non poteva vivere” le risposte delle intervistate sono state varie.
“Bisogna rieducare alla sensibilità e all’empatia”, dice qualcuna, ma vediamo scritto anche “L’aver normalizzato la gelosia è il problema principale”.
“Il troppo affetto non esiste, nemmeno il raptus” risponde un’altra. Vengono consigliati corsi di psicanalisi per chi la pensa in questo modo, ma anche una visitina a un centro anti-violenza per comprendere appieno la pericolosità di certe cose.
Per facilitare le denunce, il 13.64% suggerisce più centri anti-violenza, il 36.36% forze dell’ordine formate adeguatamente, il 18.18% meno burocrazia e il 31.82% l’anonimato garantito.
Emerge quindi un quadro assolutamente grave, che mette in luce una piaga della nostra società. Occorre, come ha suggerito la sorella di Giulia Cecchettin – una delle vittime dei giorni scorsi –, non stare in silenzio, ma urlare e fare rumore. Perché queste morti, se fossero rumori, sarebbero tuoni e il silenzio a poco serve.
Chiudiamo con le risposte all’ultima domanda, quella dove le intervistate sono state lasciate libere di dire quello che pensavano.
“Che non ci stancheremo di lottare, non ci stancheremo di gridare. Ci avete fatte a pezzi perché intere non potevate affrontarci.”
“In una cultura maschilista, che mercifica la donna e asseconda la soddisfazione immediata dei bisogni primari, ci vuole un lavoro culturale ed emotivo alla base.”
“La scuola deve inserire la materia Educazione alla affettività al rispetto dell’altro perché nessuno è di nessuno.”
“Che ci sono persone come Giulia che non si sono accorte di questi campanelli d’allarme da parte dei compagni. E che bisogna farsi forza e dire di no e basta, senza amicizia o altro. Bisogna dire di no e farsi valere come Donne con la D maiuscola, perché anche se sembra che tutto ti crolla addosso tu sei più forte di loro.”
“Credo che sia molto importante l’educazione a queste tematiche sin da bambini. I bambini devono imparare sin da piccoli ad accettare un no, ad accettare che non si può avere pieno possesso di tutto ciò che si vuole, devono essere educati al rispetto di qualsiasi essere umano a prescindere che esso sia donna o uomo poiché non esiste nessuna differenza. Al bambino deve essere insegnato che la bambina ha i suoi stessi diritti. Se un bambino cresce con questa mentalità da adulto imparerà ad accettare una rottura, imparerà che in una relazione non esistono ruoli predeterminati per la donna e per l’uomo ma la relazione si vive in una condizione di parità, come in ogni ambito della vita.”
“Più protezione assicurata velocemente. Nei centri anti violenza (ci lavoro) si fa tanto. Ma spesso per settimane le donne e i figli devono rimanere in casa, chiusi perché il tribunale non ha ancora emesso sentenza di allontanamento. Diventa una punizione nella tragedia. Quindi sarebbe utile avere provvedimenti di allontanamento e quindi di protezione più veloci.”
“Forse a scuola, sin dai primi anni, si dovrebbe dedicare molto tempo all’educazione emotiva, oltre che alle materie scientifiche e umanistiche.”
“Provo immenso dolore che si debba parlare ancora di donne ammazzate e non tutelare.”
“So che il processo sarà molto lungo e che ci vorranno anni solo per far capire che il problema esiste e che va affrontato da uomini e donne. Ma attualmente mi sento sconfortata e priva di sicurezza in questo mondo. È riduttivo dire ‘sono fortunata perché non è toccato a me’ o ‘io maschio non sono così’. Si potrebbe sentire aria di cambiamento quando io avrò 60 anni se già DOMANI si cambia prospettiva e si inizia a fare qualcosa.”
“Penso solo che non ci si dovrebbe fermare a condannare le forme più estreme della violenza di genere, quali lo stupro e il femminicidio, ma comprendere che il problema sta alla base, che riguarda la nostra educazione e che tutti (uomini in particolare, anche se si sentono attaccati) siamo responsabili.”
“Che bisognerebbe partire dalle origini di tutto, cercando di capire ma non giustificando.”
“L’educazione degli uomini deve partire dalle scuole elementari e dalla famiglia.”
“La donna ha gli stessi diritti dell’uomo, vogliamo essere trattate come meritiamo.”
“Sinceramente che sono stanca e vorrei gridare al mondo tutto il dolore che ho provato e magari avere più empatia dal prossimo e magari anche un abbraccio in più perché di botte e cattiverie ne ho ricevuto fin troppe.”