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«L’idea? Tornare nella mia terra»: il cagliaritano Edoardo Piras, Analytics Manager a Bruxelles

Si dice che la Sardegna sia una madre per tre quarti di granito, dura e aspra, e per un quarto dolce come il miele. Che faccia venire, talvolta perlomeno, voglia di scappare ma poi anche voglia di rientrare quando il profumo del mirto e della salsedine sono solo un ricordo, quando si può soltanto sognare la sabbia sotto i piedi e il sole che scalda i cuori e la pelle. Ah, si dice che anche in chi parte e non torna più il pensiero dell’Isola lasci sempre un po’ di nostalgia. Sarà un ricordo, i culurgionis, l’acqua turchese, o sarà un odore.

E quella del 32enne Edoardo Piras, cagliaritano oggi a Bruxelles per lavoro, è proprio una storia che racconta di questo amore viscerale per questo lembo di terra misto a voglia di conoscenza del mondo esterno. Di una partenza per avere sia un lavoro che una crescita personale con esposizione internazionale – quella che dovremmo avere un po’ tutti, che arricchisce e apre gli orizzonti e le menti – ma di un grande amore per il luogo dove si è nati e del quale ci si sente figli. Di riflessioni e di crescita.

Ma andiamo per ordine.

«Definisco la Sardegna una “gabbia d’oro”. È una gabbia perché quando si rientra non si vuole più andar via ed è dorata per lo stile di vita lento, meno frenetico, molto più attento alle piccole cose, quelle importanti che fanno la differenza. Essendo nati qui, non ci rendiamo conto della fortuna che abbiamo nel vivere in questo modo “lento”. Per questo partire aiuta anche in un processo di introspezione importante: quando sei fuori capisci l’importanza anche di una semplice passeggiata al mare, annusare i profumi caratteristici, sentire la sabbia sotto i piedi. Allo stesso tempo, è importante partire per aprire i propri occhi su nuovi mondi, toccare con mano altre culture, conoscere persone.»

Edoardo, come abbiamo detto, nasce a Cagliari e studia Economia. Capisce che ama viaggiare e tuffarsi nel nuovo quando con il programma di Erasmus va in Finlandia per cinque mesi. È un’esperienza che lo cambia e che rimarrà nel suo cuore per sempre. «Volevo qualcosa di nuovo, c’era veramente freddo: -29 gradi. Feci cose che non avrei mai potuto fare, come andare in bici con quel freddo e i leggings sotto i pantaloni, ed ebbi la fortuna di studiare con un metodo diverso rispetto a quello al quale ero esposto in Italia. In Finlandia si fa molto lavoro di gruppo, progetti con altre persone, è tutto più pratico. Conobbi nuovi punti di vista e tutto questo stimolò in me la voglia di continuare ad allargare gli orizzonti e viaggiare.»

Tornato in Sardegna e laureato, parte alla volta della Cattolica di Milano: qui studia Management ma il mercato del lavoro non dà opportunità allineate con la voglia di scoprire e crescere.

«La mia personale esperienza in Italia mi ha fatto sentire un costo per l’azienda piuttosto che un investimento. Dopo un contratto a tempo determinato e uno stage, nessuno mi offriva concrete opportunità di crescita. L’offerta è arrivata quando avevo comunicato che sarei andato via, ma ero deciso: in Belgio, dove mi trovo dal 2017, sono entrato a far parte di un team di persone estremamente capaci, ambiziose e ho potuto svolgere un lavoro stimolante in un ambiente estremamente professionale e meritocratico. Ma ciò che più importa sono le connessioni umane che ho potuto creare e che mi hanno permesso di crescere come persona e capire meglio me stesso»

Edoardo lavora adesso per una multinazionale americana nel settore del fashion retail, e svolge analisi di marketing di diverso tipo.

Tre sono le cose che – come afferma – si imparano stando fuori dall’Italia.

«Innanzitutto, incontrando persone d’ogni dove bisogna saper ascoltare, aprirsi a nuovi punti di vista e nutrire la curiosità: questo è molto importante. Corriamo sempre, ricerchiamo la realizzazione sia personale che professionale, vogliamo uno status che ci definisca. Crescendo e conoscendo nuove cose e nuova gente, capisci che non è importante come gli altri ti giudicano, ma come tu giudichi te stesso. Le esperienze all’estero mi hanno insegnato molto su me stesso: mi hanno fatto fare riflessioni importanti su quali siano i miei valori, i miei principi, su cosa io cerchi dalla vita. Il secondo punto che insegna stare all’estero è l’importanza del tessuto sociale, delle connessioni umane. Si dice che siamo la media delle persone di cui ci circondiamo e ne sono convinto. Bisogna arricchirsi dai confronti, dalle critiche, dai commenti positivi e creare un “se stesso” indipendente da fattori esterni. E l’ultima, ma non meno importante, cosa che si impara è il saper apprezzare le piccole cose: anche in questo caso è vero il detto che apprezzi una cosa solo quando la perdi. Un bagno al mare. Un pranzo con i propri genitori. Vivere il momento, ecco, soprattutto questo: guardare al futuro e al passato, ma comprendere l’importanza del presente ed esserne felici.»

E sull’idea di tornare, Edoardo è certo al 100%.

«Con l’Isola? Ho un rapporto magnifico. Amo il mare e il sole, mi manca la natura, lo stile di vita, la mia famiglia. E spero di poter tornare con il bagaglio che ho messo su in questi anni fuori in modo di portare nella mia terra anche nuove idee e prospettive. Per ora, ancora, non so quando, come e in che ruolo, ma so che tornerò.»

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