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La triste vicenda di Aldo Scardella, cagliaritano finito in carcere da innocente che si tolse la vita

Aldo Scardella è uno studente cagliaritano alla Facoltà di Economia. Ha 25 anni quando, il 29 dicembre del 1985 viene arrestato con l’accusa di aver partecipato insieme a due complici alla rapina avvenuta il 23 dicembre al Bevimarket, durante la quale il titolare Giovanni Battista Pinna rimane ucciso a colpi di pistola. L’unico elemento che inchiodava, secondo gli inquirenti Scardella era il ritrovamento di uno dei passamontagna utilizzati per il colpo, in un giardino a due isolati di distanza da casa sua.

Nonostante l’esito negativo di una perquisizione avvenuta all’alba del 26 dicembre 1985, nella sua abitazione, della perizia sul passamontagna che non evidenziò alcun legame con l’accusato, e nemmeno il guanto di paraffina evidenziò presenza di polvere da sparo, il p.m. Sergio De Nicola, ne ordinò l’arresto. Inizialmente rinchiuso nel carcere di Buoncammino, nei giorni successivi fu trasferito in regime di isolamento nel carcere di Oristano. I parenti per dieci giorni furono tenuti all’oscuro della località nella quale era stato portato il ragazzo e per sette giorni gli fu impedito di nominare un legale.

Durante la sua detenzione non ebbe mai la possibilità di incontrare il suo avvocato, Gianfranco Anedda, mentre i familiari poterono incontrarlo per la prima volta dopo quattro mesi, il 10 aprile 1986, quando fu trasferito nuovamente nel penitenziario cagliaritano. Il giovane provò in ogni modo a gridare la propria innocenza, ma stremato psicologicamente, dopo 185 giorni di detenzione, il 2 luglio decise di farla finita. Prima di impiccarsi nella sua cella scrisse un biglietto:  “Vi chiedo perdono, se mi trovo in questa situazione lo devo solo a me stesso, ho deciso di farla finita. Perdonatemi per i guai che ho causato. Muoio innocente”.

La vicenda della morte della morte di Aldo Scardella fece così scalpore che Enzo Tortora gli volle rendere omaggio in cimitero. Ad aggiungere sconcerto alla già incredibile vicenda si aggiunse l’esito dell’autopsia sul giovane studente. L’esame autoptico infatti rivelò la presenza di metadone, nonostante le cartelle cliniche del carcere non prescrivessero alcuna terapia per lui. Ci vollero però dieci anni, e la determinazione della famiglia di Aldo, perché si facesse piena luce sul caso. Nel 1996 Antonio Fanni testimoniò accusando i veri autori dell’omicidio: Walter Camba e Adriano Peddio personaggi della malavita di Is Mirrionis che furono condannati definitivamente nel 2002.

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