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Cagliari, nella basilica di San Saturnino a Cagliari ci sono dei graffiti in lingua araba

Lo sapevate? Nella basilica di San Saturnino a Cagliari ci sono dei graffiti in lingua araba.

La basilica di San Saturnino è stata anche una moschea? L’edificio è una delle chiese più antiche della Sardegna. Intitolata anche ai santi Cosma e Damiano è la basilica più antica di Cagliari, ed è dedicata al patrono della città, un cristiano vissuto in Sardegna e, secondo la tradizione, martirizzato durante le persecuzioni volute da Diocleziano. La chiesa si trova nel quartiere Villanova, in piazza San Cosimo e con l’adiacente necropoli, che si estende anche sotto la vicina chiesa di San Lucifero, è uno dei più importanti e antichi complessi paleocristiani della Sardegna. Nella chiesa si trovano dei graffiti in lingua araba, scopriamo perché.

Basilica di San Saturnino – Foto Comune di Cagliari

Il primo impianto della chiesa di San Saturno, paleocristiano, risale al V secolo e la struttura attuale è il risultato di modifiche, ristrutturazioni e disfacimenti avvenuti nel corso dei secoli.

Nella parete interna della navatella laterale sinistra del braccio orientale della basilica, realizzata con numeroso materiale di riutilizzo, è murato un concio in calcare locale, largo m 1,50 e alto m 0,78, nel quale è riconoscibile, anche se difficilmente a causa del cattivo stato di conservazione, un graffito in caratteri cufici, disposto irregolarmente su quattro linee.

Il testo è tuttora in corso di studio, ma una prima proposta di datazione del manufatto si orienta tra la prima metà del IX e la seconda metà del X secolo, in base ad alcuni confronti in ambito europeo e per analogia con l’iscrizione funeraria rinvenuta nell’area esterna della basilica. I due esemplari testimoniano l’esistenza nella società locale dell’epoca di elementi arabofoni professanti la religione musulmana, che forse condividevano con i cristiani gli spazi funerari e di culto di San Saturnino.

San Saturnino una ex moschea? O addirittura, una moschea e una chiesa nello stesso momento? Sono queste le ipotesi che gli studiosi hanno avanzato qualche anno fa a seguito del ritrovamento di due antiche iscrizioni in alfabeto arabo, incise su blocchi di calcare all’interno del cimitero e della basilica.
“Sanat arba‘at wa-tis‘în wa-mâ‘tîn”: recita una delle due pietre, identificata come lastra tombale. Quelle parole indicano un anno, il 294 dell’era islamica (per i cristiani il 906) e ricordano la morte di un uomo che doveva essere molto probabilmente di fede musulmana.
Chi ha scolpito i caratteri nel calcare non doveva avere molta confidenza con l’arte dell’incisione, dato che la grafia è incerta e la pietra mal lavorata, ma conosceva perfettamente la lingua araba, perché la forma grammaticale è impeccabile. Doveva essere un uomo colto e agiato, questo misterioso forestiero.

E certamente non era l’unico a Cagliari. C’è un altro graffito all’interno della basilica, su uno dei grandi blocchi che compongono le pareti del braccio orientale e anche questo presenta caratteri decisamente insoliti per una chiesa. Risale più o meno agli stessi anni, ma stavolta non si tratta di una lapide.

Quattro righe in alfabeto arabo che a stento riusciamo a leggere, cancellate e rese confuse dal passare dei secoli; però un nome lo distinguiamo chiaramente ed è Muhammed, Maometto. Il nome del Profeta, certo, ma anche un nome decisamente comune presso quel popolo arabo che, un tempo nomade e diviso in tribù, era diventato in una manciata di decenni una potenza mondiale tale da far tremare le genti del Mediterraneo.

E anche Cagliari dovette tremare, e parecchio: le evidenze archeologiche dimostrano che l’invasione toccò anche le sue coste e che l’elemento islamico fu senza dubbio presente in città. La stessa basilica di San Saturnino, che era stata fondata nel V secolo dal monaco Fulgenzio, conobbe eventi traumatici: gli scavi hanno evidenziato tracce di incendio e distruzione, spie di un conflitto che dovette consumarsi tra l’VIII e l’XI secolo.

Ma che lettura danno gli studiosi di questi indizi? Donatella Salvi (ex direttrice del Museo Archeologico cagliaritano) e Piero Fois (ricercatore alla Sorbonne) pensano che San Saturnino possa essere stato un luogo di culto condiviso, negli stessi anni, tra musulmani e cristiani; a noi può sembrare strano, ma casi simili erano molto frequenti nel Medioevo e la Grande Moschea di Cordoba ne è un esempio.

 


Diversa è invece l’opinione di Rossana Martorelli (docente di Archeologia cristiana all’Università di Cagliari), che ipotizza che la basilica sia stata, almeno per un periodo, completamente sotto il controllo islamico, conquistata e riadattata a Moschea.

Uno dei pochi dati certi in questa suggestiva vicenda, di cui le fonti scritte antiche parlano poco, è che nel 1089 la chiesa venne donata, dai Giudici sardi, ai monaci Vittorini di Marsiglia, che la restaurarono e le diedero quelle forme con cui ancora appare ai nostri occhi. Ciò che vediamo oggi è solo una parte della basilica originale che aveva pianta a croce greca e transetto dotato di cupola emisferica: la chiesa attuale è rappresentata dal vano cupolato, risalente al V-VI secolo, e dal braccio est suddiviso in tre navate che terminano in un abside di pietra. La facciata ovest, fortemente danneggiata, è suddivisa in tre specchi oltre i quali si trova l’entrata attuale della basilica.

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