Site icon cagliari.vistanet.it

Lo sapevate? A Santa Maria Navarrese c’è una pietra votiva antichissima e misteriosa, diventata uno dei simboli del borgo

Lo sapevate? A Santa Maria Navarrese c’è una pietra votiva antichissima e misteriosa, diventata uno dei simboli del borgo.

Questo enorme masso granitico si trova a poca distanza dalla chiesa dell’Assunta: le sue coppelle incise nella roccia indicano che il reperto è quasi sicuramente dell’età neolitica. Una testimonianza affascinante che riporta a misteriosi e ancestrali riti propiziatori della Sardegna prenuragica.

Fu rinvenuta vicino alla chiesa nel 1955, durante i lavori di costruzione del muro di sostegno del sagrato; la pietra fu inizialmente sistemata ai piedi del muro. Successivamente fu spostata, e sistemata nel punto in cui si trova attualmente, sul marciapiede che dà sulla spiaggia centrale, di fronte alla scalinata che porta al sagrato della chiesa di Santa Maria, in modo da essere visibile e accessibile a tutti i visitatori.

“Masso erratico a coppelle”, così vien definito dagli archeologi questo grande masso, divenuto nel tempo uno dei simboli del borgo marittimo che rientra nel territorio di Baunei. Si tratta di un blocco di pietra di forma tronco-piramidale, con una superficie caratterizzata da una serie di undici incavature, dette, appunto “coppelle”. Sulla funzione della pietra ancora oggi sono in corso dei dibattiti.

 

Gli studiosi ritengono che massi così lavorati potrebbero aver avuto la funzione di veri e propri altari sacrificali, probabilmente in occasione di particolari culti votivi che prevedevano offerte alle divinità. Secondo altri studiosi la pietra votiva rientra nella tipologia delle “macine comuni”, che avevano un ruolo centrale in rituali socialmente e religiosamente importanti, durante le quali, probabilmente in occasione di scadenze significative legate alla stagionalità e ai cicli produttivi, si macinavano per sfregamento quantità di cereali.

La faccia superiore, quella dove venivano posizionati gli oggetti, presenta una superficie sbozzata da queste undici incavature, realizzate in negativo lungo tutta la parte marginale.

 

Il reperto è lungo circa tre metri. Sulla superficie oltre alle coppelle presenta anche altre incisioni particolari: un cerchio da cui partivano delle linee ondulate che si concludevano con dei piccoli buchi.

Ancora oggi non si conoscono la provenienza, l’autore e lo scopo di quest’opera rupestre. Alcuni studiosi ipotizzano che il cerchio e le linee rappresentino il sole. Nelle incisioni, sono state rinvenute delle analogie con i disegni rupestri rinvenuti sopra il paese di Baunei, denominati “Grutt’e Janas”, dove appare l’incisione di un sole semplificato (o sinapsi addirittura) all’entrata di una piccola grotta.

Potrebbe anche trattarsi di un menhir rovesciato con coppelle mammillari ad incavo, simile ad altri ritrovati in altre zone della Sardegna (ad esempio il menhir di Genna Prunas a Guspini o le rocce con incavi nell’altare di Santo Stefano a Oschiri).

Sempre durante i lavori del 1955 all’interno della chiesa, nei pressi dell’altare maggiore, fu rinvenuto un piccolo reliquiario d’argento (quattro centimetri per quattro, a forma di cuore). Il reliquiario, cavo e internamente dorato aveva all’interno delle reliquie di un personaggio ancora oggi ignoto e presenta esternamente una scritta in arabo. La scritta in arabo in un reliquiario cristiano non deve destare meraviglia, poiché il rito cristiano in lingua araba fu praticato nella penisola iberica, durante i lunghi secoli della “Reconquista”, dai cristiani che si erano arabizzati accettando leggi, costumi e lingua dei conquistatori.

Exit mobile version