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Monumenti sardi: le grotte di Is Zuddas, meraviglia del Sulcis

Monumenti sardi: le grotte di Is Zuddas, meraviglia del Sulcis.

Le grotte di Is Zuddas sono tra le cavità naturali più belle della Sardegna. Ricca di concrezioni rare e preziose, rappresentano un vero e proprio monumento naturale, un paesaggio fiabesco nel cuore del monte Meana, ammirato ogni anno da migliaia di turisti.

Situate nella parte sud-occidentale della Sardegna, nel territorio di Santadi, costituiscono uno splendido scenario sotterraneo creato dall’incessante azione dell’acqua.

Il rilievo del Monte Meana nel quale si sviluppa la cavità è costituito da rocce dolomitiche risalenti a circa 530 milioni di anni. Come riporta il sito ufficiale delle grotte, la cavità, ancora in attività, consta di diverse sale ognuna delle quali si differenzia per la particolarità delle concrezioni. Negli anni ‘60 la grotta venne utilizzata come cava di marmo, poi nel 1971 grazie all’intervento dei ragazzi dello Speleo Club Santadese si provvide alla chiusura ed al controllo della cavità. La grotta ha una temperatura costante di 16 gradi e l’umidità vicina al 100%.

Lungo il percorso turistico che si sviluppa per circa 500 m si possono ammirare stupende e talvolta imponenti concrezioni: dalle stalattiti alle stalagmiti, passando per le colate e le cannule fino alle rare eccentriche di aragonite. Queste ultime rappresentano la caratteristica principale delle grotte. Le aragoniti si presentano sotto due forme distinte: le aragoniti aciculari, che appaiono come grossi ciuffi di cristalli simili ad aghi, chiamate anche dagli speleologi “fiori di grotta”; e le spettacolari Aragoniti eccentriche (la cui elevatissima concentrazione in un’unica sala rende le grotte Is Zuddas uniche al mondo): formazioni filiformi che sviluppandosi in ogni direzione senza essere influenzate dalla gravità assumono spesso delle forme bizzarre. Nella grandiosa sala dell’Organo ogni anno per la ricorrenza del Santo Natale viene allestito un grande Presepe, reso ancora più suggestivo dalle sculture.

L’ingresso della grotta è rappresentato da un tunnel artificiale ricavato da un cavatore, che negli anni sessanta estraeva alabastro calcareo dall’interno della cavità.
Percorsi pochi metri dall’ingresso si possono osservare sul soffitto i resti del Prolagus Sardus, un antichissimo roditore delle dimensioni di una piccola lepre, rinvenuto solamente in Sardegna e Corsica, estinto circa 400 anni fa.
Si arriva così alla prima sala della grotta, dove maggiormente si notano i danni causati dagli esplosivi di cui si faceva uso per l’estrazione del marmo. In origine la sala doveva avere un aspetto magnifico, ancora oggi si possono ammirare stupende concrezioni, stalattiti, stalagmiti e lo stesso pavimento è costituito da un’unica grande colata sulla quale è stata ricavata una scalinata al termine della quale si trova una colata stalattitica dalle sembianze di una “Medusa”.


In alto a destra a circa 15 m. è situato l’ingresso naturale, una piccola apertura disposta in verticale e oggi murata per sicurezza. La presenza di pietrame alla base dell’apertura, testimonia la curiosità delle genti locali. La grotta prosegue sul lato sinistro e dopo una decina di metri si arriva in una sala di medie dimensioni, le grosse lame di roccia che pendono dalla volta testimoniano in modo evidente l’azione erosiva delle acque sotterranee. Sulla volta è possibile notare brevi tunnel di condotte a pressione. La sala si presenta quasi priva di concrezioni e si notano accumuli di argille. All’uscita della sala e prima dell’imbocco di un condotto naturale si sviluppa una frattura di circa 20 m. di altezza che costituisce il passaggio scoperto dagli speleologi nel 1971. Percorrendo il condotto , lungo circa 30 metri (ostruito sino alla fine degli anni 60 da depositi di argilla trasportati dall’acqua) si accede alla grandiosa “Sala dell’Organo”.
Il nome di questa sala è dovuto a una colonna stalatto-stalagmitica che ricorda un vecchio organo a canne. Ai piedi della colonna vi sono delle formazioni di tipo coralloide, formatesi per eccesso di carbonato di calcio nell’acqua ristagnante, mentre alla sua destra è possibile notare formazioni di crollo e cedimenti dovuti con tutta probabilità al manifestarsi di forme di vulcanismo recente(Quaternario).
Nella sala, oltre alle formazioni di stalattiti, stalagmiti e colate, vi sono delle formazioni tubolari (stalattiti dalla forma allungata con sezione circolare costante e vuote all’interno). Chiamate in gergo speleologicospaghetti. Lungo le pareti si possono ammirare da distanza ravvicinata formazioni di aragoniti (aciculari o aghiformi) come dei piccolissimi aghi dal colore variabile, dal bianco più puro al grigio chiaro.
Sulla sinistra della sala dopo alcuni metri ci troviamo di fronte alla colata più alta della grotta con i suoi 60 metri circa di altezza.
Attraverso un breve tunnel raggiungiamo l’imponente “Sala del Teatro”. E’ proprio in questa sala (scoperta dagli speleologi nel 1971) che ha avuto inizio l’esplorazione della grotta, della sala, colpiscono l’occhio attento dell’osservatore non solo le dimensioni, ma la sua estrema bellezza. Abbondano le stalagmiti formatesi sopra un enorme frana, le colate in continua formazione dai colori variabili e sul lato destro si trovano alcune concrezioni a vaschetta di discrete dimensioni.


Sul lato sinistro della sala si dirama un cunicolo a pozzo che dopo circa 20 m. raggiunge l’unico ambiente dove è presente l’acqua di falda.
Riattraversata la “Sala dell’Organo” si prosegue lungo una diramazione che conduce, sicuramente, verso una delle parti più belle dell’intera grotta. Infatti attraverso un corridoio con le pareti completamente ricoperte da cristalli di aragonite, e il pavimento, costituito dal letto di un antico fiume, si giunge nella “Sala delle Eccentriche”. Certamente non bastano le parole per descrivere la bellezza del luogo. In un ambiente quasi fiabesco si osservano le concrezioni di aragonite eccentriche sia sulla volta che sulle pareti. Queste formazioni si sviluppano in ogni direzione senza essere influenzate dalla forza di gravità, la cui genesi è ancora oggi sconosciuta e che rendono le grotte Is Zuddas uniche al mondo per la loro concentrazione in un’unica sala.

 

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