La guerra dell’Europa dell’est, il Vecchio Continente in uno stato di angoscia e paura: vittime e danni incalcolabili. E in Italia il ricordo storico va alla tragica spedizione del corpo militare italiano nella campagna di Russia, durante la Seconda guerra mondiale. Mai dimenticata – si spera – la memoria dei nostri nonni.
A tenerla in vita ci pensa anche un ricco patrimonio memorialistico, messo insieme dal medico scrittore bittese Giuliano Chirra in “Mortos e Ispèrditos in sa Russia”, frutto di un quarantennale lavoro di ricerca. Un’opera preziosa che dà volto e nome agli oltre mille sardi caduti nelle fredde terre ucraine e russe.
“Noi eravamo convinti e illusi di questi ultimi 80 anni di pace. Ma la guerra è in Europa, c’erano già i segnali e possiamo vedere la storia come attraversata da cicli”, spiega Chirra. Poi la memoria alla tragica missione italiana, voluta da Benito Mussolini nel ’41- ’42, nella zona dei grandi fiumi Dnepr e Dnestr, nonché nel bacino minerario del Donec. “Si deve inoltre fare riferimento alla ferrovia tra la città di Stalino e Dnepropetrovsk, difesa da un battaglione di 1200 uomini guidati dal generale Musinu nel 1942, su ordine degli alleati tedeschi”.
Una pagina di eroismo dei nostri soldati, italiani e sardi, mandati a morire da un regime guerrafondaio. “Nessuno dei nostri voleva andarci. Molti, giovanissimi, non immaginavano certamente la tragedia che in quei territori si sarebbe consumata. Da parte di molti ufficiali inoltre non c’era timore, sebbene questi ultimi sapevano che non sarebbe stata una passeggiata”.
290mila uomini partirono per la campagna di Russia, voluta da Benito Mussolini per sostenere l’alleato germanico. “Ne rimasero circa 80mila. Circa il 30% delle perdite. Gli ucraini poi apparivano un popolo diviso, in parte legato all’Urss e in parte invece fieramente nazionalistico”.
Un dramma non solo per i soldati, ma anche per i civili, molti dei quali vittime di barbarie naziste e in generale di una guerra voluta dalla politica. “In generale, noi italiani in questa campagna di Russia non ci facevamo proprio niente, se consideriamo le motivazioni degli altri Paesi scesi in campo. Tedeschi certamente feroci, anche contro la popolazione, ma molto più temibili erano i finlandesi”.
A guerra finita, il lungo periodo di pace, interrotto oggi dai recenti eventi bellici che tengono in grande apprensione tutta l’Europa. “In questi ottant’anni noi abbiamo creduto in una pace che non c’è mai stata. La nostra cultura di abbondanza e benessere ci ha fatto perdere i nostri fari morali. L’Europa ha perso la sua identità e oggi si trova in una situazione di difesa, priva di peso politico e militare. Le nuove generazioni non hanno più minimamente il senso di difesa della patria con le armi”.
“Che cosa ci potremmo aspettare in futuro? Domani la guerra potrebbe essere cibernetica e noi ci dovremmo già sentire perdenti. Sarebbe necessario magari migliorare la vita nazionale e militare. L’Europa dovrebbe imparare, con le future generazioni, a diventare rispettabile”.