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Ilaria Muggianu Scano, 20 anni di studi su Grazia Deledda: “Lei per la Sardegna come Gauguin per Tahiti”

Ilaria Muggianu Scano insegnante originaria di Nuoro ma felicemente cagliaritana d’elezione, è una deleddista da circa vent’anni ad onta della giovane età. Oggi studiata in tutto il mondo, da Parigi a Manhattan, Muggianu Scano, saggista, giornalista, autrice teatrale e televisiva, parte da una formazione composita e cosmopolita, dagli studi ingegneristici alla laurea in Filosofia da quelli Teologici a quelli in Sociologia e Semiotica. Oggi, durante il 150esimo anniversario della nascita di Grazia Deledda è impegnata in un’intensa attività convegnistica, editoriale e divulgativa sul Nobel sardo, ma cosa rimane ancora da dire dopo un secolo e mezzo della più celebre sarda al mondo?

Lei, deleddista, insegna al Liceo De Sanctis – Deledda di Cagliari, come vive questo curioso lancio a dadi del destino?

Non sono un animo fatalista, ma devo ammettere che mi diverte la simpatica combinazione della sorte che per me non è certo di segno neutro. Chiaramente vivo il duplice impegno con grande responsabilità e sono davvero grata alla dirigente scolastica Maria Rosaria De Rosaria, che con grande sensibilità culturale ha assecondato le mie proposte per l’intero anno di celebrazioni deleddiane, un ambizioso progetto che mira a coinvolgere i maggiori attori della scena deleddiana internazionale e permettere loro di interagire con i ragazzi dei diversi indirizzi dell’istituto Biotecnologico, Linguistico, delle Scienze Umane e il giovane indirizzo Ambientale. I ragazzi stanno, inoltre, preparando un’opera editoriale a tema deleddiano, che sostanzierà la preparazione ricevuta dai docenti, un lavoro assolutamente impegnativo che non mancherà di dare grande gratificazione alla vigilia del loro ingresso nel mondo universitario e lavorativo. Sarà un importante intervento sul territorio che vuole significare l’ostinazione con cui cerchiamo di costruire in grande ad onta della pandemia, e vogliamo farlo partendo da cultura e istruzione. La Scuola è anche trasmettere ai ragazzi la tenacia del coraggio e non una serie di speranze vaghe e sentimentali verso il futuro, bensì l’attitudine al progetto nonostante gli ostacoli.

È una bella sfida portare Grazia Deledda nel mondo dell’istruzione superiore, probabilmente l’universo dell’insegnamento è l’unico mai solcato dal Premio Nobel.

Al contrario, ritengo che partire dalle scuole sia essenziale per una formazione capillare circa la figura. Per anni si è ingenuamente atteso dall’alto dei circuiti politici un intervento di inserimento nelle linee guida, gli ex programmi ministeriali scolastici, così non è: occorre, in realtà, creare un costante dibattito dal basso, attraverso un sistema sinergico di media, istruzione e divulgazione in senso lato, che dia continuo impulso alle peculiarità di una figura capitale della cultura europea. Non è del tutto vero che Grazia sia rimasta avulsa dal sacro fuoco dell’insegnamento, la sua formidabile preparazione da autodidatta le permise di impartire lezioni alle fasce disagiate dell’Agro Pontino, a inizio ‘900, con risultati notevoli.

Come si può appassionare i giovani allo studio di Grazia Deledda? Cosa ancora non si è raccontato?

Intanto è sempre bene analizzare l’interlocutore che si ha davanti. Io ho trascorso gli ultimi anni a tradurre, letteralmente, biografia e opere deleddiane alla Generazione Z. Gen Z e Millennials sono coloro a cui possiamo ascrivere una rifondazione del linguaggio. Aperti e accoglienti verso forestierismi di ogni matrice ed etnia, hanno dato vita a una lingua pulsante. È qui che si incontrano con Deledda. Il loro linguaggio riflette e riesce ad esprimere la società in cui viviamo, a plasmarla. Il loro neo linguaggio è un contenitore dall’enorme capacità, nel quale è contenuta ogni categoria culturale, politica e sociale del passato, l’universo deleddiano non fa eccezione, con buona pace dei puristi.

Insomma, è possibile raccontare Grazia Deledda al di là delle trite e ritrite nozioni biografiche di anti femminismo, conflitto con Pirandello e ambiguità politica in riferimento a Mussolini?

Io credo che qualsiasi deleddista degno di questo nome sia ormai logorato dal sistema narrativo delle solite ucronie da click baiting. È vero, ogni volta che si fa cenno alle donne che hanno sempre messo il grasso ai pioli dei progetti di Deledda, all’incurabile sindrome di Procuste di Pirandello e all’ostilità verso il duce definita tiepidamente “afascismo”, che consistette per lungo tempo nella Caporetto intellettuale di Deledda, le visualizzazioni hanno un’impennata strepitosa, ma alla lunga la mancanza di guizzi nella ricerca è un’arma esiziale per la ricerca, e se rimaniamo in tema scolastico e universitario è un modo certo di spegnere nei giovanissimi un qualsiasi interesse intellettuale. La retorica è sempre destinata a fallire. Il duro lavoro di ricerca allunga la strada, è vero, ma ogni conquista ha un soddisfacente sapore di eterno, di mutamento. Se poi si vuole proprio fare sensazionalismo con indiscrezioni biografiche è sufficiente costellare la ricerca di curiosità, come il fatto che Grazia Deledda fosse un’appassionata tifosa della Lazio, persino tesserata!

Per tornare al discorso del territorio, qual è oggi il rapporto dei sardi con Grazia Deledda? Pensa ci sia stata una pacificazione definitiva?

Credo che i sardi, a differenza dei coevi di Deledda, siano perfettamente consapevoli che Grazia abbia fatto per la Sardegna quel che Gauguin fece per Tahiti. Pian piano i sardi stanno guarendo da quella che in antropologia è definita “Sindrome rancorosa del beneficato” e ritengo che il merito sia da attribuire ad interventi mirabili, di macro cultura intergenerazionale, come quelli agiti dai cattedratici Dino Manca e Duilio Caocci, espressione accademica rispettivamente degli atenei Sassarese e Cagliaritano, che con l’ISRE hanno inteso deprovincializzare la figura deleddiana, ripulirla da ermeneutiche distorsive, rinunciare all’obsoleta unificazione metodologica, in un’operazione di equilibrismo divulgativo che va ben al di là del proposito celebrativo di quest’anno, o di una promozione territoriale, ma sono riusciti a creare un filo dialogico tra primogeniture di deleddisti che hanno sfidato l’indifferenza accademica nei confronti di Deledda e gli studiosi di nuova generazione. Penso poi al vasto lavoro di Anthony Muroni che sta portando Grazia Deledda nel mondo, rendendola un’icona pop e salvaguardandone la peculiarità glocal.

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