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Accadde oggi. 10 giugno 1924: i fascisti rapiscono e uccidono il deputato Giacomo Matteotti

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Il 10 giugno 1924 gli squadristi fascisti rapirono e uccisero il deputato socialista Giacomo Matteotti.

Fu un’esecuzione in piena regola come rappresaglia della dura battaglia parlamentare intrapresa dal segretario dell’allora Partito Socialista Unitario per contestare la deriva autoritaria assunta dal governo guidato da Mussolini.

Il 30 maggio Matteotti si rese protagonista di un discorso durissimo in Aula, in cui denunciava i brogli delle elezioni tenutesi il 6 aprile dello stesso anno. «Io, il mio discorso l’ho fatto. Ora voi preparate il discorso funebre per me», così si concluse il suo discorso.

Il 10 giugno il deputato socialista avrebbe dovuto tenere un altro discorso in Parlamento, ma a Montecitorio non ci arrivò mai. Lungo il tragitto fu intercettato da 5 membri della nascente Polizia Politica fascista, Amerigo Dumini, Albino Volpi, Giuseppe Viola, Augusto Malacria e Amleto Poveromo. I cinque lo aggredirono e dopo una sua prima reazione lo stordirono con un pugno al volto. A bordo della Lancia Kappa sulla quale lo fecero salire Matteotti reagì al rapimento. Dopo una rissa furibonda Giuseppe Viola estrasse un coltello e lo conficcò nel torace del deputato provocandone la morte dopo diverse ore di agonia. Poi si disfarono del corpo.

Il 12 giugno, dopo una giornata di aspre polemiche politiche Mussolini pronunciò un discorso in Parlamento in cui ammise la possibilità che Matteotti fosse stato ucciso: «Credo che la Camera sia ansiosa di avere notizie sulla sorte dell’onorevole Matteotti, scomparso improvvisamente nel pomeriggio di martedì scorso in circostanze di tempo e di luogo non ancora ben precisate, ma comunque tali da legittimare l’ipotesi di un delitto, che, se compiuto, non potrebbe non suscitare lo sdegno e la commozione del governo e del parlamento».

Il 26 giugno i parlamentari dell’opposizione si resero protagonisti della protesta dell’Aventino, dal nome della sala in cui si riunirono disertando i lavori della Camera.

Il corpo di Matteotti fu ritrovato solo ad agosto. Nel frattempo il governo, approfittando dell’assenza dell’opposizione fece approvare leggi di restrizione della libertà di parola e di stampa.

Nel gennaio del 1925 il celebre discorso in cui Mussolini si assunse la responsabilità di quanto accaduto: «Ma poi, o signori, quali farfalle andiamo a cercare sotto l’arco di Tito? Ebbene, dichiaro qui, al cospetto di questa Assemblea e al cospetto di tutto il popolo italiano, che io assumo, io solo, la responsabilità politica, morale, storica di tutto quanto è avvenuto. Se le frasi più o meno storpiate bastano per impiccare un uomo, fuori il palo e fuori la corda! Se il fascismo non è stato che olio di ricino e manganello, e non invece una passione superba della migliore gioventù italiana, a me la colpa! Se il fascismo è stato un’associazione a delinquere, io sono il capo di questa associazione a delinquere! Se tutte le violenze sono state il risultato di un determinato clima storico, politico e morale, ebbene a me la responsabilità di questo, perché questo clima storico, politico e morale io l’ho creato con una propaganda che va dall’intervento ad oggi».

Solo nel 1947, a guerra finita e con la Repubblica appena nata, Matteotti ebbe un barlume di giustizia. Con la revisione del processo, Dumini, Viola e Poveromo furono condannati all’ergastolo (poi commutato in 30 anni di carcere), Cesare Rossi venne assolto per insufficienza di prove, mentre per gli altri imputati si ravvisò il non luogo a procedere per effetto dell’amnistia Togliatti. Sei anni dopo Dumini ricevette l’amnistia.

 

 

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