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Cagliari, disperazione dalle palestre serrate. La voce di Lino Fanni: «Si resiste ancora un po’, poi è chiusura»

Sardegna in zona arancione e per lo sport sembra essere il colpo del ko.  Nell’ordinanza del presidente Solinas, arrivata quando ancora la Sardegna sembrava vedere confermata la zona bianca, aveva già inferto un colpo pesante alle palestre e alle attività di fitness e sport. Ora, con la retrocessione cromatica dell’Isola, il rinvio della riapertura è ormai infinito. Forse a maggio. Ma per qualcuno potrebbe essere una chiusura definitiva.

Dallo scorso ottobre 2020 va avanti la chiusura ad oltranza di palestre e piscine. E a nulla è valsa quella manifestazione di protesta, di fronte al Palazzo della Regione, di chi, fra istruttori e operatori del settore, non voleva essere considerato “pericoloso” veicolo di contagio da Covid-19. Già, perché tutti gli accorgimenti, come la riduzione della capienza, distanziamento e igienizzazione, erano stati abbondantemente presi a partire dalla prima riapertura dello scorso maggio 2020.

Ma a nulla è servito. Le palestre sono hanno dovuto abbassare le saracinesche e ancora oggi, in un’Isola diventata modello virtuoso nella lotta al terribile virus, continua la serrata.

C’è chi allora ha cercato in qualche modo di organizzarsi, sfruttando la disponibilità degli spazi all’aperto oppure organizzandosi in lezioni individuali. Altri, invece, hanno sofferto la crisi sino a oggi, con la consapevolezza che, forse, anche quando l’ordinanza cambierà, una riapertura potrebbe essere difficile. Se non impossibile.

Poi la zona bianca, ma la chiusura veniva prorogata sino al 6 aprile. Ora, però, con la zona arancione, tutto è rinviato alle “calende greche”, ma per qualcuno ormai potrebbe essere impossibile riaprire.

Dalla via Malta, nel cuore di Cagliari, la voce di Lino Fanni si leva disperata. Da oltre 30 anni è alla gestione della storica Body Sport. Ma da mesi i dischi e i bilancieri sono fermi, mentre i conti continuano a girare. Le spese fisse infatti, come l’affitto e le “banali” utenze, rimangono e a poco a poco si va terribilmente sotto. «I ristori? Troppo pochi e spesso in ritardo. Qui, intanto, ci sono soltanto spese da pagare; come, ad esempio, la semplice bolletta della luce».

Rabbia e disperazione, dunque, per chi, come Fanni, ha trasformato una grande passione in lavoro, e ora si ritrova a fare i conti con uscite fisse ed entrate ridotte all’osso. E per tanti come lui la sensazione sembra essere di totale abbandono. «Continuiamo a resistere ancora un po’ di tempo, ma poi, se la situazione non cambia, inevitabilmente si chiude».

 

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