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Il ruolo fondamentale dei sardi nella Spedizione dei Mille e nelle battaglie per l’Unità d’Italia 

rappresentazione soldati sardi risorgimento

Foto: Nicola Castangia

Quanti di voi sanno che i sardi hanno avuto un ruolo importantissimo nella spedizione garibaldina dei Mille e nelle due prime guerre d’Indipendenza? Ebbene sì, la bandiera dei quattro mori ha sventolato anche in quegli eventi storici del Risorgimento. Sono stati tanti  i militari isolani che hanno indossato la camicia rossa e  quelli che hanno indossato la divisa  delle altre guerre risorgimentali.  Alcuni di loro sono sepolti nel cimitero monumentale di Bonaria. I protagonisti sardi e le loro gesta sono riportate nel libro “A 150 anni dalla Breccia di Porta Pia. Il contributo di Cagliari all’Unità d’Italia”, scritto da Mauro Dadea con foto di Nicola Castangia e fatto realizzare dal Comune di Cagliari in occasione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia. Si può consultare gratuitamente sul sito del Comune. Ma lo si può trovare anche nella versione cartacea nelle biblioteche della città metropolitana e nelle scuole.

Nel 1847 Cagliari fu capofila nelle rivolte popolari, scoppiate contemporaneamente in tutta Italia, per chiedere ai sovrani di mettersi d’accordo per unire il Paese e soprattutto per cacciare gli austriaci dal Veneto e dalla Lombardia.  Il re Carlo Alberto dichiarò guerra all’Austria nel marzo 1848. E ad opporsi fino all’ultimo al ritorno degli austriaci, disobbedendo agli ordini di ritirarsi segretamente, fu la compagnia comandata dal capitano sardo Tommaso Castelli Diana. Quest’ultimo morì insieme ai suoi ragazzi durante un presidio a Porta Romana, proprio di fronte al nemico che sopraggiungeva in forze. I cadaveri si accumularono  uno sopra l’altro formando una vera e propria piramide umana, in cima alla quale c’era proprio il comandante sardo.

Per presentare al re la proposta di unità fu formata una “Deputazione stamentaria” (gli Stamenti erano l’antico parlamento della Sardegna), della quale tra gli altri fece parte Fortunato Cossu Baylle, morto nel 1879 e sepolto a Bonaria. I nomi dei sardi caduti in battaglia nel Risorgimento sono incisi nel monumento a loro dedicato in piazza Martiri a Cagliari. I sopravvissuti  formarono, a Cagliari,  la Società dei Reduci delle Patrie Battaglie, e si quotarono per costruirsi, nel cimitero di Bonaria, una grande tomba comune. In questo mausoleo ci sono le loro tombe, oltre 150. Tra questi c’è quella del maggiore Carlo Pellegrini, ferito mentre cercava di difendere la giovane Repubblica Romana dall’assalto dei francesi venuti per restituire il regno al papa. Lui sopravvisse ma così non avvenne a Goffredo Mameli.

Ma ci furono anche protagonisti non sardi che però vissero nell’isola. Come Adolfo Mazzinghi, livornese ma cagliaritano d’adozione (si trasferì nel capoluogo sardo). Fu portabandiera del 40° reggimento fanteria del Regio esercito italiano che, agli ordini del generale Raffaele Cadorna, irruppe nella Breccia di Porta Pia, rovesciando il millenario governo pontificio e riconsegnando Roma all’Italia come capitale. Morto a Cagliari nel 1893, Mazzinghi fu sepolto nel Cimitero di Bonaria. Ed  Enrico Serpieri , riminese, che una volta ristabilito il governo pontificio andò in esilio in Sardegna. Successivamente presidente della Camera di Commercio di Cagliari. Finanziò le spedizioni di Garibaldi e i suoi figli Cimbro e Attilio indossarono la camicia rossa dei volontari. Anche loro sono sepolti a  Bonaria. A finanziare Garibaldi fu anche il tenore cagliaritano Mario De Candia.  A Bonaria sono molte le tombe di ex garibaldini, ma particolarmente importante è quella del cagliaritano Stefano Efisio Gramignano, che partecipò alla Spedizione dei Mille. Gramignano era macchinista del “Lombardo”, uno dei due piroscafi che  trasportò le mille camicie rosse fino a Marsala: sbarcò con tutti gli altri, vincendo contro l’esercito borbonico fino alla conquista di Napoli e alla battaglia del Volturno, che segnò la definitiva sconfitta del nemico.

Un altro cagliaritano, il capitano Antioco Sitzia, comandava l’altro dei due battelli a vapore serviti per l’impresa. Già nel 1857 aveva trasportato la prima spedizione di volontari garibaldini per spodestare i borboni. Il tentativo fallì e lui finì in carcere a Salerno. Scampò alla condanna a morte ma per tutta la vita ha avuto le cicatrici delle catene con cui era stato tenuto legato. Anche lui è sepolto a Bonaria.

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