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Il vasto territorio archeologico di Bonorva e la fonte nuragica di Su Lumarzu

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Siamo nel Meilogu, sub regione del Logudoro, tra l’altopiano di Campeda e la piana di Santa Lucia: un territorio che ha mantenuto nei millenni la sua tradizione agro-pastorale (il poleonimo Bonorva deriva dallatino “Bonus Orbis”, “buona terra”), ricco di importanti siti archeologici. Tra questi anche la fonte nuragica di Su Lumarzu, a Rebeccu.

Che si arrivi dal Goceano, e quindi da Foresta Burgos, oppure dalla Carlo Felice, Bonorva e il suo territorio appariranno in tutto il loro splendore, in qualsiasi stagione si viaggi. Il giallo dei campi in estate e autunno, il verde della primavera e dell’inverno di una campagna rigogliosa, dove i Sardi della preistoria diedero vita alle manifestazioni materiali più belle nell’Isola in quel periodo finale dell’età della pietra.

La fonte del villaggio Rebeccu nel territorio di Bonorva.

 

Siamo nel Meilogu, sub regione del Logudoro, tra l’altopiano di Campeda e la piana di Santa Lucia: un territorio che ha mantenuto nei millenni la sua tradizione agro-pastorale, ricco di importanti siti archeologici. A circa 7 km
dall’abitato, in direzione Bono, si trova la necropoli ipogeica di Sant’Andrea Priu. Si tratta di una ventina di domus de janas, scavate durante il Neolitico in un costone di roccia trachitica e riutilizzate in varie fasi sino al periodo medievale. Molte di queste tombe presentano elementi architettonici scolpiti nella roccia: pilastri, riproduzioni del tetto, finestre, porte. Elementi della casa portati nella tomba: anche durante l’età della pietra i sardi credevano in una vita ultraterrena.

 

Una di queste domus, la tomba VI, nota anche come Tomba del Capo, è stata riutilizzata per il culto cristiano, in due
momenti cronologicamente distinti (tra il IV e il VI secolo dopo Cristo e nei secoli successivi). La tomba è costituita da 18 ambienti, che presentano nelle pareti decorazioni e dipinti della vita di Gesù, della Madonna e dei Santi.

Non lontano dalla necropoli si trova il villaggio di Rebeccu, borgo medievale semi abbandonato, che mantiene, con i suoi edifici addossati tra loro nelle viuzze, l’antica struttura urbanistica. Poco fuori dall’abitato merita una visita la fonte nuragica di Su Lumarzu, ben conservata, chiusa quasi interamente da una cupoletta in pietra del diametro di 97 cm, nella quale, alla base, si apre una finestrella di circa 50 cm per il prelievo dell’acqua.

La presenza di sedili e altri elementi posti ai lati della fonte fanno supporre che in antichità il sito fosse luogo di
cerimonie sacre e di prove di ordalia. In età cristiana la fontana fu purificata mediante l’incisione di una croce latina sulla lastra di chiusura del thòlos.

La fonte nuragica di Su Lumarzu.

Il monumento è costituito da un atrio e da una celletta dove si raccoglie l’acqua sorgiva. L’atrio, lastricato, di pianta
rettangolare (m 5,15 x 1,80), presenta sedili alle pareti (alt. m 0,30. larghezza m 0,40) e una nicchietta. La muratura (altezza m 2.larghezza m 3) è costituita da regolari filari di conci di basalto squadrati con grande cura.

Bonorva, piana di Santa Lucia.

Dall’atrio, attraverso un ingresso a luce trapezoidale (larghezza m 0,65. altezza m 0,64) ricavato in un lastrone monolitico si accede alla celletta. Il piccolo vano (diametro m 0,97. altezza m 1,60), costruito con blocchi di basalto lavorati sommariamente ma connessi con cura, presenta copertura chiusa da un grosso lastrone orizzontale. In età cristiana sulla faccia inferiore della lastra di chiusura venne incisa una croce latina. L’acqua defluisce attraverso una canaletta verso un condotto di scolo realizzato al di sotto della pavimentazione.

La frequentazione del sito è proseguita fino alla tarda antichità, come dimostrano le monete del IV sec. d.C. ritrovate dall’archeologo Taramelli durante la pulizia del vestibolo.

 

Come detto la fonte si trova a Rebeccu, che è l’unica frazione del comune di Bonorva, in provincia di Sassari, da cui dista circa sei chilometri. Il centro si trova a un’altezza di 408 m e da questa posizione domina la piana di Santa Lucia.

In epoca giudicale Rebeccu era un importante centro del Meilogu. Feudo del Regno di Arborea compare per la prima volta in documenti del 1300 in cui figurava come capoluogo della curatoria di Costa de Addes (o Costavalle) e sede residenziale del Curatore. Con i suoi 400 abitanti era il centro più importante e popolato della zona e da Rebeccu dipendevano le ville di Bonorva e Semestene e il villaggio di Trequiddo.

 

Nel 1353 Rebeccu fu invaso e incendiato da Rambaldo de Corbera, che era in guerra con Mariano IV d’Arborea. Il 14 gennaio 1388, nel piazzale antistante la chiesa di Santa Maria (oggi Santa Giulia), si radunarono i rappresentanti della curatoria di Costa de Addes per approvare il trattato di pace fra il re Giovanni I d’Aragona e la giudicessa Eleonora d’Arborea (Ultima Pax Sardiniae, firmata a Cagliari il 24 gennaio 1388).

 

A partire dal ‘400, a causa probabilmente di pestilenze e carestie, inizia la decadenza dell’abitato di Rebeccu: un censimento del 1485 indica un numero di abitanti tra i 280 e i 350 con 70 fuochi censiti, calati a 228 e 57 fuochi nel 1589. Nel ‘600 si contavano 27 famiglie (39 maschi e 41 femmine); centocinquanta abitanti a fine ‘800, sei famiglie negli anni cinquanta ed un solo abitante residente dal gennaio 2007.

Rebeccu divenne frazione di Bonorva il 31 dicembre del 1875. Adesso il villaggio è quasi disabitato ma spesso si anima, molti abitanti di Bonorva ( e non solo) hanno lì infatti una seconda casa e sino a qualche anno fa era anche molto frequentato un ristorante di fama regionale.

Rebeccu e la fonte di Su Lumarzu fanno capo al territorio di Bonorva.

Il comune di Bonorva si trova nella regione storica del Logudoro e nella sub-regione del Meilogu, a circa 156 km a nord di Cagliari e a circa 47 km a sud-est di Sassari. Nel suo territorio si trova l’altopiano di Campeda.

Il territorio bonorvese presenta un profilo geometrico irregolare con variazioni altimetriche accentuate, che vanno dai 314 m.s.l.m ai 791 m s.l.m.

Il centro abitato si trova lungo un pendio ripido a 509 m s.l.m., che ha alle sue spalle l’Altopiano di Campeda e ai suoi piedi la fertile piana di Santa Lucia.

Abitata sin dall’età preistorica, divenne un importante centro durante il periodo della civiltà neolitica e nuragica.

Fu poi centro dell’epoca romana, come testimonia la presenza di un’importante via consolare.

Nel medioevo appartenne al giudicato di Torres e fece parte della curatoria di Costaval, della quale era capoluogo Rebeccu, attuale frazione di Bonorva. Nel territorio sorgeva anche un’altra villa, Terchiddo (Trequiddo), che fu completamente abbandonata nel 1665. Nel 1259 venne acquisita dai Malaspina, che regnarono dopo la fine del giudicato. Nel 1347 fu teatro di un combattimento tra i Doria e gli aragonesi guidati da Guglielmo di Cervellon (battaglia di Aidu de Turdu); nonostante la sconfitta gli aragonesi si impadronirono del territorio successivamente. Sotto gli spagnoli il territorio venne nominato contea nel 1630, assegnata ai Ledà – Carillo. La contea venne poi incorporata nel marchesato di Villarios, formato da Bonorva, Rebeccu e Semestene. Con l’abolizione del sistema fudale il paese venne riscattato nel 1839 agli Amat, che successero ai Ledà – Carrillo e che furono gli ultimi feudatari.

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