Il suo punto di riferimento è il mercato di via Quirra. Antonello ha 48 anni, è separato, un’invalidità evidente, ma riconosciuta solo al 65% e quindi non abbastanza da garantirgli almeno una piccola pensione. Niente casa, dorme in macchina, niente lavoro da anni. Quattro figli, il più grande 28 anni, i più piccoli 13. Al mercato ci sono i bagni per ovviare ai problemi legati al vivere in macchina, ci sono le persone per ovviare, almeno apparentemente, alla solitudine. E una persona che gli mette a disposizione il proprio cellulare per le emergenze.
Mentre racconta della sua vita, a pochi metri un giovane di colore si appoggia al muro e parla al telefono: «Loro sì che stanno bene – dice con un tono che non nasconde la rabbia – hanno un tetto, pasti assicurati, sono ben vestiti e si vede che sono in salute, hanno persino il telefono».
Usa un linguaggio colorito, quasi violento, che denota rancore, anche se soffocato perché comunque Antonello è palesemente una persona mite. Dice che alla Caritas non ci va, la sente come un’umiliazione, nel suo modo di vivere questa situazione, pensa che se qualcuno lo riconoscesse e lo riferisse ai suoi figli lui non potrebbe più presentarsi da loro, perché finirebbe sopraffatto dal senso di fallimento.
Vorrebbe un lavoro, racconta di rivolgersi di continuo alle istituzioni locali, ma di non ottenere nessun aiuto. Persino le mascherine che gli consentono di spostarsi, le deve chiedere in regalo. La pandemia ovviamente non facilita le cose, ma Antonello ha altre priorità, per lui il covid è l’ultimo dei problemi. La sua percezione, e ne parla come se fosse una certezza, è che le persone come lui non ricevano aiuti, mentre gli immigrati vengono messi in condizione di vivere dignitosamente.
Antonello non può sapere se davvero quel ragazzo vicino a lui abbia un lavoro, sia clandestino, accetti i pasti della Caritas e abbia davvero un posto dove dormire, lo dà per scontato. E nemmeno noi, del resto lo possiamo sapere, una cosa è certa però: c’è una sottile, silenziosa e per questo pericolosissima, guerra sociale che sta strisciando tra gli strati più in difficoltà della nostra società.
La nostra redazione ha tanti modi per essere contatta. Se qualcuno ha la possibilità di offrire un lavoro ad Antonello, anche solo per qualche giorno, renderebbe la sua condizione meno pesante. Le persone come Antonello non ricevono aiuto, e il motivo non è certo la presenza degli immigrati. Al momento evidentemente le istituzioni non sono in grado di intervenire, attiviamo la rete della solidarietà spontanea, in modo che anche lui possa credere in un mondo migliore e magari smettere di vedere altre persone in difficoltà come dei nemici. Intanto sarebbe bene che le istituzioni cominciassero a farsi carico del problema, prima che diventi apertamente una guerra sociale.