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La lettera: «Ho una frattura scomposta ma prima di 2 settimane a Cagliari niente intervento»

Riceviamo e pubblichiamo la testimonianza di una nostra lettrice che ci racconta in una lettera la sua sfortunata odissea: mamma di tre bimbi, un incidente domestico e si ritrova 38esima in lista d’attesa per l’intervento, morale: 15 giorni di attesa immobilizzata e con dolori lancinanti.

Sono una mamma di tre bimbi, l’ultimo è così piccolo che ancora lo sto allattando. Qualche giorno fa, reduce da un precedente intervento e ancora sottoposta a fisioterapia, a causa della debolezza muscolare, sono caduta procurandomi una frattura scomposta in più punti della gamba.

Trasportata con un ambulanza all’ospedale Brotzu ho dovuto constatare come in questo momento sembra che tutto ruoti intorno ai malati di covid, e che tutte le altre patologie vengano messe in secondo piano. Sono arrivata al pronto soccorso intorno alle 17 e fino all’una del mattino sono dovuta rimanere su una barella nell’ambulanza con dolori lancinanti e con della semplice tachipirina come rimedio.

Dopo che finalmente mi è stata fatta la lastra ed è arrivata la diagnosi, la doccia fredda: la frattura era da operare ma io sarei stata la 38esima in lista d’attesa e quindi avrei dovuto aspettare ricoverata in ospedale due settimane, prima di poter essere sottoposta all’intervento. Come si può chiedere a una madre di 3 bambini di stare lontana da casa due settimane?

Ho deciso di trascorrere a casa il tempo che manca da qui all’operazione. Ovviamente non è la stessa cosa, non ho un letto come quello dell’ospedale, ho il gesso, ma ogni più piccolo movimento mi provoca dolori fortissimi, sto scomoda e adesso i dolori li ho in tutto il corpo.

Ho provato anche negli altri ospedali ma i tempi sono gli stessi dappertutto e la risposta sempre uguale, purtroppo gli ospedali sono pieni, i medici tutti occupati e i tempi sono questi. Fortunatamente ho chi mi aiuta a casa, mi chiedo come avrei fatto se non avessi potuto contare sull’aiuto di nessuno.

Mi chiedo perché, con tutti gli edifici che ci sono in città non si sia deciso di allestire degli spazi separati in cui gestire questa patologia e lasciare che i nostri ospedali continuassero a funzionare normalmente, perché a parte il mio problema, ci sono patologie che non si fermano, malattie che peggiorano, attese interminabili al pronto soccorso e anche se non si rischia la vita, trattare così i malati non è umano.

Lettera firmata

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