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Cagliari, musica spenta e danze finite. La voce del mondo della disco: «Da noi lavorano studenti e padri di famiglia. Come fanno ora?»

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A Cagliari, così come in tutta Italia, si spegne la musica e finiscono le danze nelle discoteche. Il Governo infatti, con l’ultimo provvedimento del 16 agosto, dà ancora una volta lo stop al mondo della notte, a partire da lunedì 17. E il governatore sardo Christian Solinas, con la nuova ordinanza, revoca quella dell’11 agosto che prorogava i balli sino al 7 settembre.  Insomma, in questa tribolata stagione estiva 2020, segnata dalla pandemia da Corona Virus, le discoteche chiudono ancora i battenti, con un comparto lavorativo che rischia di pagare un prezzo veramente alto. Dal capoluogo sardo, allora, gestori e pr alzano la voce, in difesa dei tanti posti di lavoro, presenti dietro le serate di divertimento dei ragazzi, ora a rischio.

Dopo Ferragosto, la musica delle discoteche si spegne di nuovo: «Non siamo interruttori della luce»

Un’estate, quella di quest’anno, da dimenticare per le discoteche sarde. Messe in coda nell’ordine di riapertura delle attività, dopo il lockdown, prima hanno visto il rinvio da giugno a luglio, con l’obbligo di rispettare regole ferree, come il divieto di assembramento e la distanza di due metri. Ora la nuova serrata, dopo la proroga dei giorni, arrivata anch’essa nell’incertezza. A pesare enormemente, però, sono le spese affrontate dai gestori, in primis quella del personale, per tentare di non perdere un’intera stagione, ora vanificate. «Non si può aprire e chiudere un’attività, così come accendi e spegni la luce» il commento di Davide Siddi dell’Opera Beach Arena, bene espresso anche sui social. «Così si perde fiducia in chi ci amministra e si ha paura di fare investimenti».

Niente balli e locali chiusi: «Una mossa maldestra. Gli assembramenti sono altrove»

Colpo subito anche dai cosiddetti “locali assimilati”, ovvero quelli destinati all’intrattenimento. «Questa decisione creerà un grande danno economico» commenta Fabrizio Merella de La Paillote, che evidenzia come i vari assembramenti comunque si creino, soprattutto fra i giovani, anche al di fuori della discoteca. «Tra locali, spiagge, piazze passano ragazzi senza mascherina. Questi veicolano il contagio, così come nei market o alle Poste, visto che ormai si è accalcati. E la discoteca non c’entra niente. Questo è solo un tentativo maldestro del Governo che colpisce tutto un comparto lavorativo che a breve tornerà in crisi».

Un mese fa la riapertura fra rigide regole. Negli ultimi tempi favorevoli vs. contrari

Solamente un mese fa c’era stata la riapertura, dopo il lungo lockdown, nel rispetto di regole rigide. Tra queste, l’obbligo di ballare a distanze di due metri e il divieto di assembramenti. E molti locali si sono allora adeguati, seppur con difficoltà, a controllare ingressi e temperatura corporea, insieme all’igienizzazione delle mani. Ma l’aumento dei casi di positivi, al livello regionale e nazionale, non esclusivamente legati alle serate danzanti, sembrava aver diviso, nei giorni antecedenti al Ferragosto, l’opinione pubblica tra favorevoli e contrari. Sino al provvedimento del Ministero della Salute, nella giornata di domenica. A farne le spese, tuttavia, rischiano di essere i lavoratori del settore e chi ha dovuto investire denaro per poter ripartire, secondo le regole stabilite, e ora si ritrova nuovamente fermo al palo.

Nicola Schintu del Room Club – Foto di repertorio

«Lavoratori senza aiuti. Qui ci sono studenti e padri di famiglia»

«Da noi ci sono lavoratori che stanno aspettando ancora gli aiuti per via della prima chiusura» lamenta Nicola Schintu del Room Club, che non nasconde le gravi difficoltà della stagione. «Noi non vogliamo elemosine, ma ci deve essere proporzione rispetto a quanto perso. Da noi lavorano studenti che si pagano tasse universitarie e affitto con il lavoro in discoteca. E padri di famiglia, o persone comunque avanti con gli anni, che di certo non possono trovarsi un altro lavoro». Per molti locali, inoltre, «difficile, se non impossibile la riconversione. «I tempi sarebbero troppo lunghi. Noi abbiamo investito soldi nella nostra struttura, per cifre che vanno dai tre ai quattrocentomila euro».

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