Site icon cagliari.vistanet.it

Il mistero dei nuraghi e il culto delle acque nei templi a pozzo in Sardegna

nuraghe-losa-abbasanta2

nuraghe-losa-abbasanta2

Chi erano i nuragici? E a che cosa servivano le torri di pietra che ancora a migliaia si possono ammirare in tutta la Sardegna?

Quale era la funzione dei nuraghi? Strutture di difesa, abitazioni, o edifici rappresentativi? E che cosa veniva venerato nei templi a pozzo e nelle fonti sacre? Quale era la ritualità dei nostri antenati sardi?

Lo scopriamo insieme in questo articolo che partendo dalla storia e dalle origini delle nostre tradizioni, si ripromette di far conoscere una volta di più la Sardegna. Per un rilancio in ottica turistica, dopo il lockdown e alla luce anche di quanto sta accadendo in questi ultimi giorni. Partiamo dalle teorie acclarate, per poi arrivare alle ultime interpretazioni degli studiosi. Sulle antiche torri e sui templi e le sorgenti a pozzo. Su questi ultimi le idee degli esperti sono molto più chiare e sicure, alla luce di una logica che si rifà a culti ancestrali, legati ai riti pagani e all’adorazione di elementi terreni e naturali, strettamente legati alla vita preistorica di tutti i giorni.

Per quanto riguarda i nuraghi, svariate teorie sono state presentate da studiosi e non sulla reale funzione di queste strutture: edifici di difesa, abitativi, torri di controllo del territorio. A distanza di decenni, da quando i primi archeologi formularono congetture e interpretazioni, si è arrivati alla conclusione che i nuraghi fossero degli edifici polivalenti. I templi a pozzo e le fonti sacre erano invece legati al culto delle acque e quindi della fertilità.

Svariate teorie sono state presentate da studiosi e non sulla reale funzione di queste strutture: edifici di difesa, abitativi, torri di controllo del territorio. A distanza di decenni, da quando i primi archeologi formularono congetture e interpretazioni, si è arrivati alla conclusione che i nuraghi fossero degli edifici polivalenti. Case fortezza, “palazzi” di rappresentanza, simboli reali della civiltà nuragica.

Iniziarono a comparire dal 2° millennio a.C. e furono utilizzati fino all’invasione romana, per poi essere gradualmente abbandonati (alcuni divennero delle vere e proprie discariche) o riconvertiti. Sono più di settemila nell’Isola ma alcuni studiosi sostengono che fossero almeno il quadruplo.

Il nuraghe ha una forma troncoconica ed è costruito con blocchi di pietra (la radice nur in lingua arcaica mediterranea indica un “mucchio di pietre”) sovrapposti a secco, senza cioè malta o altri collanti per unire tra loro le pietre. Il nuraghe all’interno presenta un’ampia camera circolare dotata di una cupola ad anelli concentrici, su più piani, raggiungibili con scale interne. Alcuni raggiungevano svariate decine di metri di altezza e potevano essere monotorre, oppure articolati in più torri comunicanti, proprio come i castelli medievali. In quest’ultimo caso erano vere e proprie fortezze, perché le torri venivano rifasciate da massicce cortine murarie. Sulla sommità erano presenti dei ballatoi lignei, sopra i quali facevano buona guardia le vedette. Intorno, nel caso dei nuraghi con più torri (polilobati o complessi), venivano edificati i villaggi, fatti di capanne con muro di pietre a secco e tetto di travi di legno e frasche vegetali, proprio come le attuali pinnettas (o cuiles) dei pastori.

La civiltà nuragica si sviluppò in Sardegna lungo un arco cronologico di circa mille anni dando vita a una struttura sociale molto articolata, basata su una classe dirigente fatta di capi guerrieri e sacerdoti e di lavoratori. Una società all’interno della quale svolgeva un ruolo fondamentale la donna.

Diversi nuraghi sono stati scavati e studiati e, resi visitabili, sono uno dei fiori all’occhiello del turismo sardo. Moltissimi altri sono trascurati e poco conosciuti. Potrebbero invece permetterci di sviluppare servizi turistici basati sulla loro unicità.

 Guarda la gallery
 Il mistero dei nuraghi e il culto delle acque nei templi a pozzo in Sardegna 18  

Tra i nuraghi meglio conservati e tutelati Su Nuraxi di Barumini, nominato dal 1997 Patrimonio mondiale dell’Umanità dal Comitato dell’UNESCO. Altre strutture nuragiche degne di nota sono la “reggia” di Santu Antine, a Torralba, il nuraghe Losa, Abbasanta, Arrubiu a Orroli, Palmavera, ad Alghero, e tanti altri, tutti con le proprie tipicità, a partire dal materiale di costruzione, quasi sempre allestito con la pietra del territorio, basalto, granito, calcare, trachite.

Altri edifici tipici della Civiltà Nuragica sono le fonti e i pozzi sacri, strutture religiose realizzati nel Bronzo Recente e Finale, dal XIII secolo a.C., per celebrare riti nei quali la presenza dell’acqua era fondamentale. L’acqua come simbolo di nascita, fertilità rinascita e purificazione. L’elemento femminile religioso che ritorna, proprio come accadeva nella preistoria sarda, dove il binomio sole/toro e luna/terra rappresentavano l’aspetto maschile e quello femminile della spiritualità.

La struttura architettonica dei pozzi e della fonti sacre da semplice diventa nei secoli sempre più elaborata e raffinata. La maestria raggiunta dai nuragici è evidente nel calcolo delle proporzioni e nella tecnica di lavorazione dei conci. Si trattava di un lavoro svolto da scalpellini provetti. Insieme ai templi a megaron testimoniano il profondo senso del sacro durante la Civiltà Nuragica. La forma dell’edificio s’ispira agli stessi principi architettonici dei nuraghi di ultima generazione, quelli a tholos con corridoi e ingressi a ogiva. Intorno a una sorgente viene costruito l’edificio. Nei templi a pozzo il disegno costruttivo è composto da tre parti essenziali: atrio, scalinata coperta da un solaio di architravi digradanti seguendo il procedere dei gradini verso il basso e cupola circolare a tholos composta da filari aggettanti. Nella parte superiore veniva realizzato un edificio a pianta rettangolare coperto con un tetto a doppio spiovente. Intorno al pozzo si nota il temenos, un recinto sacro. Nei muri perimetrali, nelle pareti della scalinata e sul fondo, si deponevano le offerte e gli oggetti di culto, i famosi bronzetti, che tanto raccontano della vita sociale nuragica.

Nelle fonti sacre, non esiste la scalinata e l’acqua sgorga in prossimità del piano di calpestio, è presente comunque un piccolo ambiente architravato delimitato da lastre di pietra lavorate finemente che contengono il pozzetto, a volte dotato di vasca poggiata sul fondo. Questi luoghi erano meta di pellegrinaggio, qui si celebravano infatti cerimonie pubbliche, e talvolta attorno al tempio, venivano costruite altre capanne ed edifici di servizio (taverne, luoghi di assemblea e riposo, botteghe, mercati, spazi per gli spettacoli) che formavano dei veri e propri santuari.
I riti erano legati alla fertilità delle donne, della terra e del bestiame, ai cicli della luna e del sole (e probabilmente anche a quelli degli astri) e alla reale forza generatrice dell’acqua che incideva su coltivazioni, raccolti e aveva, in una economia agro-pastorale, come quella nuragica, una grande importanza per il bestiame e la vita di tutti i giorni, in genere.

Alcuni scrittori di età classica riferiscono come in Sardegna, con le acque di alcune fonti, si praticasse l’ordalia, una sorta di giudizio divino: gli accusati di furto, bagnati con tali acque, se colpevoli divenivano ciechi mentre gli innocenti, al contrario, miglioravano la propria vista.

Tra i pozzi sacri più importanti meritano sicuramente una visita quello di Santa Cristina a Paulilatino, il pozzo sacro di Sa Testa a Olbia, Matzanni a Villacidro, Predio Canopoli a Perfugas, Sant’Anastasia a Sardara e quello del santuario nuragico di Santa Vittoria di Serri.

Tra le fonti sacre, bellissima quella di Su Tempiesu a Orune, Gremanu a Fonni, la fonte sacra di Niedda a Perfugas, quella di Noddule a Nuoro, Rebeccu a Bonorva e Sa Mitza de Nieddinu a Guspini.

 

Ripartiamo dalla Sardegna
Sardegna, capace di abbracciare il mondo

Exit mobile version