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Lo sfogo: “Mio padre, poliziotto orgolese morto per il suo lavoro. Il balente è lui, non Mesina”

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La fuga di Graziano Mesina: da ieri in Sardegna (e non solo) non si parla d’altro. L’ex primula rossa del banditismo sardo, 78 anni, è di nuovo latitante dopo che la Cassazione ha rigettato il ricorso contro la sua carcerazione.

Parlare di Graziano Mesina significa affrontare un discorso complesso, che attraverso la narrazione della figura di uno dei suoi esponenti più celebri e romanzati (su di lui esistono libri e canzoni), finisce per diventare il racconto emblematico di un fenomeno controverso, ma – non bisogna dimenticarlo – criminale: il banditismo sardo.

Tra coloro che rifiutano categoricamente qualsiasi tipo di lettura per così dire “romantica” della parabola di Graziano Mesina c’è il dentista cagliaritano Franco Carta, figlio di un altro orgolese, conosciuto – purtroppo per lui – dalle cronache del passato.

Diego Carta, papà di Franco, morì il 23 luglio 1972, a distanza di due anni da un brutto incidente in moto sulla 131, dove insieme ad un suo collega stava effettuando un inseguimento. I due furono investiti da un cavallo. Il collega morì sul colpo, Carta per le cure subite in due anni di ospedale.

«Morì per la pressione sanguigna che si sollevò e subì un infarto – racconta a Vistanet Franco Carta -. Gli fu riconosciuta la causa di servizio e la medaglia d’oro per meriti di servizio».

A fronte di questo mirabile esempio, di un padre morto per difendere lo Stato indossando l’uniforme, il dentista cagliaritano rifiuta categoricamente ogni tipo di mitizzazione che in queste ore è stata fatta su “Gratzianeddu”: «Mio padre era orgolese – scrive Franco Carta -. Mio padre era un poliziotto. Mio padre è morto in divisa. Mio padre ha avuto la medaglia d’oro per essere morto a causa di servizio inseguendo delinquenti. Ma il mito di Orgosolo è un assassino, un rapitore uno spacciatore di droga. Mio padre era un balente Mesina è un delinquente».

(M.M.)

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