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Lo sapevate? Tutte le fughe e le evasioni di Graziano Mesina

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Il bandito sardo più celebre, oggi 78 anni, ha al suo attivo ben 22 evasioni, di cui 10 perfettamente riuscite. Quest’ultimo allontanamento non è quindi una novità per “Gratzianeddu”.

Le sue fughe ed evasioni hanno contribuito ad alimentare una controversa mitologia, anche perché spesso particolarmente spettacolari e rocambolesche.

La prima avvenne nel 1960, quando l’allora 18enne fu arrestato per aver sparato in un luogo pubblico. In quel frangente Mesina riuscì a forzare la camera di sicurezza di Orgosolo e si allontanò per qualche giorno nelle montagne della zona. Si costituì poco dopo.

Nel 1962 si lanciò da un treno in corsa all’altezza di Macomer mentre lo stavano trasferendo a Sassari per essere processato. Fu catturato poco dopo da alcuni ferrovieri.

Pochi mesi dopo evase dall’ospedale San Francesco di Nuoro dove si trovava per essere curato. Si nascose per tre giorni in un tubo dell’acqua nel quale si era calato. Quella fu la sua prima latitanza “lunga”. Rimase nelle montagne di Orgosolo per tre mesi. Si fece vivo solo per vendicare l’uccisione del fratello Giovanni. Fu arrestato dopo aver ucciso a colpi di mitra Andrea Muscau, il presunto carnefice del fratello.

Nel 1964 cercò di scappare di nuovo, durante un trasferimento, saltando dal bagno di un treno in corsa. Catturato poco dopo dichiarò di essersi costituito per non mettere nei guai il carabiniere che lo stava piantonando. Trasferito prima in Toscana, poi a Viterbo, cercò due volte di fuggire, ma senza successo. Tentò l’evasione anche dal carcere di Spoleto, in Umbria.

Ma la sua “impresa” più celebre avvenne l’11 settembre del 1966, nel carcere San Sebastiano di Sassari. Insieme a un altro detenuto, lo spagnolo Miguel Atienza, che in realtà si chiamava Miguel Alberto Asencio Prados Ponte (ma questo si scoprì molto dopo) scalarono il muro del carcere, alto ben 7 metri, e si lanciarono in strada, nella via Roma di Sassari.

Una fuga che diede il via alla triste stagione dei rapimenti operati dai due fuggitivi. Atienza morì nel 1967 durante un conflitto a fuoco, non prima di aver ucciso due poliziotti. Mesina fu arrestato in seguito, durante un normale posto di blocco, ma fu assolto per la morte dei due agenti.

La fuga più “curiosa” è più recente. Nel 1984 sfruttò un permesso di dodici ore concessogli per far visita al fratello, che abitava in provincia di Vercelli. Mesina non rientrò in carcere, ma raggiunse a Milano una ragazza, Valeria Fusè, con cui aveva iniziato un rapporto epistolare. Sei giorni dopo la “fuga d’amore” i carabinieri fecero irruzione nell’appartamento di Vigevano dove i due si erano rifugiati. Mesina e la sua amante furono arrestati.

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