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Dagli antichi semi di grano sardo e dalla magia dell’intreccio, può nascere il turismo sostenibile

Siamo a un passo da Villasimius, all’interno di un grande terreno dove si snodano ordinati e curatissimi i filari di uno splendido vigneto, le uve della cantina Colline del Vento. Proprio accanto alla vigna sorge un piccolo campo coltivato, non più di 500 metri quadri coperti di spighe dorate che ondeggiano mosse da un leggero venticello del tardo pomeriggio. Sul margine del campo di grano, delle tavolette in legno indicano dei nomi in sardo: “Arrubiu”, “Biancu” “Moru”, “Cossu”, “Murru”.

Si tratta di antiche varietà di grano che un tempo si coltivavano in Sardegna e che l’associazione Semijai di Nuraminis. che si occupa della tutela delle varietà antiche e della loro trasformazione, ha donato a Francesca Sabbagh che con il suo Pepe.bianco ha dato vita a un esperimento unico nel suo genere: produrre cappelli e accessori con la paglia intrecciata. Non una paglia qualunque però, ma una paglia completamente sarda, prodotta sull’Isola e, aspetto del tutto innovativo, l’esperimento sarà condiviso con i turisti e tutti coloro che trovandosi nella zona desiderano cimentarsi nella raccolta del grano e nella lavorazione della paglia.

Francesca Sabbagh, ha una passione: l’intreccio della paglia per creare cappelli e altri accessori. Da anni ha portato avanti una serie di esperimenti per produrre una paglia sarda, coltivata in modo del tutto naturale e sostenibile. La giovane artigiana, determinata a realizzare il suo sogno, sta testando le diverse qualità di grano, per capire quali abbiano le caratteristiche migliori. Dopo aver trovato ospitalità da Mario, il proprietario della cantina Colline del Vento che le ha messo a disposizione il terreno, ha cominciato la semina.

«La produzione del grano e quindi della paglia prevede diverse fasi oltre quelle della semina – spiega Francesca- quando il grano è pronto per essere raccolto si fanno dei mazzetti, si chiamano “manate” perché il mazzetto di spighe sta appunto in una mano, poi si posano orizzontali sul terreno possibilmente senza erba, a stagionare. La fibra deve stare a stagionare per 5 notti, ogni notte si girano le manate nell’altro verso, in modo che prendendo sole di giorno e rugiada di notte, e così la fibra si ammorbidisce. A questo punto il grano è pronto per la terza fase, la sfilatura».

 

«La fase della sfilatura – prosegue Francesca – prevede che si tolga la spiga coi chicchi, poi si spezza lo stelo al primo “nodo” e si sfila la foglia, a quel punto il filo è pronto per essere inumidito. I fili si mettono un po’ a bagno, perché diventino più morbidi, lo stelo della spiga ha una canulina, come si preme si sente la differenza e si capisce quando è sufficientemente morbida e si appiattisce tra le dita. A quel punto è pronta per essere intrecciata. Gli intrecci prevedono un numero di fili sempre dispari, dai 3 per arrivare fino a 21 fili, a seconda dello spessore che si desidera ottenere. Dalla treccia poi realizzano i cappelli e gli altri accessori».

Ad affiancare Francesca Sabbagh in tutto questo, ci sono Antonella, Battistina e Francesca tre sue amiche. Lo spirito sostenibile del progetto si manifesta anche nel fatto che del grano non verrà buttato nulla. Il grano sarà usato per le semine successive o come mangime, le foglie che non vengono utilizzare saranno utili tagliate grossolanamente come pacciame oppure lavorate con più precisione diventeranno piccole pagliette che saranno inglobate nell’intonaco di fango, proprio come si faceva un tempo.

Francesca ha piantato semi di diverse qualità di “Trigu”, il grano in sardo, l’oro antico. Questo è il primo vero raccolto che consentirà di capire quali sono le qualità più adatte per l’intreccio, capire se si stanno commettendo degli errori, e quindi apportare le correzioni necessarie prima di cominciare coltivazioni più estese. Ma l’idea della giovane artigiana non si limita alla produzione di cappelli, Francesca ha avuto l’idea di far diventare questa sua esperienza un’attrazione turistica. Già dall’anno scorso le Colline del Vento propone ai turisti una passeggiata tra i vigneti con degustazione dei vini di produzione. Adesso sarà possibile per i turisti provare anche l’esperienza dell’intreccio. Per prenotarsi si può scrivere a booking@collinedelvento.it, oppure chiamare al numero 3516761870.

Villasimius accoglie ogni stagione migliaia di turisti, perché dunque non proporre di provare tutte le fasi della lavorazione della paglia? Dopo aver raccolto le spighe dunque e averle preparate, ci si potrà accomodare all’ombra di un grande albero e provare a intrecciare i fili, ripetere i gesti antichi con i quali un tempo si producevano i cappelli. «I turisti potranno trascorrere del tempo con le persone del posto, conoscere aspetti poco noti della cultura sarda, sorseggiando del buon vino. In fin dei conti – conclude Francesca- un tempo questo era anche un modo per socializzare, ci si sedeva e si parlava. Sembra una cosa così semplice, eppure diventa sempre più difficile trovare occasioni per fermarsi e stare con gli altri». Certo sarebbe bello se le istituzioni sostenessero queste iniziative, non solo economicamente ma soprattutto nella promozione, perché anche le migliori iniziative senza la giusta pubblicità crescono meno di quanto potrebbero.

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