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27 maggio 1969: i pastori, il poligono e la scintilla che scatenò la rivolta di Pratobello

Il 27 maggio 1969 le autorità affissero alle mura della città di Orgosolo dei manifesti. Si trattava di un divieto, rivolto ai pastori che operavano nel borgo di Pratobello, affinché spostassero altrove i propri capi di bestiame per i due mesi successivi, data la futura installazione nella zona di un poligono di tiro. Un provvedimento “temporaneo”, secondo quanto riportato dagli avvisi della Brigata Trieste, ma che si temeva potesse addirittura divenire permanente.

Il progetto era nell’aria già da aprile, ma nulla di fatto c’era stato prima di quella mattina. Il 9 giugno in 3.500, fra pastori e loro compaesani, diedero il via alla mobilitazione, e il 19 – facendo seguito a quanto deciso durante l’assemblea di piazza Patteri del giorno precedente – iniziò l’occupazione pacifica di Pratobello.

Nessuna reazione venne dall’esercito, e dopo soltanto pochi giorni l’area fu restituita ai suoi pastori. La rivolta di Pratobello è considerata l’inizio della lotta antimilitarista sarda, e segnò anche la prima vittoria in tal senso. Nel contesto della rivolta nacque il fenomeno del muralismo di Orgosolo, ancora oggi elemento caratteristico del paese barbaricino. Una di queste installazioni riporta il pensiero di Emilio Lussu a proposito della mobilitazione, verso la quale espresse una forte solidarietà, accompagnata dal dispiace per uno stato di salute precario che gli impedì di prendervi parte.

 

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