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Franco, autotrasportatore sardo da gennaio non torna a casa: «Mi serve il tampone per rientrare»

Della vicenda di Franco Usai, un autotrasportatore di Sardara di 52 anni, si è fatta carico l’Associazione Progetto Sardara che ha deciso di raccontarla pubblicamente sui social. Franco ha la sede di lavoro a Livorno, ma si sposta per trasportare la merce con i camion per l’azienda per la quale lavora. Abitualmente l’uomo torna a casa ogni 2 settimane circa e si ferma 2 o 3 giorni per stare con la famiglia.

«Non torno in Sardegna dalla fine di gennaio – racconta Franco- perché quando è scoppiata l’epidemia hanno progressivamente chiuso tutto e non sono più riuscito a tornare. Ho chiesto una prima volta l’autorizzazione a tornare in Sardegna, ma non ho ottenuto risposta. Non mangio decentemente da mesi, non ho che il camion perché ristoranti, tavole calde e alberghi sono chiusi. Non ho nemmeno la possibilità di indossare vestiti più leggeri: ho ancora l’abbigliamento dell’inverno e anche volendo non posso comprare nulla di estivo, visto che è tutto chiuso. Ho ripresentato la domanda ieri e questa volta ho ottenuto il consenso, ma non posso comunque tornare».

Le norme per il contenimento della diffusione del Covid-19 infatti prevedono che chi arriva nell’Isola deve osservare 15 giorni di quarantena fiduciaria, ma Franco non può permettersi di trattenersi tanto a lungo: «Anche se adesso ho ottenuto il permesso di rientrare – spiega l’autotrasportatore di Sardara- non posso tornare a casa. Non posso assentarmi da lavoro per un periodo così lungo».

L’unico modo che Franco ha per riabbracciare i suoi 2 figli di 15 e 17 anni è quello di poter essere sottoposto al tampone, per non essere costretto a stare in quarantena e quindi ripartire dopo qualche giorno: «Non si tratta solo del poco tempo che ho a disposizione, ma anche del rischio di contagiare la mia famiglia. Anche se la ditta per cui lavoro mi fornisce tutti i dispositivi io mi sposto anche nelle zone più a rischio ed entro in contatto con decine e decine di persone che provengono anche da altri paesi e io non voglio portare il virus in Sardegna».

«I medici e gli infermieri fanno un lavoro rischioso, ma ci sono anche tante altre categorie di lavoratori che non si sono mai fermati in questo periodo e anzi hanno lavorato di più – sottolinea Anastasia Caddeo dell’Associazione Progetto Sardara – i netturbini, il personale dei supermercati e anche gli autotrasportatori che oltre al rischio, stanno lavorando col disagio di non avere nessun servizio aperto da mesi, quando stanno in giro. Noi stiamo dando supporto ai nostri concittadini con informazioni utili perché ci prendono come punto di riferimento, ma il caso di Franco è particolare, è importante che anche a queste categorie di lavoratori venga concesso di fare il tampone per tornare a casa in sicurezza».

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