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Confesercenti Sardegna: «La sanificazione dell’abbigliamento un obbligo senza prove scientifiche, ucciderà il settore»

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Dalla Confesercenti Sardegna grandissima preoccupazione per il settore dell’abbigliamento. “Ripartire con la fase due per tutti sarà complicato. Ma assolutamente impossibile per i negozi di abbigliamento. L’obbligo da parte del presidente Solinas di sanificare i capi provati dai clienti sarà l’ennesima, se non la definitiva mannaia, che ucciderà il settore.

«Non vi è alcuna prova scientifica a sostegno di questa imposizione, e infatti non ci sono disposizioni da parte del Governo in merito – afferma Gian Battista Piana, direttore Confesercenti Sardegna – questo ulteriore obbligo, arbitrariamente deciso dalla Regione Sardegna, non solo rischia di incidere sui costi di gestione, già abbastanza onerosi per consumatori e imprese, ma anche di rovinare i capi, che risulterebbero invendibili».

La sanificazione, spesso fatta con vapori caldi, trasformerebbe un capo nuovo in usato e tutto ciò senza alcuna prova scientifica sulla necessità di questa azione. Non vi è infatti alcuno studio medico che stabilisca la trasmissibilità del virus attraverso gli indumenti. A riprova del fatto della totale inutilità di questo obbligo “esclusivo” per i negozi al pubblico, il fatto che il commercio online è totalmente escluso nonostante moltissimi siti offrano ormai la possibilità di provare l’abito e, in caso, rispedirlo al mittente, e tutti siano obbligati a recepire le restituzioni di materiale come previsto dal diritto di recesso.

«Un così stringente protocollo penalizzerà quindi solo in negozi fisici, che oltre ad aver perso il fatturato di questi mesi a causa del lockdown, si arriverà a perdere fino al 25% del fatturato in un anno – aggiunge Piana – ciò costringerà molte attività ad abbassare le saracinesche per sempre. Chiediamo al presidente Solinas di fare marcia indietro ed eliminare questo ostacolo prima della ripartenza. Servono regole chiare, ma concordate e condivise il tutta la penisola in modo da garantire un riavvio delle attività senza penalizzazioni».

Le consistenze catastali delle attività commerciali (come dalle tavole riportate in seguito), rivelano come già in Italia dal 2011 al 2019 c’è stato una vera e propria serrata delle attività nei territori. La situazione attuale non fa ben sperare per il 2020. In Sardegna alla fine di quest’anno quasi sicuramente conteremo quanto sarà rimasto delle oltre 3600 consistenze del 2019. Considerato che in Italia si stima la chiusura di almeno 15mila attività, e in Sardegna toccherà più di 600 aziende.

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