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Le paure e le speranze dei commercianti sardi: «Pronti a riaprire, rispetteremo tutte le regole»

«Non abbiamo ancora capito se e in che modo i sardi potranno spostarsi ma il mio dubbio è che forse non avranno voglia di andare al bar. Molte persone – spiega Sandro Mascia titolare del Caffe Barcellona a Cagliari- sono terrorizzate dal contagio, e non saranno così propense ad andare nei locali». Sandro fa il volontario alla Caritas, alla mensa dove il servizio di preparazione dei pasti non si è mai interrotto: «Alla Caritas serviamo i pasti: entrano tre persone alla volta, i tavoli sono organizzati in modo che le persone stiano distanziate, noi volontari siamo attrezzati di Dpi, e come vanno via i primi disinfettiamo tutto, le sedie, il tavolo, affinché per i successivi sia tutto sanificato. Il virus è arrivato a Cagliari più di 2 mesi fa, e qui il servizio mensa non si è mai interrotto eppure non c’è mai stato alcun contagio, segno che se si adottano tutte le misure di sicurezza, le persone possono stare tranquille».

Sandro, quando è cominciato il lockdown, non avendo idea che sarebbe durato tanto a lungo, ne ha approfittato per dare una sistemata al locale, fare qualche lavoro di manutenzione. Poi però di decreto in decreto il suo locale ha continuato a rimanere chiuso. Il suo è un locale dove si servono colazioni la mattina e aperitivi la sera, quindi la consegna a domicilio già sarebbe stata poco remunerativa se poi si aggiunge che avrebbe dovuto pagare qualcuno per fare le consegne va da se che tenere aperto gli avrebbe comportato solo spese. Il titolare del Caffè Barcellona, spiega che per sanificare il locale la prima volta occorre una certificazione da parte di una ditta specializzata che naturalmente va pagata senza contare che la sua dipendente adesso è a casa, ma nonostante la richiesta di cassa integrazione presentata subito, ancora non è arrivato un euro. «Ho già pensato pensato a come gestirò lo spazio esterno eliminando un certo numero di tavoli, so bene come si previene il contagio. Al momento ho finito i soldi, perché sono due mesi che non guadagno nulla, ma non ho intenzione di chiedere prestiti, perché comunque poi dovrei restituirli. Vorrei solo poter riaprire prima possibile – conclude Sandro-  e poter riprendere a lavorare con la passione di sempre».

Matteo ed Elisa Collu sono i titolari di Gusto, una piadineria a un passo da piazza Yenne, anche loro stanno valutando se aprire solo per la produzione da asporto: «La poca chiarezza non aiuta, per ripartire abbiamo bisogno di ordinare le materie prime che ci servono per lavorare – spiega Matteo – ma non si è capito ancora se e come si potrà uscire, o che orari faranno gli uffici pubblici e privati, continuerà lo smartworking? Noi abbiamo tanti clienti specie all’ora di pranzo, che sono i dipendenti degli uffici della zona, ma se loro continueranno a fare orari ridotti o a lavorare da casa non verranno a mangiare qui». La piadineria di Elisa e Matteo ha uno spazio esterno, nel tratto di via Angoy chiuso al traffico, che piace tanto ai turisti: «Si è parlato di giugno per riaprire col servizio ai tavoli, ma all’aperto. Noi già lo facciamo quindi siamo attrezzati, forse però non tutti sanno che l’occupazione del suolo pubblico ha un costo, calcolato in base a una serie di parametri che alla fine incide parecchio sulle spese di gestione, in alcune città i sindaci hanno annunciato che per quest’anno rinunceranno alla tassa, speriamo che lo faccia anche il nostro sindaco. ».

I commercianti sono dunque pronti per ripartire e chiedono a gran voce la riapertura anche se non sarà facile: «Noi siamo pronti a riaprire, non vediamo l’ora di rimetterci al lavoro, ma è necessario valutare bene le regole, come gli orari, si è parlato di chiusura alle 14, ma a Cagliari a giugno si lavora soprattutto la sera, per cena perché fa caldo. In questo periodo dell’anno tra Pasqua, 25 aprile e soprattutto Sant’Efisio, avremmo guadagnato abbastanza da investire nel’imminente stagione turistica. Quest’anno è andata diversamente, e se vero che non è colpa di nessuno, è anche vero che adesso è il momento di prendere decisioni coraggiose che tengano conto di queste esigenze, altrimenti il tessuto economico della Sardegna è seriamente a rischio. È offensivo e irrispettoso considerare i cittadini come un branco di capre che non si sa comportare, le persone che non rispettano le regole ci sono e ci saranno sempre, ma la stragrande maggioranza delle persone è corretta, e lo dimostra il fatto che il lockdown ha dato i suoi risultati. Adesso tutti sanno quali sono le regole e quali i rischi di non rispettarle, e siamo pronti per ricominciare. Nessuno ha voglia di ammalarsi – conclude Elisa- ho cinque figli sono la prima a non voler rischiare, ma la vita, il lavoro devono andare avanti».

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