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I cagliaritani e il Coronavirus: le nostre 5 nuove abitudini in tempo di quarantena

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Nel corso degli anni abbiamo analizzato, con l’ironia del caso, le abitudini di noi cagliaritani: che si trattasse di moda, cibo, attitudini varie, niente è stato lasciato al caso perché si sa, l’abbiamo detto, il cagliaritano è sardo ma lo manifesta in un modo un po’ atipico. E anche in questa situazione d’emergenza lo sta manifestando ampiamente. Ribadiamo che tutto ciò che è stato scritto è da leggersi e considerarsi in maniera del tutto leggera, con ironia e voglia di prendersi un po’ in giro perché, come già detto da qualcuno, solo una sana risata ci salverà.

Insomma, cari cagliaritani, eccoci qui: da quando è iniziata la quarantena da Covid-19 è stato un brulicare di emozioni, manifestazioni (interne e non, all’animo), elucubrazioni e chi più ne ha più ne metta. Fermo restando che ancora non è finita, in attesa della riapertura delle gabbie, sintetizziamo in 5 punti come il cagliaritano medio si è comportato in questo periodo.

Cominciamo con uno dei passatempi più amati dai nostri concittadini: l’aperitivo. Ovviamente da quando bar e ristoranti sono chiusi, non è più possibile trascorrere il tardo pomeriggio a sorseggiare spritz e sbocconcellare patatine e olive in un locale. Ma il cagliaritano non si è mica perso d’animo: tutti i giorni ecco l’immancabile appuntamento, puntuale come il sorgere del sole, ma in versione social. Dite un po’: quante foto avete pubblicato (spesso ritoccate con improbabili filtri) dei vostri bicchieri pieni, taglieri imbanditi di salumelli e formaggi nostrani e, dall’altra parte, quante volte avete sperato che fosse questa la volta buona di veder eliminata dagli usi e dal vocabolario la parola aperitivo?

Questa abitudine non ci abbandona mai. Ammettiamolo: alzi la mano chi ne è stato immune. Faccia il primo passo chi non ha, almeno una volta, scritto sui social o commentato in video chat/aperitivo/incontro il proprio rigurgito d’odio verso quella o quell’altra categoria umana. Possiamo anche stilare una lista: i primi ad essere stati bersagliati sono coloro che si sono rinchiusi in casa subito dopo i casi lombardi (additati immantinente come fifoni), poi l’antipatia si è riversata verso i famigerati runner (i maratoneti nostrani colpevoli di voler muovere gli arti incartapecoriti dalla reclusione), è proseguita verso chi si schiariva l’ugola al balcone tutte le sere alle 18 (qui c’è stata poca carne al fuoco perché gli usignoli si sono estinti da soli) per riversarsi poi nei confronti di chi si recava a far la spesa più volte a settimana e ora, in questo frangente di fremente attesa della famigerata fase 2, la nuvoletta nera che aleggia dentro ognuno di noi a seconda del giorno e dell’umore, vaga alla ricerca di qualche nuovo bersaglio da colpire (tralasciamo i politici di turno perché in un modo o nell’altro loro una colpa ce l’hanno sempre).

C’è chi ha avuto la necessità di mostrare al mondo la sua sapienza culinaria, chi i suoi scatti d’autore, chi le sua abilità da fine oratore, chi si è improvvisata novella Luisa Spagnoli o moderno Yves Saint Lauren impegnati nell’arte della cucitura di colorate e/o improbabili mascherine. Tralasciando i nuovi laureati in virologia, epidemiologia, medicina, infermieristica, giurisprudenza, anche i cagliaritani sul web si sono scatenati creando tutorial, video, gallerie di immagini delle loro attività in tempo di quarantena. Nonostante qualche filosofo e motivatore di troppo, la fantasia e l’inventiva possono solo essere delle ottime armi per sconfiggere noia, ansia e inutili pensieri negativi. E chi lo sa, magari da qualche hobby nato tra le mura domestiche in questi mesi potrà svilupparsi qualcosa di sano, positivo e duraturo.

I cagliaritani si sono scoperti grandi cuochi: di certo la tradizione della cucina casalinga non è uno dei nostri punti forti. La cucina casteddaia è povera e non di certo radicata in noi come in altre zone dell’Isola. Ma stavolta, “costretti” alla comoda reclusione domestica, anche noi ci siamo rimboccati le maniche. Ed ecco un pullulare di dolci, pasta stesa alla perfezione, pizze che esalavano fumi e profumi dalla sola immagine. Che tutto sia avvenuto per necessità, divertimento, tempo da trascorrere in qualche e qualunque modo, uno dei lati positivi di questo periodo è presto svelato: sappiamo cucinare anche noi. La pancetta e le maniglie dell’amore? Per ora passiamo oltre e lasciamo il problema alla fase 2.

Colti dalla magica aura della formazione Borrelli, Locatelli, Brusaferro molti nostri concittadini, precisi come un colletto bianco giapponese, puntuali come un ferroviere svizzero, pochi secondi dopo le 18 sono pronti a cliccare con entusiasmo il tasto “pubblica”. Ed ecco sulle nostre bacheche un brulicare di liste, percentuali, calcoli pitagorici, numeri di Fibonacci arricchiti da emoticon a tema. C’è chi preferisce fornire il dato nudo e crudo ma anche chi si sofferma solo su quelli positivi e chi, dall’altra, sui negativi. Insomma, anche in questo caso, la personalità di ognuno viene messa in piazza. E, dal bollettino all’ideazione del piano d’azione per uscire dall’emergenza virus, è un attimo: numeri alla mano, ecco pronte anche le strategie per il “ritorno alla vita” che Annibale in confronto ci fa da vice. E forse, a dirla tutta, visto il caos che ormai regna sovrano in questa fremente attesa del nostrano new deal, la task force di cervelloni che sta studiando la ripartita (che, ci auguriamo, non si trasformi in dipartita) del Bel Paese, sta aspettando e cercando sui social la soluzione.

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