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I 50 anni dello scudetto del Cagliari, i cavalieri che fecero l’impresa: Ricky Albertosi

Enrico Albertosi Cagliari

Lui è Enrico Albertosi, nato a Pontremoli nel 1939, noto Ricky, arrivato in Sardegna dalla Fiorentina nella stagione 1968/69 per difendere i pali dei rossoblù.

«L’anno prima eravamo secondi, forse non ci abbiamo creduto che potevamo vincere noi il campionato. In quella stagione con la cessione di Boninsegna e l’arrivo di Gori, Poli e Domenghini è cambiato qualcosa nella squadra. Riva aveva molto più spazio, Domenghini era un tornante eccezionale, Nenè correva come un pazzo e Gori faceva lo spazio per gli inserimenti di Riva. Con l’infortunio di Tomasini, Scopigno ha avuto un’invenzione: spostare Cera da centrocampista a libero, così avevamo un giocatore in più a metà campo. Così siamo partiti alla grande: la partita chiave è stata quella a Torino contro la Juventus, la vittoria contro i bianconeri ha facilitato tutto».

Un grande “artista dei pali”, classe e fascino, è considerato tra i portieri più forti del XX secolo, grazie anche all’esperienza al Cagliari dove divenne campione d’Italia stabilendo nell’occasione il record del minor numero di reti subìte in un campionato a 16 squadre: 11 gol al passivo.

«All’inizio non volevo venire a Cagliari, poi mi sono innamorato della città e dei sardi. Il calore della gente e non solo dei tifosi sono il ricordo più bello. Quando un sardo ti dà la sua amicizia è per tutta la vita. Ancora oggi ho degli amici oltre i vecchi compagni e più volte all’anno torno per salutarli e passare del tempo con loro. Sono rimasto molto legato alla Sardegna».

È il classico portiere guascone, da sigaretta sempre in bocca, pronto a sfidare la sorte come gli attaccanti avversari. All’epoca era in contrapposizione con Dino Zoff, suo grande rivale in Nazionale. Personaggio da traguardo storico: il Cagliari, il 4-3 all’Azteca in Italia-Germania 1970, lo scudetto della stella con il Milan, dove arriva dopo aver lasciato la Sardegna.

«Il portiere che più mi assomiglia è Mattia Perin del Genoa, l’ho sempre visto un po’ guascone come ero io. Cragno l’anno scorso ha fatto un ottimo campionato, quest’anno ha iniziato bene, ma un portiere quando si fa male ad una spalla ci mette del tempo per tornare in forma. Al suo rientro in campo ha fatto cose buone e altre meno buone. C’era Olsen che ha giocato molto bene e ha sostituito molto bene Cragno anche se non è stato facile all’inizio dimostrare quanto voleva. Cragno è un portiere giovane, che può fare molto bene al Cagliari».

Partecipò al programma televisivo il Processo del lunedì come commentatore, successivamente torna in C2 con l’Elpidiense (due stagioni) fino a 45 anni.

Nel 2004, la vita appesa a un filo: durante una gara amatoriale a cavallo venne colpito da una grave forma di tachicardia ventricolare, Ricky passò alcuni giorni di coma, per poi risvegliarsi più forte di prima. Il calcio resta ancora oggi la sua grande passione.

«Oggi il calcio è completamente cambiato. Noi forse giocavamo meglio e giocavamo sempre in avanti. Oggi le azioni partono da dietro, i difensori si scambiano 6-7 volte la palla e vanno in avanti, non è come una volta il calcio di oggi. Guadagnano molto di più, oggi decidono i procuratori, ai nostri tempi non esistevano: era la società proprietaria dei nostri cartellini».

 

 

 

 

 

 

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