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La Municipalità di Pirri sceglie il bilinguismo, ma perché si fa così fatica ad attuarlo?

«Per la prima volta in consiglio il vicepresidente Francolino Farris, il consigliere Fabio Marceddu ed io – racconta Enrica Fois – abbiamo parlato in sardo, non so se tutti ci hanno capito, ma partiamo dal presupposto che parlando una lingua la si impara e ci si fa l’orecchio». È molto orgogliosa del risultato ottenuto per la Municipalità di Pirri, la consigliera Enrica Fois, che ha proposto con una mozione approvata anche con alcuni voti della minoranza, l’utilizzo del sardo, rigorosamente in maniera facoltativa, negli sportelli e durante i consigli.

La mozione proposta da Enrica Fois, nasce all’interno della Corona de Logu, un’organizzazione che raggruppa gli amministratori indipendentisti di Sardegna. In realtà però, come la stessa Fois ha chiarito questa proposta va al di là delle idee politiche, il bilinguismo va promosso per ragioni culturali. «Per sostenere la mia proposta – spiega Enrica Fois – ho citato una serie di studi come quello dell’Università della Galizia, che ha esaminato un gruppo di bambini di Dorgali, un gruppo di bambini galiziani e un gruppo di bambini di Oxford, già bilingui. Si è visto che il pensiero fluido, la crescita, la capacità di astrazione di questi bambini era più sviluppata rispetto a quella dei bambini che parlano una sola lingua. In particolare i bambini galiziani, che parlavano la loro lingua anche a scuola hanno dimostrato di avere queste capacità più sviluppate degli altri due gruppi».

Di bilinguismo in Sardegna si parla da decenni e con fasi alterne si sono presi dei provvedimenti che però fino ad ora non sono sfociati in niente di concreto. Una delle difficoltà maggiori è rappresentata dalla varietà di lingue sarde parlate nell’Isola: «Il gallurese, l’algherese e il tabarchino sono considerate minoranze delle altre altre lingue, e vanno tutelate in maniera ancora diversa. Le due macroaree linguistiche in Sardegna – prosegue la Fois – sono quella in cui si parla logudorese e quella in cui si parla campidanese. Soru, in una delibera di giunta, ha stabilito che il sardo per essere studiato e considerato una vera e propria lingua va istituzionalizzato. Per farlo aveva finanziato un progetto con cui grazie all’aiuto degli esperti, aveva elaborato una “Lingua sarda unitaria” LSU, poi modificata in LSC: “Lingua sarda comuna”, si tratta di uno standard ortografico, usato quindi solo per i documenti scritti. Poi c’è anche il Cros, traduttore in linea della Regione Sardegna».

Il bilinguismo dovrebbe unire e non dividere, ma tutte le volte che si è messa mano alla questione sono nate polemiche e discussioni, tanto che si sono create fazioni opposte e per anni non si è riusciti a mettersi d’accordo. Successivamente fu stabilito un altro sistema, “Is arregulas” delle regole per redigere in sardo i documenti e in generale per utilizzare il sardo in forma scritta. Quest’ultima si basa maggiormente sul campidanese. «Per redigere la mia proposta – afferma la consigliera Fois – ho utilizzato il sistema LSC, declinato in campidanese, semplicemente perché fino ad ora è l’unico entrato nelle istituzioni. Is arregulas non è mai entrato, gli sportellisti usano il sistema LSC».

Naturalmente l’uso del sardo non sarà imposto ma facoltativo, nella mozione approvata a Pirri, si chiede che i documenti pubblicati nell’albo Pretorio vengano redatti sia in italiano che in sardo e si propone inoltre di affiggere i cartelli dei cantieri con le scritte anche in sardo. «Ho proposto delle piccole premialità per le aziende che aderiranno, proprio perché essendo facoltativa è un’iniziativa che va in qualche modo promossa».

Dunque da ora in poi agli sportelli degli uffici comunali della municipalità di Pirri vi potrebbe capitare che l’impiegato si rivolga a voi in sardo: «Non so come reagirà la gente – ammette Enrica Floris – magari sulle prime resterà spiazzata, ma soprattutto per gli anziani sarà una piacevole sorpresa che li può mettere a proprio agio. Il sardo soprattutto a Cagliari è parlato pochissimo in pubblico. Mentre per esempio in Gallura tutti parlano in gallurese, e lo usano per i documenti. Qui invece, soprattutto se è una donna ad esprimersi in sardo in un ufficio, si genera stupore e c’è un motivo: in passato furono proprio le donne ad abbandonare l’uso della lingua sarda, perché era un metodo per emanciparsi».

«So che ci sono state polemiche – prosegue la Floris – ma già il fatto che si sia ricominciato a parlarne, si sia riaccesa la luce e l’attenzione su un argomento su cui si era spenta da moltissimo tempo, è positivo. La legge approvata dalla Giunta regionale nel 2018 che prevedeva la costituzione di una consulta sarda che stabilisse uno standard linguistico sull’esempio dell’esperienza della Catalogna non è mai stata applicata. La Catalogna in 15 anni è riuscita a fare in modo che tutti parlino e scrivano in catalano, però lì il catalano è entrato a scuola dopo che è stato stabilito lo standard».

«Col tempo la cultura paga, piano piano ci si abituerà a utilizzare il sardo, la mia mozione chiede piccole cose a costo zero. È un piccolo passo avanti – conclude Enrica Fois – per il quale devo fare un ringraziamento particolare ad ANS, Assemblea Nazionale Sarda, associazione di promozione culturale, che mi ha sostenuto moltissimo, mi ha aiutato a portare avanti la mia tesi. Sono venuti in Consiglio con un esperto di lingua, hanno fornito i dati a sostegno della mozione».

Ieri in occasione della Giornata internazionale della lingua madre la Corona de Logu ha proposto l’adozione in Consiglio Comunale di una mozione per la promozione del bilinguismo e l’utilizzo del sardo nelle pubbliche amministrazioni simile a quello della Municipalità di Pirri, anche nei cpmuni di Borore, Mamoiada, Pattada, Pirri, Ploaghe, Ruinas, Sant’Anna Arresi, Santu Lussurgiu, Silanus e Tula, dopo essere già stata discussa nel 2019 nei Consigli Comunali di Bauladu, Gairo, Macomer, Mogoro, Oristano, Pabillonis, Samugheo, Sant’Antioco, Scano di Montiferro, Serramanna, Serrenti, Simala, Simaxis, Terralba, Ussaramanna e Villanovaforru. Nella mozione si chiede che il Presidente del Consiglio Comunale apra ogni seduta del Consiglio Comunale in sardo. Che la Giunta Comunale a pubblichi sull’albo pretorio istituzionale le delibere in formato bilingue e che i lavoratori del Comune utilizzino la lingua sarda nelle relazioni con il pubblico.

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