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La lettera: “Il parcheggio di viale Bonaria, avete presente “Chi siete? Che portate? Un fiorino!”?

Sono un uomo di mezza età, ormai vecchio per ambire a una sfavillante carriera, ma troppo giovane per vagheggiare la pensione. Sempre preso da lavoro, famiglia, e le mille beghe quotidiane che ogni italiano che vive di stipendio, conosce bene. Sono però uno abituato a rispettare le regole, rispettare le file, rispettare i divieti e il codice della strada. Mai lascerei l’auto nel posto riservato ai disabili e nemmeno in doppia fila. Così l’altra mattina dovendo sbrigare una pratica in un ufficio della zona, ho deciso di lasciare l’auto nel parcheggio di viale Bonaria. Ho preso qualche moneta e mi sono diretto alla “Macchinetta” per pagare la sosta. Già da lontano noto un gruppetto di persone, e penso: “Dev’essere successo qualcosa”, mi avvicino. Non era successo proprio niente, era tutta gente che attendeva per pagare, perché nonostante la vastità del parcheggio, e il gran numero di utenti, c’è un solo erogatore per i ticket.

Dopo una fila interminabile, tra gente che non sa che la macchinetta non dà resto (e perché dovrebbe..) gente che non si ricorda il numero della targa e deve cercarlo nel cellulare, gente che sbaglia nel digitare, arriva il mio turno. Pensando che un’ora poteva bastarmi, ma temendo di non fare in tempo, mi prendo il sicuro e metto qualche altra monetina, ho un’ora e 35 minuti di parcheggio assicurato. Una volta giunto a destinazione però, scopro che per chiudere la pratica manca un documento, allora corro a riprendere l’auto, e mi dirigo dritto a casa a recuperare il papiro indispensabile. Quando torno, non abito a due passi, vedo che il mio parcheggio, già pagato sta per scadere: ho ancora 19 minuti utili, ma non ho idea di quanto mi dovrò trattenere, e decido di prendermi il sicuro un’altra volta (maledetta la voglia di correttezza). Recupero qualche spicciolo, torno alla macchinetta, altra lunga fila, intanto nella mia mente comincio a sentire Troisi e Benigni col carretto..

Digito il numero della mia targa e con mio grande stupore, la macchinetta mi scrive che siccome è ancora valido il biglietto fatto prima, se voglio prolungare la sosta, non posso fare un nuovo biglietto, ma devo prolungare la sosta già pagata, devo necessariamente sborsare 2 euro. Ma come? Io sono andato via dal parcheggio, ho fatto altro, e poi sono tornato, non sto prolungando un bel niente, sto facendo un biglietto nuovo! Niente da fare se voglio lasciare la macchina devo pagare 2 euro. Ed ecco il tavolino della frontiera e i due doganieri che mi chiedono: chi siete? Cosa portate? Due euro! Proprio come nel film “Non ci resta che piangere”. Ora si fa per scherzare, ma non troppo. Due euro non sono tanti (e di questi tempi anche questo è da vedere) ma è il principio che conta, la macchinetta non dà resto, se tu vai via prima, quello che hai pagato in più non ti viene restituito, e non puoi nemmeno lasciare che lo usi qualcun altro, perché c’è la targa stampata, ma se tardi di 2 minuti c’è già l’operatore con la penna in mano, se esci dal parcheggio e poi torni ti viene considerato come un prolungamento della sosta, e l’ora successiva la paghi salatissima.

Per lo meno con tutti i soldi che prendete, fate un piccolo investimento e installate un’altra macchinetta, almeno la fila ce la risparmiamo, o non volete proprio porvi il problema, tanto sapete che la gente la macchina da qualche parte deve pur metterla, insomma più che una comodità questo parcheggio sembra una vessazione proprio come quella del film, ma vi ricordate come si conclude la scena di “Non ci resta che piangere”, cosa rispondevano Mario e Saverio all’ennesima cieca richiesta dei doganieri? Ecco, testuale..

Un amico di Mario e Saverio

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