Site icon cagliari.vistanet.it

“Mi chiamavano cicciabomba, ma sono andata avanti”: la lettera di Natascia contro il bullismo

È un messaggio potentissimo contro il bullismo e ogni forma di discriminazione, quello pubblicato sui social dalla 23enne sarda Natascia Curreli.

Una lettera in cui racconta la sua sfida quotidiana contro le angherie e le persecuzioni subite dai bulli per il solo fatto di avere qualche chilo di troppo. Un documento prezioso da far leggere a tutti, soprattutto ai più giovani, per far capire cosa si cela dietro le parole, che se usate male possono ferire e fare molto male. 

Ecco la lettera integrale di Natascia:

«Mi chiamo Natascia, ho 23 anni e dal 2003 vivo in Sardegna. Oggi voglio dare la mia testimonianza per quanto riguarda il bullismo. E uso questa foto perché dopo averla pubblicata ha fatto il giro di molti telefoni per prendermi in giro.

Sin dalle elementari sono stata vittima di bullismo per via del mio peso, cicciabomba, maiale, scrofa, mongolfiera e chi più ne ha più ne metta! Risate quando si faceva ginnastica, biglietti anonimi con offese, urla con offese mentre tornavo a casa dopo scuola. Tutto questo per tutti gli anni delle elementari e delle medie. Poi le superiori, speravo davvero che la situazione potesse cambiare, e invece no, è peggiorata! Sempre le solite offese a cui però si aggiungono anche i gesti, palline di carta stagnola tirate nel pullman, cingomme nei capelli, urla, posti con le borse per non farmi sedere.

E io che invece di rispondere, stavo li, zitta e subivo. Questo è stato il mio errore, stare zitta.

Ho iniziato a soffrire di attacchi di panico, ogni mattina quando dovevo andare a scuola era un trauma e cercavo ogni scusa per non andare. Mi sono chiusa in me stessa e ho iniziato a stare male, ma nessuno lo capiva, tutti continuavano e alcuni continuano ancora adesso.

Io ho avuto la forza di andare avanti, di affrontare tutti e di capire che io non sono diversa, che sono come voi, una persona che nonostante i suoi chili di troppo vale e può fare tutto! Ma molti ragazzi e ragazze non sono stati forti come me, no, hanno perso la battaglia contro queste persone e si sono suicidati, moltissimi ragazzi ogni giorno pensano al suicidio e questo dovrebbe farvi capire che le parole hanno un peso, non sono solamente delle semplici parole.

Le parole fanno male come può far male una coltellata, quindi, insegnate ai vostri figli, ai vostri studenti, ai vostri amici a pesare le parole, a capire che siamo tutti uguali. Maschi, femmine, grassi, magri, omosessuali, etero, di colore o cinesi, siamo persone come tutti gli altri!»

Exit mobile version