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Ci sono più di 500 cileni in Sardegna, ma il cuore è a Santiago: «Vicini ai nostri connazionali»

Sembra incredibile, ma il malessere che ha portato i cileni a scendere in piazza questi giorni, affonda le sue radici negli anni ’90. L’aumento del costo del biglietto della metropolitana è solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Quel milione di persone che ha invaso il centro di Santiago, chiede ben altro: una costituzione moderna che garantisca davvero i diritti dei cileni che ancora, da quando si è concluso il regime di Pinochet non è stata scritta. Questa condizione di disparità sociale che dura da quasi 30 anni è esplosa in questi giorni, repressa in maniera dura dal Governo. Circa 15 manifestanti, ma non si hanno dati certi, sono stati uccisi, centinaia i feriti.

In Sardegna c’è una folta comunità di cileni, per la maggior parte persone adottate in tenera età nell’Isola, ma in tanti hanno legami, parenti e amici in Cile e in particolare a Santiago. C’è molta preoccupazione ovviamente, anche se nelle ultime ore le notizie parlano di un allentamento della tensione. «Noi abbiamo contatti quotidiani col Cile, abbiamo parenti e amici, e nei giorni scorsi eravamo preoccupati – racconta Giorgio Zucca, presidente dell’associazione “Chilenos de Sardigna”- nei maggiori centri è stato imposto il coprifuoco. Adesso sembra che lo abbiano tolto, segno che le cose dovrebbero tornare presto alla normalità. Ma ci sono stati dei morti e su questo si dovrà fare luce. Pensiamo che la repressione militare che c’è stata questi giorni, sia stata eccessiva».

In Cile la stragrande maggioranza della popolazione non ha accesso all’istruzione e alle cure mediche, tutte le grandi aziende che gestiscono l’energia, i trasporti, le autostrade sono private e straniere. Il Cile non è un paese povero, ha un Pil alto, ma la ricchezza è concentrata nelle mani di pochissimi. Esistono delle profonde distinzioni tra le classi sociali, come ha spiegato Claudio, un altro cileno che vive a Cagliari, anche dal punto di vista urbano, quartieri alti e quartieri bassi, così nettamente separati che tanti abitanti dei quartieri alti vivono senza mai essere entrati nei quartieri bassi e viceversa. Le persone più ricche frequentano scuole private e università costose, finiscono per frequentarsi tra loro costituendo gruppi elitari. Il riscatto sociale dei più poveri quindi, avviene solo in rari casi.

«Un insegnante dopo che ha lavorato tutta la vita è costretto a vivere con 300 o 400 euro al mese – spiega Giorgio – ed è fortunato perché un operaio o un contadino prendono molto meno e rischiano di non avere mai la pensione, mentre i politici continuano ad aumentarsi lo stipendio. Come possono curarsi? Come possono far studiare i loro figli? Noi siamo al fianco dei nostri connazionali, e condividiamo la loro protesta, che però deve rimanere pacifica. È fondamentale che finalmente venga redatta una costituzione moderna e forse finalmente la gente tornerà a votare. Alle ultime elezioni per il presidente della repubblica, ha votato meno del 50 per cento dei cileni ». In Cile c’è un radicato sistema di corruzione bipartisan, e la proposta di qualche politico di abbassarsi lo stipendio è un segnale positivo, ma non basta.

«Chiediamo che tolgano il coprifuoco definitivamente e non solo perché lunedì arriveranno le associazioni umanitarie a controllare la situazione. Si deve mettere mano alla Costituzione, perché si abbattano le disparità sociali, perché vengano garantite le cure mediche, la pensione, l’istruzione per tutti, per ridurre il potere militare e combattere la corruzione. Ma c’è un aspetto – conclude Giorgio- che in questi giorni ci ha deluso: il silenzio dell’Italia e dell’Europa. A parte la Germania, nessuno ha preso una posizione netta, ci sono state tante manifestazioni di solidarietà, una molto importante a Roma, ieri, a cui hanno partecipato anche i cileni della Sardegna, ma tutte organizzate da privati cittadini, le istituzioni nazionali non ci hanno fatto sentire la loro vicinanza. Il Cile non è importante solo quando si pensa alle esportazioni».

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