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Il viaggio di Autunno in Barbagia: rilassiamoci ad Aritzo, capitale isolana di castagne e carapigna

Aritzo, preparazione de Sa Carapigna - Fonte www.sardegnaturismo.it

È tutto pronto per il nono imperdibile appuntamento di Autunno in Barbagia. Il viaggio alla scoperta del cuore della Sardegna si appresta a raggiungere le sue prossime destinazioni, per due giorni ricchissimi, dal 26 al 27 ottobre. In questo ultimo fine settimana che chiude il mese autunnale per eccellenza, tra folclore, tradizioni e sapori genuini, saranno le atmosfere di Aritzo e di Ottana a darci il benvenuto nella straordinaria terra di Barbagia. In questo fantastico viaggio che, ormai, ci ha rapiti, vogliamo rilassarci ai piedi della “Porta d’Argento” isolana, in quel paesino montano dall’aria salubre e frizzante, dove la neve di montagna si assapora in un delizioso sorbetto. Oggi vi portiamo ad Aritzo, capitale isolana di castagne e carapigna.

Rinomato centro di villeggiatura sin dal XIX secolo, Aritzo è un caratteristico borgo di montagna che si incontra nella Barbagia di Belvì. Disteso su una valle incantata, in un’area ricca di fitti boschi e costellata da sorgenti purissime, questo magnifico paesino gode di una posizione invidiabile: Aritzo sonnecchia a 800 metri d’altitudine, cullato dal silenzio dei rilievi del Gennargentu. Qui, la natura ti inebria con paesaggi da fiaba e si respira a pieni polmoni: una boccata d’aria per l’argento delle montagne, una seconda per il pascolo dei mufloni, un’altra ancora per il profumo di nocciole e castagne. È proprio grazie alla sua natura fiabesca e alla salubre aria montana che Aritzo è noto, anche oltre i confini isolani, per essere una rinomata meta turistica che si presta ad ogni stagione, una località rigenerante che cura corpo e spirito, dove godere di momenti unici di pace e serenità. Questo paese, però, è celebre anche per un’altra interessante attività che ha segnato la sua storia sino alla metà del secolo scorso: abile e ingegnoso, il popolo aritzese era conosciuto come quello dei “niargios”, i raccoglitori delle neve che copiosa scendeva sulla montagna e che, una volta raccolta, veniva commercializzata in diversi centri della Sardegna. “Sas domos de su nie”, le case della neve o “neviere”, erano lo scrigno in cui la preziosa risorsa si conservava, per poi essere venduta durante l’estate: pozzi profondissimi, la cui costruzione risale al Seicento, dove il ghiaccio veniva pressato e ricoperto da uno spesso strato di felci, tronchi e terra. Proprio dalla neve del Gennargentu – e più precisamente della punta chiamata “Funtana Congiada” – si produce “Sa Carapigna”, quel delicato sorbetto al limone che è simbolo di Aritzo e che, ad agosto, è protagonista della festa locale: si realizza impiegando un piccolo contenitore di legno (“su barrile”), riempito con ghiaccio e sale, al cui interno si pone la sorbettiera che lavora limone, zucchero e acqua. Aritzo, inoltre, è sinonimo di noccioli e castagni, il cui legno ha sempre ispirato l’arte de “sos maistos ’e linna”, gli artigiani aritzesi: cassapanche nuziali, dette “cascias”, ma anche taglieri e altri graziosi utensili, si realizzano con tradizionali tecniche del passato. Dai noccioli e dai castagni, però, si raccolgono i prelibati frutti che nell’ultima settimana di ottobre, in occasione della tappa di Autunno in Barbagia, si possono gustare nella nota “Sagra delle nocciole e delle castagne”, con la classica preparazione delle caldarroste.

I colori dei boschi di noccioli e castagni, il profumo del legno intagliato, un assaggio di neve della montagna, la natura così inebriante e l’atmosfera rigenerante: sono tanti i motivi per rilassarsi in questo paese, il cui nome sarebbe un’eredità dei nuragici. Secondo alcune interpretazioni, infatti, Aritzo deriverebbe dalla radice nuragica “Ar”, ovvero “acqua”, ad indicare un luogo dove nascono le acque, come appunto si presenta tale località.

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 Autunno in Barbagia: Aritzo 23  

BREVI CENNI STORICI. La storia di Aritzo è antichissima e, proprio come il suo nome, affonda le sue radici nel lontano Neolitico. Le domus de janas di “Is Forros” ci raccontano il passaggio degli antichi Sardi, così come la tomba dei giganti rinvenuta in località “Su Carragione” e quella di Talanusè. Questa terra fu calpestata anche dal popolo dei Romani, le cui tracce si rilevano nei ritrovamenti avvenuti nelle aree di “Monte Longu” e di “Antoni Speritzi”. Fu nel Medioevo, però, che si generò l’attuale centro abitato, quando Aritzo apparteneva al Giudicato di Arborea ed era inserito nella curatoria della Barbagia di Belvì: tra gli abitanti del villaggio vi erano anche i guerrieri dell’esercito giudicale e, per questo, il paese godeva di particolari libertà amministrative. Dopo la conquista aragonese, furono vari i tentativi di sottoporre la villa di Ariccu (così era conosciuto il paese all’epoca) al controllo di famiglie feudali, ma le continue ribellioni permisero agli aritzesi di essere amministrati da un funzionario locale e godere, così, di una maggiore libertà. Tuttavia, con l’arrivo dei Savoia, la villa di Ariccu fu sottomessa alla signoria dei Lostia e solo nel 1838 la popolazione si liberò definitivamente dal giogo feudale. Oltre allo storico commercio della neve e a quello di nocciole e castagne, fu proprio dal XIX secolo che il borgo di Aritzo conobbe il turismo montano per la salubrità dell’aria, le ricchezze della natura e le sue numerose sorgenti di acqua purissima.

 

COSA VEDERE. Rilassarsi in questo borgo significa anche scoprire le sue variegate attrazioni. Oltre ai già citati siti archeologici che ci raccontano del remoto passato aritzese, interessante è anche il centro storico che ancora conserva le tipiche case, costruite in scisto e fango, dalle balconate in legno di castagno. Proprio qui, tra le antiche stradine, svetta una vecchia e massiccia costruzione del Settecento, luogo di pena e tormento sino agli anni ’40 del secolo scorso: è quella delle vecchie carceri spagnole, note come “Sa Bovida”. L’edificio, realizzato anch’esso con pietra scistosa e fango, è caratterizzato da un sottopassaggio a sesto acuto di origine spagnola, chiamato appunto “sa bovida” (la volta): all’interno, le antiche celle ospitano l’interessante mostra “Sa Bruxia”, un’esposizione su magia, stregoneria e sacra Inquisizione in Sardegna (XV – XVII secolo). Altra tappa obbligata è la “casa Devilla”, una splendida casa padronale appartenuta alla famiglia dei “signori della neve” che aveva in esclusiva la produzione del ghiaccio del Gennargentu: qui, nel 1838, fu assassinato l’aritzese Bachisio Sulis, il famoso poeta – bandito, ma, oggi, la casa è sede del “Museo del castagno e della cassa nuziale”. Merita, poi, una menzione speciale il misterioso e affascinante Castello Arangino, un elegante palazzo in pietra, realizzato sul modello del castello di tipo medievale in stile neogotico: l’edificio fu costruito nel 1917 per volere del cavaliere Vincenzo Arangino e appartenne alla sua famiglia sino al 1954, quando si estinse per un tragico fatto di sangue. Non manca, inoltre, il fascino dei luoghi di culto, come quello della parrocchiale di San Michele Arcangelo, costruita nel Cinquecento su un impianto del XIV secolo e pesantemente restaurata nel Novecento: il campanile è realizzato con conci di trachite in stile gotico – aragonese. Di notevole interesse è, infine, il “Museo della montagna sarda” o “Museo del Gennargentu” che ospita una raccolta etnografica di oltre tremila reperti: un importante patrimonio della cultura barbaricina, dove, oltre agli antichi strumenti contadini, pastorali e artigianali, come quelli per la preparazione de “Sa Carapigna”, potrete trovare una rara collezione della “cassa di Aritzo”, la cassapanca intagliata.

NATURA. L’attrattiva di Aritzo per eccellenza è, ovviamente, la natura fiabesca che avvolge il paese, rifugio di importanti specie faunistiche: qui, oltre ai boschi di noccioli e castagni, tra ginepri, tassi e foreste di lecci, non è difficile scorgere i mufloni al pascolo e i cavalli selvaggi del Gennargentu, così come non è raro assistere al volo dell’aquila reale. Perla naturalistica di Aritzo è lo spettacolare tacco diSu Texile”, un imponente roccione di formazione calcarea, testimone dell’era mesozoica, che si staglia solitario nel panorama circostante: “Su Texile”, con una caratteristica forma larga in alto e stretta alla base, ricorda un enorme fungo e rappresenta il simbolo dell’intera zona. Altro pregio naturalistico di Aritzo è poi la già citata puntaFuntana Congiada”, alle cui falde si trovano le famose “domos de su nie”: dal paese, si snodano suggestivi sentieri che conducono a queste meraviglie del territorio. Come non menzionare, infine, le oltre mille sorgenti che sgorgano in tutta l’area: tra le più note vi sono la fonte di “Is Alinos, che vanta proprietà diuretiche e che si trova nell’omonimo parco, e la “Funtana de Sant’Antoni”, da cui sgorga un’acqua molto leggera e freschissima, con una temperatura di 7 gradi.

 

CUCINA E ARIGIANATO. Ad Aritzo ci si rilassa anche a tavola grazie ai sapori e ai profumi tipici della cultura barbaricina, dagli antipasti, ai primi piatti, alla carne e al dolce. Oltre a “Sa Carapigna” e alle gustose castagne, qui si producono anche formaggi caprini, biscotti tipici, torrone e un ottimo miele di castagno. Sebbene l’artigianato locale sia prevalentemente dedicato alla lavorazione del legno e alla creazione delle cassapanche dei “maistos ’e linna”, non mancano altre attività quali la lavorazione del ferro battuto e dei coltelli.

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 Autunno in Barbagia: Aritzo 23  
 

 

 

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