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(FOTO) I barchini della traversata. A Porto Pino, il cimitero di barche di chi arriva dal mare

Porto Pino, comune di Sant’Anna Arresi, Sud Sardegna. Piccola località di mare nella costa sud occidentale dell’Isola, fra le più frequentate d’estate dai locali e dai turisti. Una località che, da qualche anno a questa parte, è salita agli onori delle cronache per i numerosi sbarchi diretti di migranti provenienti da Algeria e Tunisia.

Dalla fine degli anni ’50, Porto Pino ha iniziato ad ospitare accanto ai pescatori anche i primi vacanzieri. Ma lasciando da parte le due spiagge che culminano nelle splendide dune di sabbia bianca, Porto Pino ha una lunga tradizione di pesca. E di barche. Barche colorate, dai nomi più vari, ormeggiate una accanto all’altra, con le nasse a bordo e le reti già pronte per essere gettate. Il canale, rinnovato circa 15 anni fa, che dalla peschiera porta al mare aperto, e termina là dove comincia la prima spiaggia, le ospita da sempre. Più in là, nell’acqua di fronte al costone roccioso che porta alla pineta di Candiani, un molo galleggiante per l’ormeggio di imbarcazioni e installato di recente, ospita quelle da diporto.

In uno spazio dove ogni cosa, recente e passata, sembra aver trovato una sua ordinata e ragionevole collocazione, a terra fra il canale e il molo, c’è un altro pezzo della storia di Porto Pino. Una successione di barche di legno, tutte uguali, salvo la vernice che le colora. Disposte una accanto l’altra. Alcune sono sovrapposte, un po’ sollevate da terra ed è lì che si possono notare i resti di una traversata: felpe, magliette, giubbotti e pantaloni, ben incastrati fra le assi di legno che compongono lo scheletro dell’imbarcazione. Dentro e anche a terra, resti di imballaggi di alimenti, con etichette in caratteri arabi o in lingua francese. Sono i barchini dei migranti che arrivano via mare in Sardegna. Non tutti, fra gli oltre 200 approdi del 2019, sono arrivati a Porto Pino, ma è qui che ne è giunto un numero consistente.

I barchini ammassati qui sono nove, gli altri sono stati distrutti o fatti sparire. Tutti rigorosamente senza motore. Qualcuno del posto dice che il motore è la prima cosa che sparisce dopo lo sbarco. Questo, fra il canale e il molo, è il cimitero di barchini più numeroso ma imbarcazioni simili sono state avvistate anche nella seconda spiaggia, altro punto di approdo. Per i pochi che vivono o lavorano qui tutto l’anno, gli sbarchi ormai non fanno più notizia. E quei resti di barche abbandonati lungo il canale sono diventati ormai parte della storia contemporanea di questo posto. Fra i militari, i pescatori e i turisti che la popolano e l’hanno popolata, Porto Pino è anche questo.

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