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Elezioni europee, Cicu punta alla riconferma: “Ripartire da insularità e tutela delle imprese sarde”

Salvatore Cicu e Antonio Tajani

Dopo cinque anni al Parlamento europeo l’eurodeputato di Forza Italia Salvatore Cicu traccia un bilancio di questa esperienza e si prepara al voto di domenica 26 maggio, dove punta alla riconferma per continuare a portare avanti le sue storiche battaglie, dall’affermazione del principio di insularità alla tutele delle imprese sarde passando per le norme antidumping fatte approvare in qualità di relatore nel 2017.

Onorevole Cicu, Lei è l’unico eurodeputato sardo uscente che si è ricandidato. Come sono stati questi cinque anni?

Ci sono due parole che descrivono al meglio questo quinquennio di Parlamento Europeo: impegno e concretezza. Due parole che esprimono il senso più operativo della mia rappresentatività politica e lo spirito con il quale ho affrontato ogni sfida. Quelli trascorsi, sono stati cinque anni di studio continuo, di presenza ininterrotta nei lavori dell’aula e delle commissioni, di proposte e di confronto con i territori.

Quale differenza fra il lavoro di rappresentanza in Europa e quello a Roma?

In Europa, diversamente da Roma, chi rappresenta i cittadini ha davvero un ruolo politico, e conta per quello che fa, non per quello che ha promesso. Io l’ho vissuto nei fatti.

Ad esempio?

Ad esempio con la risoluzione sul riconoscimento della condizione di insularità, con le norme antidumping, con i fondi di solidarietà europea per i territori svantaggiati, con i provvedimenti per le piccole medie imprese, con le battaglie per il made in Isola. Ma anche con il ritorno dall’obiettivo transitorio all’obiettivo 1, che significa programmazione di investimenti in Sardegna, tutela del nostro sistema agroalimentare. In ognuna di queste voci ho toccato con mano quanto il ruolo dell’europarlamentare, se concepito nella dovuta misura di negoziazione con gli altri eurodeputati degli Stati Membri, diventa concretamente un ruolo a servizio delle comunità locali.

Press Conference – ‘ More robust anti-dumping rules to defend EU industry and jobs ‘

Il vero spauracchio delle consultazioni del 26 maggio è l’astensione.

L’astensione dal voto è, purtroppo, un comportamento che nel nostro Paese è cresciuto negli anni, ed è cresciuto con il crescere delle disuguaglianze, con l’indebolimento del legame fra chi fa politica e chi viene rappresentato dalla politica, i cittadini. Una caduta che oggi non possiamo più sottovalutare. Per questo dobbiamo metterci in discussione tutti, fare ognuno la propria parte. Se è vero che il sentimento di rassegnazione e delusione resta diffuso è altrettanto vero che solo attraverso il voto possiamo far pesare i nostri diritti, la nostra domanda di cambiamento, le nostre urgenze. È attraverso il voto che possiamo cambiare le cose, costruire fiducia, crescere come comunità assumendoci ognuno delle responsabilità.

Ci spieghi perché i sardi dovrebbero andare a votare alle prossime elezioni europee.

L’Europa è la sola ed unica salvezza che abbiamo per cambiare il volto del nostro presente, la sola opportunità per dare una speranza credibile agli ultimi, a chi vive una condizione sociale di diseguaglianza, alle nostre imprese in continuo affanno, ai nostri giovani. Esserci significa avere la possibilità reale di cambiare le cose. Io l’ho fatto. Ma è solo una prima parte del percorso. Una parte che ha costruito le condizioni per ottenere di più e per ottenere meglio. Occorre, dunque, non sprecare quanto fatto, ma portarlo avanti, garantire continuità affinché tutti i traguardi ottenuti fino ad oggi non possano essere dispersi.

Quali sono le sfide della Sardegna in Europa?

Le sfide sono quelle di un’Isola che possa ripartire dalla valorizzazione delle sue risorse. Piccola media impresa. Produzioni locali. Eccellenze. Territorio. Sono questo le forze capillari che animano il nostro tessuto produttivo. E su queste forze occorre costruire, come ho fatto in questi anni, una cultura della managerialità, una dimensione di internalizzazione, un incontro fra i bisogni delle aziende e quello che l’Europa può dare in termini di fondi europei, di crescita e sviluppo.

Qual è la metà?

La Sardegna deve ambire ad essere un’Isola protagonista nell’Europa mediterranea, ma può farlo, anzitutto, attraverso un percorso che preveda il riconoscimento della condizione di insularità e tutto ciò che da essa ne scaturisce, in termini di Pil, di costi dell’energia, di programmazione UE e, più di tutto di trasporti.

In che posizione si colloca Forza Italia nello scacchiere politico attuale dell’Europa?

Forza Italia rappresenta da sempre l’anima più viva della grande famiglia del partito popolare europeo. Siamo e saremo il corpo politico più vicino ai valori dell’Europa, lontani dagli estremismi, ma semmai portatori di una tradizione culturale moderata, che racconta la vita reale del nostro Paese. Cattolici, riformisti, liberali: un partito della gente e tra la gente, radicato nelle arterie del territorio, voce e speranza della piccola media impresa, della famiglia, del popolo che crede nel valore dell’intraprendenza. Siamo un partito capace di superare i momenti di difficoltà nel segno di una nuova crescita e di una visione politica di governo. Il Presidente Silvio Berlusconi e il Presidente del Parlamento Europeo Antonio Tajani, sono l’esempio più significativo di questo percorso.

Nella sua attività di eurodeputato lei ha parlato più volte di insularità. Cosa può dare alla Sardegna il principio di insularità riconosciuto dall’Unione europea?

Nel febbraio del 2016, il Parlamento di Strasburgo ha approvato a larga maggioranza una mia risoluzione sul riconoscimento della condizione insulare, aprendo così l’orizzonte per una rivisitazione degli obiettivi strategici che la Commissione UE dedica ai territori insulari.  Esattamente di cosa parliamo?  Parliamo di finanziamenti dedicati. Ma parliamo anche dell’elaborazione di nuovi parametri del PIL da affiancare a quelli esistenti, dell’introduzione di una fiscalità di vantaggio, dell’applicazione reale di una continuità territoriale, marittima e area, e costi energetici più bassi. Il riconoscimento dell’insularità significa sviluppo e crescita, senza non possiamo pensare di entrare nel futuro.

Fondi europei. Cosa può e deve fare la Sardegna per spendere al meglio quelli restanti della programmazione 14-20 e quelli che saranno previsti a partire dal 2020?

Oggi abbiamo una necessità: indirizzare i fondi indiretti sul territorio e, nel contempo, affiancare le imprese su tutte quelle competenze necessarie per il reperimento delle risorse. Lo scenario che abbiamo vissuto in questi anni è stato quello di aziende ed enti pubblici esclusi da opportunità europee perché privi di formazione e informazione da parte della Giunta Regionale, ma anche incapaci di gestire la complessità delle procedure di accesso al finanziamento.  Cosa serve dunque?  Occorre costruire una cabina di regia che possa formare e sostenere enti locali e imprese nell’accesso ai fondi europei attraverso figure specializzate. Se non si parte da qui non c’è né rilancio economico, né un rapporto con l’Europa che cresce. Servono pertanto meccanismi concreti di sostegno che facilitino l’accesso ai finanziamenti attraverso sussidi, prestiti, garanzie sui prestiti, sfruttando al meglio tutte le opportunità di crescita.

Ci dica le tre cose più importanti di cui si occuperà nella prossima legislatura europea qualora dovesse essere eletto.

Non ci sono tre cose più importanti di altre, ci sono semmai delle priorità che non possono più attendere. E per le quali continuerò a battermi: piccola media impresa, insularità, tutela delle eccellenze locali. È questo il filo che può creare prospettiva per la Sardegna: rafforzare le nostre imprese, allargare le possibilità di sviluppo mediante il riconoscimento della condizione insulare, investire nel potenziale che esprimono le produzioni dei nostri territori. Attorno a questa formula occorre costruire una cultura della crescita, una formazione manageriale, un approccio di internazionalizzazione che porti la Sardegna in una dimensione europea; una dimensione che diventi opportunità di lavoro per i giovani e per chi oggi resta ai margini.

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