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Startup Sardegna. EA Block, il software creato da tre giovani sardi che protegge le aziende dagli hacker

Il team di EA Block

Il team di EA Block

Quando si pensa alla cyber security è piuttosto consueto immaginare scenari da guerra fredda conditi da spie internazionali e loschi giochi di potere. In realtà, nel 2019 – e in futuro lo sarà ancora di più – la cyber security è una materia che dovrebbe interessare ciascuno di noi, perché in ballo c’è una delle cose più care che abbiamo, la protezione dei nostri dati.

Partendo da questo presupposto tre giovani ragazzi sardi, Miriam Meazza, Giacomo Paderas e Dario Puligheddu, hanno fondato EA Block, un software che protegge i dati di un’azienda o di un singolo individuo, avvicinando al minimo la probabilità di subire danni da attacchi informatici. Come molte esperienze di startup nate in Sardegna, EA Block è frutto della creatività di giovani studenti universitari, aiutati da uno dei migliori incubatori di startup presenti in Italia, il Contamination Lab di Cagliari.

Raccontateci chi siete, qual è stato il vostro percorso e come vi è venuta l’idea della vostra startup

Siamo 3 cofounder (Dario, Miriam e Giacomo). Per due di noi (Dario e Miriam) il Contamination Lab di Cagliari è stato il nostro “cupido”. Ci siamo incontrati all’interno di questo fantastico programma di formazione imprenditoriale che mette insieme competenze diverse per far nascere nuove idee innovative, ci siamo scelti facendo della nostra diversità un punto di forza (oltre che di competenze, anche caratteriale) e abbiamo messo su le fondamenta di “EABlock”. Quando abbiamo conosciuto Giacomo lui aveva un’altra idea d’impresa, ma si è innamorato del progetto ed è entrato nel team con grande entusiamo. Siamo un team eterogeneo, un informatico – dj nel tempo libero (Dario, l’Hacker buono), una laureata in scienze politiche e specializzata in sviluppo locale con la passione per la comunicazione in tutte le sue forme (Miriam, la maniaca dei dettagli), un laureato in economia che sta concludendo gli studi con una laurea magistrale, energy drink dipendente. (Giacomo, l’ossessionato dai dati). L’idea è nata principalmente grazie all’esperienza di Dario nel mondo dell’informatica e della sicurezza: ha sempre avuto l’ambizione di trovare un nuovo modo per costruire applicazioni realmente resistenti agli hacker. E così, grazie al nostro incontro e alla formazione del CLab questo “sogno” è diventato comune e oggi sta diventando una piccola realtà.

Raccontateci di cosa si occupa in concreto il vostro progetto

Il nostro progetto rientra nella grande categoria della cyber security: in un contesto che vedrà il crimine informatico come il primo problema da risolvere nel 2020 e gli hacker più ricchi dei narcotrafficanti. Abbiamo costruito una tecnologia, grazie alla combinazione di altre diverse tecnologie come la crittografia e la blockchain, in grado di avvicinare allo 0% la probabilità di subire danni in caso di attacco informatico. Rendiamo i dati impossibili da leggere per gli hacker anche in caso di attacco (che diamo sempre per scontato) e allo stesso tempo supportiamo la produttività dando la possibilità di gestire i dati, analizzarli e scambiarli solo tra utenti autorizzati. È un prodotto che si rivolge a tutte quelle aziende che hanno necessità di applicazioni gestionali in cui inserire dati sensibili (come quelli dei clienti) e vogliono allo stesso tempo restare al sicuro da eventuali attacchi. In sintesi risolviamo due problemi importanti per ogni azienda: sicurezza informatica e produttività.

In che modo la vostra idea innovativa può migliorare la vita delle persone?

Spesso la sicurezza informatica appare come una materia inaccessibile, riservata ai cosiddetti “nerd” o a persone particolarmente importanti o particolarmente ansiose. Purtroppo invece, quel che ancora non si è capito, è che la protezione dei dati è un problema di tutti. Ogni giorno leggiamo sul giornale notizie su furti di dati, ai danni di singole persone o aziende, spesso senza che ci sia un reale bersaglio. Gli attacchi hacker sono infatti talmente tanti, diversi tra loro ed eterogenei nelle intenzioni da essere un serio pericolo per tutti: persone, importanti e non, aziende, grandi e piccole. Nella nostra società iper-connessa, gli attacchi hacker ai danni delle persone provocano spesso gravi lesioni per la propria privacy, con conseguenze anche drammatiche. Per le aziende essere vittima di attacchi informatici ha più di una conseguenza: si parla di danni di immagine, di multe, richieste di grandi riscatti, blocchi del sistema (e quindi della produttività) e di conseguenza perdita di fatturato. Cosa può significare poi per un’azienda perdere la fiducia dei propri clienti che vedono i propri dati diffusi senza controllo? A fronte di tutto questo, nonostante qualcuno potrebbe pensare che parlare di miglioramento della vita delle persone sia un’esagerazione per un prodotto di questo tipo, noi siamo sicuri che – visto il nesso ormai indissolubile tra la vita delle persone e il mondo di internet e dei dati – proteggere i dati significhi proteggere in qualche modo anche la vita stessa.

Il vostro progetto è già sul mercato? Se sì, qual è stato il riscontro?

Vista l’alta complessità della tecnologia il progetto ha richiesto una lunga fase di progettazione. Abbiamo dovuto studiare con attenzione i diversi linguaggi e le tecnologie per capire come sfruttarle al meglio per costruire un prodotto con standard di sicurezza più alti di quelli attuali. Finalmente oggi siamo pronti ad andare in produzione. Abbiamo effettuato dei test esterni da parte di hacker etici (gli hacker buoni) per testare la tecnologia e ora siamo pronti per applicarla a seconda delle diverse esigenze dei clienti con cui stiamo dialogando. È recentemente partita una beta privata dalla quale inizieremo ad ottenere i primi guadagni e che ci sta aiutando a comprendere sempre di più come poter migliorare la app. Stiamo inoltre realizzando una serie di soluzioni personalizzate. È una bella soddisfazione poter finalmente raccogliere i primi frutti di questo intenso lavoro!

Quali sono i prossimi step?

I nostri step seguono sempre due linee parallele: una tecnica, che ci vede ogni giorno scrivere codice per migliorare l’applicazione, le sue performance, l’usabilità e aggiungere funzionalità e una commerciale, per trovare il modo migliore di comunicare le grandi potenzialità di questa tecnologia e trovare la giusta nicchia di mercato nella quale far scalare il nostro prodotto rapidamente. I prossimi mesi ci vedranno quindi sicuramente impegnati nella costruzione di dialoghi con le aziende e nel raccoglimento di dati tecnici dell’app per migliorarne le performance.

Cosa consigliereste ai giovani startupper che stanno iniziando un percorso d’impresa?

Per buttarsi oggi nel mondo delle imprese e soprattutto delle startup bisogna essere tanto carichi di energia, pronti a “spaccare” e allo stesso tempo molto equilibrati. È un mondo in cui ci si sente in una costante sopra un’altalena che in un attimo è tanto in alto e poi ti porta un secondo dopo davvero in basso. Bisogna quindi cercar di mantenere un atteggiamento positivo e credere che comunque vada il percorso sarà stato un susseguirsi di grandi lezioni. Bisogna essere umili, capire i propri limiti e lavorarci, restando uniti quando c’è la voglia di crederci e lavorare insieme. È molto importante fare rete, non chiudersi in un garage buio ma entrare in un ecosistema di positività e imparare tanto dagli atri, sia che questi siano altre aziende, startup, professionisti o compagni di viaggio. E poi bisogna anche avere una grande ambizione, lo slancio di voler raggiungere traguardi che apparentemente sembrano troppo lontani, ma che possono diventare possibili con il duro lavoro e l’intraprendenza.

Quali sono secondo voi i principali rischi di aprire una startup?

La risposta più facile è “la paura di fallire”, ma l’unico vero rischio è quello di imparare qualcosa, capire come funziona il “mondo reale” dal quale veniamo in qualche modo “protetti” quando studiamo a scuola o all’università. Il rischio è di crescere insieme come persone e come team, confrontandosi con il mercato, con le sue sfide/opportunità e i propri limiti e con tutto il bello che arriva quando si esce fuori dalla propria zona di comfort, formandosi, leggendo e imparando sul campo. Le difficoltà ci sono, è vero, dal mettere su un team affiatato, passando per la difficoltà di costruire un prodotto senza risorse e senza conoscere fino in fondo chi saranno i veri clienti, fino a trovare il giusto modo di venderlo senza avere spesso esperienza sul campo. Ma quello che si impara cimentandosi in tutte queste fasi, sviluppando sempre nuove soft skills, è quello che poi renderà possibile affrontare qualsiasi cosa verrà dopo.

Qual è, infine, il vostro obiettivo?

Il nostro obiettivo è quello di imparare, crescere come persone, professionisti e riuscire a vedere i frutti del duro lavoro con soddisfazione. Il nostro sogno è poi quello di diventare un giorno una grande azienda di prodotti informatici sicuri che possa dare lavoro a tante persone in tutto il mondo e possa contribuire a migliorare la vita in generale, diventando un esempio di quel che può succedere davvero grazie allo studio, agli errori, al sudore e alla perseveranza.

Intervista realizzata dalla redazione, in collaborazione con l’Avv. Federico Serratore, dello studio Legale Serratore Gagné, e Damiano Congedo, CEO di SEO Pirates

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