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Il caso del Poligono di Quirra: la tesi della studentessa sarda Sara Corda

Sara Corda, 23enne tortoliese, dopo il diploma di liceo scientifico conseguito a Tortolì, si è iscritta alla facoltà di Scienze Politiche e Relazioni Internazionali dell’Università di Sassari. Si è laureata il mese scorso, con una tesi su un argomento di grandissima attualità e interesse: “Ambiente, Comunicazione e Rischio. Il caso del Poligono sperimentale  di addestramento interforze del salto di Quirra”. Oggi parliamo con la giovane studentessa di cosa l’ha condotta ad affrontare un tema così caldo in sede di laurea. E lo facciamo convinti che possa aiutarci a fare luce su una pagina della cronaca ogliastrina che vive ancora di tante ombre.

Quando e perchè hai deciso di far vertere la tua tesi di laurea su un argomento così delicato e poco trattato?

Non esiste un momento preciso nel quale ho iniziato a pensare di dover scrivere la tesi su questo argomento, ma posso dire che sin da quando mi sono iscritta all’università mi sono posta come obiettivo quello di scrivere su un tema che potesse aizzare la mia curiosità, non lontano dalla mia realtà quotidiana, così da rendere il lavoro quanto più personale e stimolante, anche a costo di complicare un po’ il percorso della stesura. La scelta specifica del tema nasce anche dal fatto che io stessa non ero molto informata sull’argomento, e come me molti altri giovani, e quindi sarebbe potuta essere un’opportunità per conoscere meglio le principali problematiche legate alla vicenda. Devo ringraziare il mio relatore, il Prof Camillo Tidore, docente di sociologia urbana all’Università di Sassari (scienze politiche), perché sin dal primo momento mi ha appoggiata in questo percorso.

 

Hai avuto difficoltà nel reperire le informazioni? Da chi sei stata aiutata?

Non ho avuto alcuna difficoltà nel reperire le informazioni, ho trovato materiale disponibile su internet e nella biblioteca comunale di Tortolì. Inoltre posso riassumere in tre blocchi gli aiuti più preziosi che mi sono stati forniti. Il primo è quello del dottor Domenico Scanu, presidente sardo dell’ISDE (International Society of Doctors for Environment, cioè Associazione Italiana dei Medici per l’Ambiente), il quale si è mostrato disponibile nel rispondere alle mie domande e mi ha permesso di inserire nel lavoro alcune parti significative sul piano clinico, sulle malattie e sulle indagini effettuate in campo veterinario e non solo (parti a me completamente sconosciute); il secondo è quello di Mariella Cao, del comitato sardo Gettiamo le Basi, che mi ha fornito telefonicamente una lista molto vasta di libri sulla vicenda della cosiddetta “sindrome di Quirra” e infine mi sembra doveroso fare riferimento all’assemblea di A Foras che mi ha permesso di citare più volte nella mia tesi il “Primo Dossier a cura di A Foras”.

 

Traccia per noi una breve storia del Poligono.

l Poligono Sperimentale e di Addestramento Interforze di Salto di Quirra (PISQ) è stato costituito il 20 agosto del 1956, comprende il Poligono “a terra” di Perdasdefogu (in Ogliastra), sede del Comando, e il Distaccamento dell’Aeronautica Militare di Capo S. Lorenzo con il Poligono “a mare”. Esso si estende nel territorio sardo per circa 13.700 ettari. L’esigenza di una nuova struttura sperimentale per l’Aeronautica Militare nasce quando, in piena guerra fredda, le necessità di impiego superano la capacità assicurata dalle rampe di lancio del Poligono laziale di Furbara, inadeguate per il nuovo obiettivo che prevedeva un “salto nello spazio”.Il poligono diviene Interforze nel 1959 con un personale, proveniente per il 50% dall’A.M, per il 35% dall’Esercito Italiano e per il 15% dalla Marina Militare. Esso assicura l’esecuzione di prove sperimentali di missili e bersagli, di prove di qualifica per nuovi sistemi d’arma, nonché di collaudo e la verifica della qualità di produzione di serie degli armamenti. Inoltre, svolge attività addestrative di unità nazionali ed estere e collabora con enti scientifici nazionali ed esteri. Il Poligono dispone di una sofisticata rete di rilevamento dati, costituita da una catena di inseguimento radar e da sistemi di rilevamento ottici e telemetrici, che rappresenta una struttura unica nel suo genere in Italia. Al suo interno si elabora a cadenza semestrale un Programma di attività che viene sottoposto all’approvazione dello Stato Maggiore della Difesa. In fase esecutiva, ogni operazione deve essere svolta nel rispetto di un Disciplinare per la Tutela Ambientale, volto a garantire il minimo impatto ambientale delle attività. L’adozione di procedure ambientali in linea con le principali normative nazionali, ha consentito al Poligono di conseguire la Certificazione Ambientale ISO 14001. Dal punto di vista demografico, consideriamo 11 comuni assoggettati a espropri e/o servitù (Armungia, Arzana, Ballao, Jerzu, Lotzorai, Osini, Perdasdefogu, Tertenia, Ulassai, Villagrande S., Villaputzu) più altri 5 comuni considerati più vicini alle due aree del poligono, che sebbene non hanno territori interdetti dal poligono, potrebbero aver subito delle conseguenze a causa della vicinanza. Si pensa che gli effetti del PISQ a livello demografico si possano realisticamente registrare a partire dal censimento effettuato nel 1971, inquadrando nei primi anni ’60 (anni in cui il poligono era già attivo).

 

Parli a lungo, nella tesi, dei movimenti sociali e ambientalisti legati a questa realtà. Quanto sono importanti a tuo avviso? Ne fai parte in modo attivo?

Nella mia tesi ho dedicato un intero capitolo ai movimenti sociali ed alle forme di attivazione in generale, esaminando prima di tutto la genesi di questi movimenti da un punto di vista sociologico, per poi fare riferimento specifico alle associazioni già citate (ISDE, Gettiamo le Basi e A Foras) e all’importanza che queste ricoprono nel ruolo di trasmissione delle informazioni sulla vicenda. Io ho citato i movimenti che per vari motivi sono maggiormente emersi in questi anni; l’ISDE è un’associazione di medici che si occupa di varie problematiche legate all’ambiente e che si pone come obiettivo quello di trasmettere le evidenze scientifiche anche alle fasce inesperte della popolazione; Gettiamo le Basi e A Foras rappresentano una tipologia diversa di assemblea, a mio avviso sempre utile per entrare nell’ottica del problema. Per esperienza personale posso dire di essermi interessata alla vicenda soprattutto grazie a queste associazioni, che non mancano di originalità nell’organizzazione degli eventi e delle manifestazioni di protesta pacifica per tenere viva la lotta contro le basi militari in Sardegna, a cui spesso mi è capitato di partecipare. A questo proposito faccio riferimento all’ A Foras Fest che si è tenuta a Cagliari lo scorso 2 Giugno, una giornata organizzata dall’assemblea di A Foras grazie alla quale ho capito che nella nostra isola ci sono molti giovani e non solo consapevoli del problema delle basi militari nel territorio, e questo mi ha spinta ancora di più a lottare nel mio piccolo per fare in modo che la vicenda della “Sindrome di Quirra” non venga lasciata nel dimenticatoio. La foto che ho scattato nel corteo quel giorno infatti è diventata parte del mio elaborato.

 

Fai luce anche su un aspetto che di questi tempi è molto attuale: la comunicazione del rischio. Qual è la percezione del rischio che la gente comune ha rispetto al Poligono?

Non ho effettuato nessun’indagine statistica sulla percezione del rischio rispetto al Poligono di Quirra. Tramite varie testimonianze però emergono posizioni differenti. Posso dire di aver studiato che nonostante un ventennio di indagini alle spalle, oggi non siamo ancora in presenza di una vera e propria dichiarazione di disastro ambientale e che la gente comune si divide principalmente in due blocchi: da una parte troviamo coloro che fanno riferimento all’importante introito economico determinato dalle esercitazioni di questi anni come un modo di apportare ricchezza nell’isola (pensiamo ai nostri parenti più anziani, spesse volte mi è capitato di sentir dire “ci sarà pure il problema dell’impatto ambientale, ma mio nonno portava il pane a casa grazie al suo lavoro all’interno del Poligono”); dall’altra troviamo chi invece dalle esercitazioni di questi anni individua un tavolo tossico di veleni, sperimentazioni di munizioni belliche che rilasciano particelle altamente tossiche (es, torio, cesio) che vanno a coinvolgere il terreno, le falde acquifere e i fondali, anche oltre il perimetro del Poligono.

A chi dedichi questa tesi? Credi che continuerai ad occuparti di queste tematiche in futuro?

Ho dedicato questa tesi a Giorgia, la mia sorellina, e a tutte le persone care che in questi anni hanno creduto in me, e mi hanno incoraggiata sin dall’inizio nella scelta di questo argomento. Credo che il mio corso di studi possa preparare gli studenti “in tutto e in niente”: sta poi ad ognuno trovare la propria strada e individuare ciò per cui si è maggiormente portati. Sicuramente continuerò ad occuparmi di questa tematica specifica o di temi in generale che talvolta non vengono alla luce per come sono realmente. Dopo questi tre anni ho conosciuto e studiato alcune cose, ma so di doverne imparare ancora tante altre perché non ci sono mai limiti alla conoscenza.  Credo sia molto importante esprimere la propria libertà di parola e aprirsi al confronto, anche se questo può dimostrarsi talvolta difficile; la scelta di questo argomento è stata per me una sfida come me stessa anche da questo punto di vista, perché nel mio piccolo sono riuscita a riportare alla luce una tematica molto importante, che non viene considerata per come merita.

 

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