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Startup Sardegna. ‘Nausdream’ la app sarda per organizzare gite nelle destinazioni balneari internazionali

Il team di Nausdream

Il team di Nausdream

Mar Mediterrano, Asia, America Latina e soprattutto Sardegna: queste alcune delle mete balneari nelle quali è possibile scegliere e programmare gite, escursioni, e attività in mare attraverso la app sarda ‘Nausdream’, frutto dell’ingegno di cinque giovani sardi intraprendenti. Li abbiamo contattati per chiedergli di più del loro progetto di successo.

Raccontateci chi siete, qual è stato il vostro percorso e come vi è venuta l’idea della vostra startup.

Nausdream è una startup turistica che, come tutte le startup, è nata con un certo modello di business e nel tempo, con la presa di consapevolezza e l’esperienza dei suoi fondatori, si è modificata ed è evoluta allo stadio attuale, che reputiamo soltanto un ulteriore punto di passaggio. Gli uomini chiave della Nausdream di oggi sono tutti sardi: Maria Antonietta, nata a Tertenia, 28 anni, la responsabile dei Prodotti e delle Vendite; Ousmane, nato a Quartu, 29 anni, responsabile dello sviluppo del business; io, Marco, nato a Cagliari, 25 anni, amministratore delegato della società. Nel team c’è anche un’altra ragazza made in Sardinia: Ramona Casto, 35 anni, che affianca Maria Antonietta nel lavoro sui prodotti e le vendite.

Di cosa si occupa in concreto il vostro progetto?

Nausdream è un tour operator che organizza tour ed escursioni giornaliere per il mondo dei tour operator nelle migliori destinazioni costiere del mondo. Il nostro attuale posizionamento di mercato e di prodotto è stato inaugurato a Maggio 2017: siamo partiti dalla Sardegna, organizzando escursioni in barca per alcune compagnie di crociere e villaggi turistici, per arrivare oggi a collaborare con 7 tour operator internazionali in 15 destinazioni, principalmente site nel Mediterraneo.

Il vostro progetto è già sul mercato? Se sì, qual è stato il riscontro?

Sì, siamo sul mercato dal 2017: sino ad oggi abbiamo ospitato circa 10 mila persone con le nostre esperienze. La Sardegna ad oggi è l’area in cui continuiamo a lavorare di più.

Quali sono i prossimi step?

Stiamo sviluppando nuove relazioni col mondo dei tour operator e, contestualmente, incrementando il parco escursioni e le destinazioni battute. Per ora continueremo a concentrarci sulle aree costiere, le sentiamo più vicine a noi, più nostre.

Cosa consigliereste ai giovani startupper che stanno iniziando un percorso d’impresa?

Fare impresa significa porsi obiettivi importanti con un tasso di rischio rilevante. Fare startup significa passare a obiettivi straordinari con un tasso di rischio immenso. Non tutti abbiamo il paradigma mentale per fare gli imprenditori, ed è giusto così: servono imprenditori, medici, politici, chef, scienziati e letterati, ognuno ha la sua attitudine e la deve comprendere. In questa breve vita penso di aver capito che la peculiarità di chi ha lo spirito imprenditoriale derivi dalla differente scala dei bisogni: per l’imprenditore è fondamentale inserire tra i nostri bisogni primari “l’autorealizzazione”. Per autorealizzazione intendo l’accettarsi nel contesto societario, sviluppare rapporti fiduciari e positivi con le persone che ti circondano, il ricercare continuamente i propri limiti per raggiungerli e, magari, superarli. Non mi ergo a consigliere sul percorso d’impresa: ci sono di certo persone più capaci di me in questo. Ma posso consigliare a chiunque si affacci a questo mondo di tenere in considerazione i pensieri che ho esposto prima, per capire se davvero si è adatti a far questo.

Quali sono secondo voi i principali rischi di aprire una startup?

Fare startup amplifica le possibilità di rendimento nel breve-medio periodo, incrementando esponenzialmente il rischio di fallimento. Fare startup significa cambiare priorità: non si ricerca la sostenibilità di breve periodo per poi crescere, come farebbe un’azienda normale, ma si sceglie di inseguire una forte crescita, saltando la fase di assestamento tipica delle piccole imprese, per approdare a una sostenibilità economico-finanziaria nel medio-lungo periodo, direttamente nella fase di medio-grande impresa. Questo approccio rapido e instabile, ovviamente, limita i casi di successo di startup a una percentuale ancor più piccola rispetto alla media delle imprese che seguono un approccio più classico: ma il maggior rischio è compensato da un maggior rendimento potenziale, sia per i fondatori che per gli investitori che scelgono questa asset class. Nonostante ciò, molto spesso vengono confuse tutte le nuove imprese innovative con le startup (forse per via del registro speciale, che pone requisiti a mio parere errati per considerare alcune società come start-up innovative). Fare una startup significa approcciare in un determinato modo il percorso imprenditoriale, non aprire un’azienda che lavora nel digitale o nella blockchain.

Qual è, infine, il vostro obiettivo?

L’obiettivo è creare un’azienda davvero grande, che dia lavoro a tante persone secondo un meccanismo pienamente basato sulla meritocrazia: non esisteranno mai distinzioni di età, genere e via discorrendo.  Per far ciò abbiamo scelto di andare veloci e scegliere un piano di crescita da startup: abbiamo raccolto investimenti di una certa rilevanza, anche da fondi di investimento, con l’ambizioso obiettivo di diventare punto di riferimento per le esperienze turistiche giornaliere nel mondo dei tour operator. A chi mi dice che sarà impossibile rispondo sempre che “non esistono problemi, ma solo complessità”. Sta alla bravura delle persone saperle ridurre e semplificare.

Intervista realizzata dalla redazione, in collaborazione con l’Avv. Federico Serratore, dello studio Legale Serratore Gagné, e Damiano Congedo, CEO di SEO Pirates

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