Site icon cagliari.vistanet.it

Giovani e il calcio, Sardegna protagonista. Ghisoni (Sky): “Cagliari e Olbia un modello”

Qualche settimana fa su Sky Sport 24 è andata in onda una clip che ha catapultato i tifosi di tutta Italia in Sardegna. Più precisamente sui campi dell’Olbia e del Cagliari, impegnate nel format “Road to Sardegna Arena“: un simil talent in cui un gruppo di ragazzini/e sardi/e classe 2006 si gioca l’opportunità di rientrare tra i due vincitori che guadagneranno un posto nelle giovanili delle due squadre.

L’ideatore è il giornalista televisivo di Sky Paolo Ghisoni, autore del programma “Giovane Italia” e fondatore dell’almanacco omonimo che ogni anno rende noto la figura dei futuri prospetti del calcio italiano. Un lungo lavoro di ricerca e di scoperta il suo, al fianco del torneo Primavera e dei diversi tornei si svolgono lungo tutta la penisola. L’incontro e una chiacchierata col presidente dell’Olbia, Alessandro Marino, ha dato il là ad un progetto che ha visto coinvolti anche i giovani della società gallurese (Bellodi, Marson, Pennington e Pinna) e di quella cagliaritana (Cerri, Deiola, Pellegrini e Romagna).

Cos’è il progetto Giovane Italia e quando nasce?

Nasce nel 2011 per due motivi: il primo perché avevo seguito per diversi anni il calcio primavera su Sky Sport e non volevo dispendere le notizie che faticosamente si trovavano sui ragazzi, e per dare continuità al progetto cartaceo che avevo iniziato e che mi serviva per preparare le partite. L’idea era quella di tracciare più profili, anche di squadre che non trattavo. C’è anche un aneddoto che spiega meglio: lo staff di Mourinho, quando era allenatore dell’Inter, non sapeva chi fosse un giovane che la Reggina stava per schierare, dunque mi hanno contattato per saperne di più. Se lo staff di una squadra di alto profilo italiana non conosceva i giovani calciatori italiani, allora ho pensato ci sarebbe stato terreno fertile su cui lavorare.

Qual è il tipo di lavoro che si cela dietro il progetto?

Col mio team, teniamo sempre d’occhio i giovani under 19 maschili e femminili, dunque è un campo abbastanza sconfinato a cui lavoriamo quotidianamente. Poi c’è la rubrica televisiva che prende diverso tempo per documentarsi e produrre servizi di un certo tipo. Abbiamo creato un database digitale in collaborazione con le società in associazione all’almanacco, che ora si occupa anche di basket. C’è tutto un rincorrere la quotidianità in base a quello che accade. Adesso, a breve, iniziano i tornei che abbiamo creato come circuito.

Che tipo di cambiamenti ci sono stati dal 2011 ad oggi a livello giovanile?

Ho visto crescere in peggio il movimento. Ci sono dei ragazzi interessanti, forse è il momento più eclatante dal punto di vista dei talenti da non disperdere. Però vedo che ora c’è una problematica culturale, cioé chi fa il dirigente in Italia oggi ha una preparazione totalmente inadeguata, affiancati da agenti maneggioni. Non hanno formazione, non invogliano i ragazzi ad unire parte calcistica e parte scolastica. Rovinano tanto: rovinano l’ambiente, rovinano i ragazzi, rovinano una serie di possibilità. Riescono a trascinare nell’oblio genitori che non hanno la preparazione culturale per reggere questa commistione illusoria.

Con le squadre che rapporto si è instaurato?

All’inizio c’era molta ignoranza e diffidenza. Le società avevano paura che una formazione estera guardasse il nostro programma e gli togliesse il talento dalle mani. Come se davvero un Manchester United potesse aver bisogno del nostro lavoro. Nel 2013 c’è stata una svolta positiva perché Giovane Italia è stato preso come progetto dalla federazione. Nel mezzo ci sono stati Tavecchio e Uva, che hanno deciso di non dare continuità alla nostra collaborazione. Per fortuna ora col presidente Gravina il discorso è stato riallacciato. Il loro periodo è stato in grado di generare malcontento generale. Il rapporto con le squadre è diventato poi ottimo, anche perché hanno capito che dietro non c’è nulla, se non tanto lavoro per un almanacco ed un programma televisivo. Serviva qualcosa che suscitasse un senso di appartenenza, sul libro ci sono tutti i prospetti italiani evidenziando sia le caratteristiche scolastiche che il percorso agonistico. Il prossimo passo sarà quello di unire il cartaceo col digitale in modo da colmare categorie e squadre di solito non contemplate.

Quando nasce Road To Sardegna Arena invece?

Nasce da una chiacchierata fatta col presidente dell’Olbia Alessandro Marino: mi ha chiesto se avessi qualche idea per parlare dei giovani calciatori in Sardegna. Analizzando un po’ la situazione anche col Cagliari, ci siamo trovati con Alessandro e Mario Passetti a creare una formula che potesse suscitare curiosità, consentendo la stesura di un format che potesse coinvolgere anche i ragazzi della Giovane Italia di cui avevo già parlato. E questi si sono rivisti in questi piccoli talenti del 2006 che superano i provini, hanno ricordato il percorso che già loro avevano fatto.C’è da dire che Olbia e Cagliari sono un modello da questo punto di vista, dato quanto puntano sui ragazzi italiani e sardi.

Cos’ha di diverso rispetto ad un classico talent televisivo?

Non è un talent come i soliti, abbiamo dato molto spazio alla parte scolastica, con continui test di cultura generale sulla storia della Sardegna, del Cagliari e sul senso di appartenenza alla propria terra. I ragazzi devono avere delle nozioni base che poi si porteranno avanti nel resto della loro vita. È un sogno, ci sono giovani che si sono fatti tanti chilometri per poter sostenere i provini senza però perdere la scuola. Vogliamo dare evidenza a delle storie belle. Rispetto al passato c’è stato un passo avanti notevole, i genitori hanno compreso quanto siano importanti la parte agonistica e quella culturale.

Può essere un programma illusorio? Magari un ragazzo si avvicina al talent e poi il suo sogno viene spezzato da un rifiuto..

Faccio un nome: Zaniolo. Era stato scartato dalla Fiorentina, poipreso dall’Entella per miracolo, passato all’Inter ed ora alla Roma. Si sarebbe potuto fermare al primo no, e invece oggi è tra i prospetti più interessanti del calcio italiano. Ci sono degli step da superare nella vita, e noi siamo seriamente gli ultimi che possono creare false aspettative. Dipenderà tutto dai ragazzi.

Un ultimo pensiero sul calcio femminile, un fenomeno che è finalmente esploso in tutta Italia.

Il calcio femminile mi piace tantissimo perché chi lo frequenta rivede la parte genuina del calcio giovanile. C’è la volontà di condividere tra amici, non solo tra colleghi, la passione per uno sport. Vedo al momento tantissimi aspetti positivi, la cosa che ha colpito è che queste ragazze hanno una marcia in più, hanno desiderato tanto poter giocare ad alti livelli ed ora ci sono arrivate. Hanno tutto ciò che serve, possono curare l’aspetto fisico, hanno la palestra, possonoportarsi verso il professionismo. Stiamo seguendo sull’almanacco il profilo di 70 atlete, è un ambiente che merita attenzione e tanto racconto.

Exit mobile version