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Accadde oggi a Cagliari. 18 marzo 1998: chiude il manicomio di Villa Clara

soprintendenza cagliari_oristano

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Uomini e donne affette da patologie mentali, ma anche alcolizzati, depressi, omosessuali, donne gravide e bimbi deformi: il manicomio di Villa Clara fu la triste cornice di migliaia di storie, oggi parzialmente conservate – per quanto possibile – presso l’Archivio di Stato di Cagliari, in forma di cartelle sanitarie e lettere degli stessi pazienti, indirizzate a parenti e dirigenti della struttura.

Erano gli anni Novanta del XIX secolo, quando la Provincia di Cagliari iniziò a prendere i primi provvedimenti in merito alla gestione dei pazienti psichiatrici. Questi erano stati fino ad allora internati presso i reparti sotterranei dell’Ospedale Civile, ma gli spazi erano ormai del tutto insufficienti, e si optò così per la costruzione del primo vero e proprio ospedale psichiatrico della Sardegna. Nel 1892 i primi passi: l’amministrazione affittò alcuni locali della tenuta agricola di Monte Claro, e nel 1899 i lavori furono ufficialmente affidati all’ingegnere Stanislao Palomba. Questi si rifece alla tradizione europea: ideò un centro “a villaggio”, con i vari padiglioni dislocati nell’area del colle, collegati da vialetti e isolati dal resto del contesto cittadini da altissime mura. Costruite sì per evitare la fuga dei degenti, ma soprattutto per evitare che i cagliaritani vedessero quanto vi sarebbe accaduto all’interno.

Cinquecento sarebbe dovuto essere il limite massimo di ospiti, ma Villa Clara arrivò a contarne quasi duemila. Una degenza che iniziava con un periodo di isolamento durante il quale il paziente veniva tenuto legato, metodo utilizzato dall’equipe per valutare l’aggressività del nuovo arrivato, e stabilirne così la sanità – cui seguivano le dimissioni – o la presenza di una qualche forma di pazzia. “Le persone affette per qualsiasi causa da alienazione mentale debbono essere custodite e curate nei manicomi, in caso siano pericolose a sé o agli altri, o qualora siano di pubblico scandalo“: questo era quanto recitava la normativa in merito, in vigore dal 1904. Un trattamento che era l’espressione concreta dell’idea stessa di cura della malattia mentale, che prevedeva imprescindibilmente l’allontanamento dalla società, l’esclusione, l’emarginazione. Donne e uomini nodi, a quattro zampe, pazienti dagli occhi stralunati e vuoti: questo vide e raccontò attraverso le sue foto Josto Manca, fotoreporter sardo che raccontò l’inferno di Villa Clara.

Il 18 marzo 1998 l’istituto fu chiuso e gli edifici abbandonati, senza che una soluzione fosse trovata per quei pazienti che, così, si ritrovarono improvvisamente liberati ma al contempo incapaci di reinserirsi in società, sprovvisti di qualsiasi aiuto. Le strutture furono quindi acquistate poi dalla Asl Cagliari, che scelse di ristrutturarli e trasformarli in un Centro della Salute, ancora oggi in uso.

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