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Ponte Morandi. “I tiranti non reggono”: svelate le chat. 20 gli indagati

Ponte Morandi crollato a Genova - Foto Twitter Sergio Battelli

Ponte Morandi crollato a Genova - Foto Twitter Sergio Battelli

Ponte Morandi: hanno autorizzato l’apertura di cantieri per lavori di minima entità mettendo così a rischio la sicurezza degli operai, oltre che di automobilisti e abitanti delle case circostanti. Per questo i vertici di Autostrade e ministero delle Infrastrutture sono indagati per disastro colposo, omicidio stradale colposo plurimo e omicidio colposo per violazione delle norme antinfortunistiche. La svolta nell’inchiesta sul crollo del ponte Morandi di Genova, che il 14 agosto scorso ha ucciso 43 persone, arriva con i provvedimenti personali che già questa mattina saranno notificati a manager e funzionari. E con la consapevolezza di magistrati e investigatori che il disastro poteva essere evitato. Sono i verbali di interrogatorio, gli scambi di messaggi in chat, le mail tra il gestore e i controllori del dicastero, i resoconti delle riunioni, a fornire i dettagli sui mancati interventi. Anche perché dimostrano come un mese prima della tragedia i tecnici avessero individuato proprio negli stralli il punto maggiormente debole, senza prendere adeguate contromisure. Compresa la limitazione del traffico, che invece avrebbe potuto rilevarsi efficace in attesa di realizzare le opere che avevano ottenuto il via libera.

Come riporta il Corriere, la lista delle persone che dovranno presentarsi all’incidente probatorio — chiesto dai magistrati coordinati dal procuratore Francesco Cozzi e dall’aggiunto Paolo D’Ovidio — comprende l’amministratore delegato Giovanni Castellucci, il direttore operativo centrale Paolo Berti, quello delle manutenzioni Michele Donferri Mitelli, il direttore del Primo Tronco Stefano Marigliani, il responsabile del progetto di retrofitting Paolo Strazzullo, l’ex direttore delle manutenzioni di autostrade Mario Bergamo che per primo nel 2015 disse che era necessario intervenire sul ponte Morandi, Riccardo Rigacci, Fulvio Di Taddeo e Massimo Meliani. Per il ministero ci sono il direttore generale per la vigilanza Vincenzo Cinelli, il predecessore Mauro Coletta, i funzionari Giovanni Proietti e Bruno Santoro, il capo ufficio ispettivo territoriale Carmine Testa, il provveditore delle Opere pubbliche di Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta Roberto Ferrazza e il dirigente del provveditorato Salvatore Bonaccorso. Infine gli ingegneri della Spea Engineering, la società controllata del gruppo Atlantia, che realizzò il progetto di rinforzo, Massimiliano Giacobbi, Massimo Bazzarelli, e Emanuele De Angelis. Santoro è nella commissione istituita dal ministro Danilo Toninelli, ma a questo punto appare improbabile che possa rimanere.

Le verifiche sulle conversazioni in chat tra i tecnici di Autostrade effettuate dagli investigatori della Guardia di Finanza guidati dal colonnello Ivan Bixio hanno fornito ai magistrati gli elementi necessari a ricostruire quanto accaduto nei due mesi precedenti il crollo. Consentendo di scoprire che i tecnici delegati alla sicurezza del ponte parlavano proprio dei rischi legati ai tiranti. «Non reggono», si dicevano nei messaggi inviati sugli smartphone, ma senza poi agire di conseguenza con interventi mirati. Si è addirittura accertato che alcuni lavori minimi sono terminati all’alba del 14 agosto proprio sul pilone 9, quello crollato, e questo aggrava la posizione di chi doveva vigilare perché — è l’accusa — erano consapevoli del pericolo e hanno messo a rischio la vita degli operai. La contestazione di omicidio stradale riguarda invece il mancato rispetto della sicurezza degli automobilisti che deve essere invece garantita proprio da chi ha la gestione dei tratti autostradali e da chi deve controllare che siano rispettate le regole.

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