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Maria Dolores Palmas, una “folle patologica” che cammina accanto ai suoi pazienti

Articolo di Laila Di Naro

Quella divisa celeste la ama e la indossa con il cuore perché stare accanto a chi vive il tempo di malattia e cura può essere considerata anche una missione. Oltre alla professionalità, responsabilità e competenza, lei è anche di più. Sostiene e dedica il tempo libero a chi ha dovuto rallentare il passo, “digerire” una diagnosi  di cancro e “riorganizzare” la propria vita attorno questa nuova realtà. Come una paladina scende in campo per regalare speranze e sorrisi.

Maria Dolores Palmas, 54 anni appena compiuti, non è né una fatina né una maga: è un’infermiera che insieme alla squadra dei suoi colleghi è capace di garantire ai suoi pazienti la dignità che ogni essere umano merita fino all’ultimo respiro. “Sono orgogliosa – assicura Dolores – di aver ideato il gruppo “Abbracciamo un sogno”, grazie a un incontro magico con una persona speciale e bella, quale è stata Vladimira Desogus per la mia vita e per lo spazio di cura che è il nostro DH. Il gruppo è importante, fondamentale per chi inizia il percorso di cura poter “vedere” coi propri occhi chi ha già attraversato i giorni bui della diagnosi e dell’adattamento. Ascoltare le storie degli altri permette di credere che questo cammino è possibile, è vivibile, può diventare racconto, può, pur fra tanta durezza, diventare nuova vita. I racconti insegnano una cosa importante: bisogna imparare a vivere giorno per giorno, attimo dopo attimo, e andare sempre avanti senza fermarsi mai”.

Perché proprio infermiera in un reparto di oncologia?

Fare l’infermiera è sempre stato il mio sogno, sin da bambina, poter stare al fianco di chi ha bisogno di aiuto. La mia infanzia e adolescenza l’ho trascorsa nel nord Italia, sono diventata infermiera a Bergamo, la mia città del cuore. A 29 anni sono tornata in Sardegna, nella mia terra. Sono tante le cose che ci riportano a casa quando viviamo lontani,  soprattutto la nostalgia dei profumi e dei colori di questa nostra meravigliosa terra che nonostante le difficoltà che viviamo in questo nostro essere isolani ci richiama e appena si può si torna, e così lavoro al Businco. L’oncologia è sempre stata un mio pallino, oggi posso dire quasi un carisma. Il paziente oncologico è un paziente particolare, sensibile, che risente del carico emotivo e sociale che ancora oggi la malattia cancro fa gravare non solo sui “corpi” ma anche e soprattutto nelle menti e nei cuori. La diagnosi di tumore ti cambia la vita, cambia la vita non solo di chi si ammala ma anche di tutto il mondo che ruota attorno al malato.

E’ un momento non semplice da gestire, entrano in gioco emozioni, paure, difficoltà; la quotidianità viene stravolta, tutto cambia dentro e fuori quella vita, quel mondo. Ecco, essere infermieri in una realtà come la nostra è un onore perché la nostra materia prima è la più preziosa e fragile: l’uomo. A noi è chiesta, al di là della preparazione professionale, capacità empatica, capacità di stare accanto credendo nel valore dell’attimo presente, capacità di sostegno attraverso tutto quanto i personalissimi percorsi chiedono a quell’unica persona che si affida alla nostra cura. Il motto del Gruppo è semplice: DI CANCRO SI VIVE, e questo non significa che vogliamo far passare l’idea che di cancro non si muoia ma solo che la malattia cancro fa parte della vita e va affrontato e curato. Ecco, la mia fortuna è poter stare accanto a chi da questo percorso “raccoglie” le saggezze, a volte dolorose, altre cariche di emozioni che sono e restano vita.

Come si può imparare ad accettare la malattia cancro?

Io  più che fermarmi sulla parola accettazione mi fermo sulla parola malattia. Il cancro è una malattia e come ogni malattia più o meno grave, invalidante, stravolgente, resta una malattia che fa parte della vita, affrontarla, gestirla, cercare la risposta terapeutica migliore per quella particolare condizione resta il giusto strumento per non permettergli di occupare più spazio o più organi di quelli che come malattia già occupa. Il cancro è una malattia che chiede di avere coraggio, coraggio per affrontare il percorso di cura, coraggio per riorganizzare la propria vita, coraggio per accogliere gli adattamenti che la malattia chiede, coraggio per ri-imparare a vivere, coraggio per ri-imparare a stupirsi e meravigliarsi per le piccole cose della vita. Il cancro ti insegna ad ascoltare il tuo corpo, il cancro ti insegna l’importanza dell’amicizia, del non essere soli, dell’avere accanto le persone giuste, quelle capaci di starti accanto in silenzio, quelle che non hanno bisogno di parole per capire di cosa hai bisogno. Il cancro ti insegna a selezionare e a tratti è lui che seleziona. Chi ha vissuto e vive la sua esperienza di cancro mi insegna che bisogna vivere il presente ed essere  positivi verso la vita, verso ogni piccolo oggi che viene donato.

Tu, paladina al fianco di chi soffre, hai paura del cancro?

Non so se si possa rispondere a questa domanda, in situazioni del genere occorre trovarsi. Oggi ti dico di no, lo dico pensando alla mia vita ricca di esperienze, ho realizzato quello che volevo fare, ho incontrato persone bellissime che mi hanno resa più ricca, ho amicizie che mi fanno sentire speciale e che speciale mi rendono per il loro esserci. A 26 anni ho avuto la fortuna di incontrare una docente di formazione umana, durante la  specialistica in spiritualità frequentata a Roma, che è stata un’illuminazione per la mia vita.  Mi ha indicato strumenti semplici e mi hanno permesso di inserire la mia vita sul binario giusto, quello della serenità e della felicità che viene dalle piccole cose quotidiane.

Allora di cosa hai paura?

Ho paura dello “sprecare”, più o meno volontario, di tempo, esperienze, rapporti, amicizie. Credo  nel valore del qui ed ora, nell’impegno al dare il giusto valore alla propria vita e alla vita di chi ci cammina accanto, in qualsiasi veste questo accada.

Sei una stacanovista. Primi i turni all’ospedale poi il volontariato per continuare ad aiutare i pazienti oncologici al di fuori del reparto. Complimenti di cuore.

Non mi ritengo una stacanovista, mi piace riguardo a questo aspetto riportare una frase del Vangelo di Luca: “Siamo servi inutili, abbiamo fatto quanto dovevamo fare”. Sono un’appassionata, lavoro in uno spazio fantastico con un gruppo di colleghi che rendono questo spazio e questo tempo vivibile oltre il tempo del turno. Il Gruppo è nato nel 2010 da due sognatrici, Vladimira Desogus, antropologa culturale che ha seguito il suo percorso di cura nel nostro DH, ed io, infermiera dentro lo stesso DH. L’obiettivo è lasciare un segno del proprio passaggio nella vita degli altri e nel mondo. Oggi il gruppo ha una pagina fb aperta a tutti, una pagina fb chiusa dedicata a chi è stato o è ammalato di cancro, un sito che ci auguriamo di riuscire a rendere interattivo durante questo nuovo anno.

Il momento importante del Gruppo è la Festa dell’Oncologia che si vive in data fissa l’ultimo sabato di maggio e che nel 2018 ha vissuto la sua settima edizione. Il gruppo “Abbracciamo un sogno”  è costituito da pazienti oncologici che affrontano il percorso di cura e di vita e che al suo interno crea spazi di condivisione di esperienze, programma eventi con chi vive il percorso di cura della malattia “cancro”, un percorso che può far vivere dubbi, solitudine, speranze, gioie, dolori, paure e la finalità è quella che questo tempo così particolare si possa vivere meglio con se stessi e con gli altri. Il nostro messaggio è semplice ma fondamentale per chi inizia questo percorso di cura: di cancro si vive, e lo diffonde attraverso momenti di aggregazione anche assieme ai familiari o alla creazione di spazi formativi-informativi. Non permettiamo di dimenticare che il cancro colpisce uno o più organi, ma chi si ammala di cancro resta la stessa identica persona del giorno prima della diagnosi, forse più sensibile, più emotiva, più attenta, più audace. Il cancro entra a far parte della vita quotidiana di chi si ammala, della propria famiglia, dei propri affetti, ma occupa solo lo spazio che noi gli permettiamo di occupare.

I tuoi progetti futuri?

I progetti sono sempre tanti, lunedì 10 settembre ci sarà il primo incontro di questo nuovo anno sociale che ci permetterà di calendarizzare tutto quanto desideriamo mettere in campo con le nostre risorse e con le nostre capacità. Sicuramente il 25 maggio 2019 ci sarà l’VIII Festa dell’Oncologia; poi il III  Concorso Canoro  “Businco In-Canto”; ci saranno le nostre domeniche mensili a Villa Tecla, angolo di paradiso che ci viene donato dalle Suore Orsoline di San Girolamo di Somasca; il pomeriggio prenatalizio che prevede di addobbare il DH; i nostri primi lunedì del mese, spazio di auto mutuo aiuto per chi vuole condividere quanto passa per la mente e per il cuore in questo tempo particolare; la Tombolata che organizziamo per autofinanziarci la festa, anche questa vissuta a Villa Tecla; la Lotteria di Natale che ci permette di finanziare alcuni progetti.

Sicuramente cercheremo di autofinanziarci, questo anche grazie alle amiche di Summer Mode, gli incontri con la Nutrizionista Francesca Cardu, l’antropologo esistenziale Guido Garau, la psiconcologa Chantal Lussu, tutti amici da sempre del Gruppo e altre nuove figure professionali che incontreremo in questo nuovo anno e che ci permetteranno di vivere nuove esperienze di vita capaci di riempire di gioia la vita stessa.

Cosa pensi della Sanità sarda?

Mi piace ricordarmi che la sanità siamo ciascuno di noi e allora, se abbiamo chiaro questo aspetto, le nostre azioni nel mondo della sanità sono sicuramente azioni di cura perché nessuno di noi tratta male le proprie cose. Altra cosa che non dobbiamo dimenticare e che abbiamo dei bravi professionisti che tanto spesso non vengono riconosciuti e valorizzati; che da sardi-isolani spesso pensiamo che il meglio sia sempre e solo fuori dalla nostra terra, che fuori tutto funzioni sicuramente a meraviglia. E non ultimo non dobbiamo dimenticare che le aziende, anche quelle sanitarie,  devono “produrre” numeri e che solo se le “usiamo”  ne giustifichiamo l’apertura e la spesa che ne consegue.

Che donna sei?

Non è semplice descrivermi. Ci provo. Sono disponibile, attenta, sognatrice, eclettica, una zitella felice che crede nell’amicizia, anche se a volte posso risultare poco tollerante. Amo la solitudine e il silenzio. Essere eccessivamente metodica ed ordinata mi rende una folle patologica ma, non è grave!

 

 

 

 

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