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Due cagliaritane in crociera. Diario di viaggio dal mondo dell’assurdo

Non paga della prima esperienza fatta 10 anni or sono decido, quest’anno, di ripeterla: settimana in crociera, dunque vieni a me! Per chi non ha mai provato l’ebbrezza, sappiate che: il viaggio in crociera è tutto e il contrario di tutto, l’alfa e l’omega del turismo, il più e il meno che si annullano, lo ying e lo yang del viaggiatore medio. E, carichissima di belle speranze mi armo di figlio e amica con figlio, preparo le valigie e via, in rotta verso l’assurdo. Ebbene si, sappiate anche che la nave da crociera rappresenta un microcosmo insensato, una parentesi dal mondo reale, una bolla atemporale, una wunderkammer degli orrori, un bestiario (in)immaginario di tutto ciò che nella vita avreste o non avreste voluto vedere.

Sta di fatto che tutto ciò ora ce l’avete di fronte e non potete fare a meno di esserne ipnotizzati né tantomeno di ignorarlo. La prima cosa che dovete assolutamente sapere è questa: in una settimana della vostra vita, quella del viaggio of course, passerete attraverso tutti i metal detector che mai fareste in una esistenza intera. Ogni ingresso in nave a seguito di sbarco in un porto, è seguito da coscienzioso lavoro di controllo da parte del personale: se però pensate che l’attrezzo serva per vedere se vi portate dietro un kalashnikov o quintali di cocaina in borsa, sbagliate di grosso. Il metal detector serve per denuclearizzare la vostra mente da tutti i contatti con il mondo reale che avevate finora, a fare tabula rasa della vostra capacità analitica: perché una volta che entrate in nave, siete, inequivocabilmente, in loro totale potere e possesso. Ogni parvenza di senso critico è annullata, qualunque pensiero che vi discostava dalle masse, voi, rivoluzionari da divano, scordatevelo. Passerete la vacanza con uno sguardo vacuo, una cataratta emozionale si impossesserà di voi, trasferiti da una parte all’altra dei ponti alla ricerca dell’orario di apertura del prossimo buffet, ammassati come deportati in attesa delle docce. Ma tutto ciò lo si poteva percepire fin dall’inizio, quando, all’ingresso vi dissero: lasciate qui i bagagli, penseremo a tutto noi…

Mi soffermerò ora a presentare per un istante i miei compagni di viaggio, perché molte delle percezioni che ritrovate qui descritte, dipendono anche da questo. L’amica, di quelle di una vita, che qui verrà identificata come l’Intaggabile (a causa della sua mancanza di profilo Facebook e l’impossibilità, quindi, di taggarla in qualunque post o foto relative al viaggio. L’amica, il giorno prima di partire ha la brillantissima idea, lei cagliaritana doc, di provare per la prima volta in vita sua a PATTINARE SUL GHIACCIO, finendo ovviamente con un braccio ingessato), figlio 1 (il mio, 7 anni quasi, massiccio e leggiadro come un ippopotamo in un castello di carte da gioco, dalla risata chiassosa come quella di un ubriacone bavarese e dalle abitudini, pregi e difetti da maschio medio italico che qui vi risparmio di elencare) e figlio 2 (il suo, 5 anni quasi, una capretta da arrampicata con un segno particolare e unico: i piedi geneticamente tramutati a metà tra zoccoli di muflone e polpastrelli di zampe di cane. Perennemente neri e senza la minima percezione del dolore e del caldo. Figlio 2 non sopporta le scarpe che, ogni volta, abbandona una da una parte e una dall’altra in giro per la nave o per le città o per le spiagge). Insomma, un discreto bestiario lo formavamo già direttamente noi ancora prima di salpare.

Ma continuiamo col reportage: la crociera ha molti lati positivi e altrettanti negativi, ma questa potrà sembrare una frase fatta, artefatta e banale. Di sicuro è un’esperienza indimenticabile: quando mai vi trovereste a litigare per una fettina di arrosto morto in un buffet? Ovviamente fatto, a più riprese sia da me che dall’Intaggabile. E la cabina? Pulita e linda che neanche un’impresa di disinfestazione: il “fatino” del vostro piano la sistemerà ogniqualvolta voi uscirete da quella porta. Lui misteriosamente sarà lì con strofinaccio e sgrassatore e voi non saprete mai come ha fatto a capire che voi dentro non c’eravate più. Perché i misteri che avvolgono questa tipologia di viaggio sono molteplici: oltre a quello sopracitato della cabina senza macchia eccone solo alcuni. Com’è possibile che, con tutti i miliardi di persone che ogni anno percorrono quei ponti, nessuno sia mai precipitato? I water col risucchio cosmico fungono anche da lavanda gastrica? Il latte richiesto a tarda sera per le notti di figlio 2 perché l’indomani mattina era, sempre e inequivocabilmente, diventato yogurt? Le perplessità mie e dell’Intaggabile fioccavano come funghi in piscina: gli unici due neuroni a metà rimasti, quelli sopravvissuti giusto per pietà e per farci rendere conto che avevamo sulla coscienza e sotto la nostra responsabilità le creature, continuavano a chiedersi PERCHE’. Il perché degli adulti si divertano a fare dei giochi bordo piscina che pure figlio 1 e figlio 2 si sono rifiutati; perché nessuno e sottolineo nessuno, abbia mai mosso un dito in nostro soccorso (da considerare anche il gesso dell’Intaggabile) quando ci vedevano cariche come bestie da soma di borse, borsoni e asciugamani delle piccole belve, mentre l’una, figlio 1, chiedeva a macchinetta quando apriva il buffet e l’altro, figlio 2, perdeva scarpe lungo strada (senza dimenticare il simpatico siparietto del signore che ha letteralmente fatto finta di porgere un lettino prendisole all’Intaggabile e invece è scappato portandoselo via). L’unica ragione, cui siamo arrivate facendo attenta analisi autocritica, è forse questa: in crociera nessuno vede tantomeno provvede e ognuno va dritto per la propria strada dando (spesso) il peggio di sé in ogni momento. Ogni limite è messo in discussione, ogni freno inibitorio è cancellato, ogni parvenza di sobrietà è lasciata fuori dal portellone o spazzata via, all’ingresso, dal metal detector.

Di certo non è un viaggio per misantropi incalliti: la gente, e della tipologia delle più variegate, sbuca fuori da ogni anfratto. Ma se il vostro problema non è quello, in nave ce n’è per tutti i gusti: che ve ne restiate chiusi in cabina (consigliatissima assolutamente quella con finestra o balcone) o che saliate sull’ultimo ponte ad ammirare gli incredibili ingressi ai porti dell’una o dell’altra città cui attraccate, state certi che tornerete con almeno due chili in più (per arto), che all’uscita vi restituiranno i neuroni prelevati come caparra e con la consapevolezza che i baby club sono utilissimi, ma sempre per i figli degli altri (ma questa è un’altra storia).

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